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C’è ancora posto per i cattolici democratici?

di Rocco Gumina


La recente rottura “a caldo” della fusione “a freddo” avvenuta nelle scorse politiche tra l’Unione di Centro guidata dall’evergreen Casini, buono per ogni stagione, e Mario Monti tecnico prestato alla politica per redimerla ma che adesso cerca espiazione da essa, ci può dare l’assist per l’avvio di una riflessione circa il destino attuale e futuro di quello che una volta veniva largamente inteso come “cattolicesimo democratico”. Infatti, nel contenitore UDC – Scelta Civica ormai scoppiato da più parti, vari sono stati i protagonisti da Olivero a Riccardi, da Buttiglione alla Binetti che in un modo o nell’altro si possono accostare - con le dovute differenze e qualità - alla storia politica cattolico - democratica. Questa - dai pionieri Murri e Toniolo, ai costituenti Dossetti e De Gasperi passando per Sturzo, La Pira, Lazzati, Fanfani e Moro - ha rappresentato per l’intera nazione italiana una risorsa in termini di progetti, di idee, di visione del mondo e di rappresentanza sociale e politica che ha grandemente contribuito a configurare la nostra democrazia così come viene espressa nel dettato costituzionale. Dopo lo scioglimento della DC e i vari tentativi fallimentari, lungo gli anni successivi, di riproposizione di una forza almeno d’ispirazione cattolico - democratica è giunto ormai il tempo di fare un bilancio in vista di una nuova ri – esistenza per quanti si sentano eredi di tale illustre storia politica.
Se il Partito Democratico ha al suo interno un gruppo legato a tale cultura, esso non appare né può essere predominante rispetto ad una corrente maggioritaria massimalista, e ormai con Renzi e Civati anche populista, che la fa da padrone; Il Popolo della Libertà (ormai ex in vista della rinascita di Forza Italia, manco fosse il Partito Popolare che Martinazzoli ripropose allo scioglimento della DC per testimoniare la continuità con un’ideale politico) non se la passa molto bene. Infatti, se il PD pur oligarchico riesce a garantire un minimum di relazionalità ed essenza partitica, nel PDL invece, ex socialisti e comunisti, cattolici democratici e tradizionalisti, ex modelle ed ex uomini e donne dello spettacolo, al richiamo del capo non possono che rispondere presente nonostante le proprie convinzioni politiche coltivate, magari seriamente, in coscienza.
Il Concilio Vaticano II ha sancito finalmente in una prospettiva magisteriale quanto da decenni già affermava il filosofo di punta del personalismo cristiano, Jacques Maritain, il quale fu l’ispiratore del gruppo dei professorini alla costituente. Ovvero, i cattolici impegnati in politica possono e debbono avere diversi orientamenti e collocazioni partitiche, poiché su tematiche legate all’economia e allo sviluppo della società non ci possono essere verità di fede infallibili calate dall’alto. Se tale dato oggi appare più che consolidato, non lo è altrettanto la caratterizzazione politica di questo in termini di influenza positiva e visibilità dei cattolici in politica. Essi, soprattutto durante le campagne elettorali a vario livello, vengono presi e strattonati a destra e manca come totem in rappresentanza di un mondo il quale difficilmente riusciranno a rappresentare perché schiacciati pesantemente da altre concezioni e/o correnti del “fare” politica. I cattolici in politica non possono ritrovare l’unità solo sui temi etici circa l’inizio e il fine vita, ma devono ripensarsi, riformarsi e riconsiderarsi a partire da una visione propositiva della società e non più solamente reazionaria. La Chiesa cattolica in qualità di comunità convocata dallo Spirito e organizzata in maniera comunionale – gerarchica, ha in tutto questo alcune responsabilità. Poiché se il mondo associativo cattolico, pur nel variare della consistenza e della struttura, rimane in Italia un importante riferimento, non lo sono altrettanto i cattolici in politica i quali formati nelle comunità ecclesiali di provenienza con singola maturità personale sono chiamati a spendere i propri talenti nell’agone partitico – politico. Ci si è mossi abbastanza come comunità per alimentare esistenze “vocazionali” da investire in modalità personale in politica? Oltre alle Scuole di formazione socio – politica diffusissime all’inizio degli anni ’90, si è pensato a orientare la catechesi e l’intera formazione parrocchiale e dei movimenti ecclesiali alla dimensione politica?


Forse con tutta umiltà i cattolici italiani nel loro insieme sono chiamati a denunciare le loro mancanze circa il tema in discussione. Forse per tale motivo è arrivato il tempo, per dirla con Dossetti, di un purgatorio per i cattolici italiani impegnati in politica in grado di far ripensare alla grandezza di tale investimento – missione, che i cristiani fanno sempre con proprie personali responsabilità e mai come inviati dalla gerarchia. Un tempo di purgatorio nel quale riconsiderare le proprie forze e convinzioni a disposizione in vista di una ri – esistenza sui principi cattolico – democratici. Un tempo in cui la visibilità e la gestione del potere rimanente deve cedere il passo ad una formazione silenziosa, vera e profonda in grado di ristrutturare e pertanto ripensare una presenza di cui l’Italia ha fortemente bisogno. Nessuno degli attuali partiti che calcano la scena politica, sembra sia in grado di poter dar posto ad una tipologia di azione di questo tipo anche solo di sponda. I cattolici, come in altri tempi della storia recente italiana, sono così chiamati a percorrere una notte che è veramente tale e non solo in apparenza. In passato si è riusciti a percorrerla con nuove idee, coraggio, collaborazione e forza vitale propositiva. Se ciò si ripeterà dipende solo dalla generazione presente.

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