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Sessualità come esperienza della presenza di Dio


Il piacere sessuale nella sua verità, è l'unico fra i piaceri di cui l'uomo può godere, che perché possa essere impone all'uomo di uscire da sé, spezzando ogni egoismo. Soltanto l'uomo fa l'amore, gli altri animali si accoppiano: la diversità del termine dice che non c'è godimento pieno e vero se tutto il proprio essere non è donato, dato, travasato nell'altro, in un godimento che è anzitutto comunicazione di persone.Quando un uomo e una donna si uniscono nell'amore,il corpo diventa strumento, diventa espressione, diventa linguaggio di due persone che si comunicano la profondità del proprio essere: man mano che il rapporto si svolge, si amplia, raggiunge il suo culmine, è tutto l'essere che parla,che dice chi è,entrando in una comunicazione totale in cui tacciono le parole per dare spazio alla trasparenza più completa; l'orgasmo è un grido muto di svuotamento totale:«ecco, ti ho detto tutto».
E in quel dirsi che trascende infinitamente il darsi di cui costituisce la sostanza, in quell'attimo in cui sembrerebbe annullarsi, l'uomo sente di acquistare la pienezza di sé. Forse, il mito dell'unicità d'origine è nato da questo riattualizzarsi seppure fugace della pienezza iniziale. Nel rapporto d'amore i confini si dissolvono: non in una confusione d'identità, ma in un essere per l'altro che precede e fonda l'essere con l'altro: «io sono per il mio diletto e il mio diletto è per me»(Cn 6,3).
«Amore -dice Hegel - è distinguere due che però non sono,l'uno per l'altro, semplicemente diversi. La coscienza, la sensazione di questa identità, questo essere al di fuori di me e nell'altro, è appunto l'amore. Io non ho la mia autocoscienza in me, bensi nell'altro: però quest'altro [ .. ] in quanto è fuori da se stesso, ha la sua autocoscienza soltanto in me, e dentrambi siamo soltanto questa coscienza del proprio essere al-di-fuori-di-sé, e della propria identità. È questo l'amore, mentre è un discorso vuoto quello che parla di amore senza sapere che l'amore è la distinzione e il superamento del distinto».
Nel godimento sessuale vissuto nell'amore, il passato il presente e il futuro si fondono in un momento atemporale che, nella sua unicità, si affaccia sull'infinito; nessun altro piacere donato all'uomo è in grado di portarlo oltre il proprio spazio corporale e oltre il momento che sta vivendo.
Nell'orgasmo scaturito dall' amore lo spazio e il tempo si dissolvono e l'uomo sfiora l'infinito. «Nel godimento d'amore c'è come un surplus di realtà un frammento dell'inesprimibile irrompe nel dominio dell' esprimibile e di ciò che è distintamente identificabile ».
L'infinito sfiora l'uomo attraverso il dono di un altro essere umano. E l'uomo sa che è l'altro a fargliene dono. Se nel rapporto sessuale incontra il proprio limite, il proprio bisogno ontologico dell' altro -«non è bene che l'uomo sia solo» sfiora però anche l'infinito che è chiamato a vivere; si trova portato, sospinto fino alla soglia della propria trascendenza. E la gratitudine prorompe, spesso in un pianto che esprime ciò che le povere parole non saprebbero mai dire. E diviene creatività. La creatività del piacere. Il bisogno immenso di ridonare ad altri qualcosa della pienezza ricevuta. Frutto di apertura,di superamento di sé, di dono, la pienezza raggiunta attraverso il godimento sessuale si espande ancora in un'apertura a tutto e a tutti: «Partendo da te dire si, dire si al mondo»,dice Eluard. Il giardino di bellezza che nel Cantico dei Cantici aveva accolto il godimento degli amanti, è una splendida immagine di ciò che l'uomo sente di poter creare in forza della pienezza raggiunta: la gratuità del piacere ricevuto diviene forza profonda che spinge ulteriormente fuori di sé,verso l'altro, verso tutti gli altri, verso il mondo, verso tutto il mondo.
Il libro dell'Esodo narra come la gloria del Signore -Sekhinah- prende possesso del Tabernacolo costruito da Mosè (Es 40,35); le ali dei cherubini indicano uno spazio in cui si localizza Colui che i cieli non possono contenere: è la Sekhinah
di Jahwé,
«Localizzazione massima della presenza, e presenza indicata soltanto da uno spazio aperto [ ...]. É il modo in cui Dio è presente: secondo Sékhinah. La sua presenza non è circoscritta neppure dai cherubini: è solo indicata come uno spazio aperto [ .. ]né vuoto né cavo, né pieno né chiuso. È aperto. Aperto e altrettanto poco vuoto di due palme aperte».
Nel godimento sessuale l'uomo fa l'esperienza della propria trascendenza nel darsi all'altro.da cui riceve la pienezza del proprio essere: ma fa anche l'esperienza dell'altro. Eppure, anche nella trasparenza totale, l'altro è presente pur sempre nel suo mistero. È Sekhinah
«II capolavoro è insieme ciò che è il più precisamente situato e ciò che apre di più sull'infinito: non occupa e non chiude lo spazio che apre, ma lo situa e lo mantiene aperto attraverso la sua stessa presenza. E che cos'è l'amore? L'amore dell'uomo e della donna. Due corpi. Due sessi. Due corpi che si avvolgono e si penetrano. Che c'è di più preciso dell'orgasmo, di più situato? É con lei, perché è lei; è con lui, perché è lui. È questa volta qui: ed è irrinunciabile che sia cosi simile alle altre volte, ed è irrinunciabile che sia questa volta e non le altre [ ..].L'amore fa festa soltanto con il piacere, se c'è piacere: qui e non altrove. E tuttavia, che c'è di più aperto?Che cosa, più dell'orgasmo, porta al di fuori di
se stesso e al di là dell'altro? Ciò che è a noi più vicino e lega il piacere in noi come un frutto, è allo stesso tempo ciò che ci apre e ci slega: l'orgasmo, piccola morte. L'orgasmo, figura privilegiata dei mistici per dire l'istante che li apre all'infinito nel momento stesso in cui li inchioda sul posto. Spazio aperto. E situato. Aperto e situato mediante il corpo. Il corpo che non occupa lo spazio che egli apre all'infinito. Sekhinah. Quando l'uomo è presente, lo è secondo Sekhinah»
Ho citato quasi per intero questa stupenda pagina di Pohier, perché esprime in modo mirabile l'irrinunciabilità del mistero che costituisce l'essenza stessa dell'uomo. Il godimento nell'amore abbiamo visto è il luogo in cui l'essere umano si trova di fronte all' altro nella trasparenza di.tutto il proprio essere, eppure rimane sempre una presenza di mistero: come la presenza di Dio, come la presenza di Cristo«mistero nascosto da secoli nella mente di Dio» (El 3,9). Ed è in forza di questo mistero che nella vera relazione d'amore l'altro non viene"catturato" ed usato. Al di là del dono di sé, oltre la trasparenza, l'altro mi sta di fronte nel suo irrinunciabile essere persona, «essere-in-sé, aperto sugli altri e sull' Altro, traccia, immagine e somiglianza, espressione creata del sì di Cristo al Padre». Nel godimento sessuale l'uomo non solo trascende la propria individualità, ma, affacciandosi sul mistero dell'altro,sfiora il mistero di Dio.

Il Risus paschalis e il fondamento teologico del piacere sessuale,  M. C. Jacobelli 

Commenti

Anonimo ha detto…
Ma questo è un sito porno o cosa?
Nipoti di Maritain ha detto…
La Jacobelli è una delle maggiori teologhe italiane...
Nipoti di Maritain ha detto…
Maria Caterina Jacobelli
Nata a Roma nel 1928, è coniugata. Dopo essersi laureata in antropologia culturale presso l'Università La Sapienza di Roma, ha intrapreso gli studi di teologia morale (fra l’altro sotto la guida di Bernhard Häring), conseguendo il dottorato presso l’Accademia Alfonsiana, incorporata alla Pontificia Università Lateranense di Roma. Collabora con numerose riviste teologiche ed è membro dell'Associazione dei teologi italiani e dell'Associazione dei teologi moralisti italiani. Attualmente vive e lavora a Roma.
Fra le sue pubblicazioni: Sacerdozio, donna, celibato. Alcune considerazioni antropologiche, Borla, Roma 1981; La regola per le "Sorores de poenitentia" nel codice 71 della Biblioteca comunale di Cortona, Accademia Etrusca, Cortona 1990; Una donna senza volto. Lineamenti antropologico-culturali della santità di Margherita da Cortona, Borla, Roma 1992; Il risus paschalis e il fondamento teologico del piacere sessuale, Queriniana, Brescia 1990, 20044; Onestà verso Maria, Queriniana, Brescia 1996; Una domenica dopo l’altra, Diabasis, Reggio Emilia 2008.
Anonimo ha detto…
Geremia
Bellissima pagina, assai poetica ma certamente né originale e nè nuova nuova: ci aveva pensato già tanti secoli or sono lo Scrittore sacro con il Cantico dei Cantici. Personalmente non sono d'accordo con l'asserzione categorica "Soltanto l'uomo fa l'amore, gli altri animali si accoppiano". Avete mai visto un gatto o una gatta innamorati? Che ne sappiamo noi di quello che sentono e provano? La nostra abituale superbia, la nostra presunzione e la nostra supponenza vogliono che per noi sia tutta un'altra cosa.
Io, che sono ammiratore di San Francesco, ammetto che anche gli animali sappiano amare, Perchè escudere D-o dall'amore degli animali? Anch'esso è finalizzato istintivamente alla continuazione della vita che, come tutto del resto, è un dono di Dio. E' notorio che una coppia di colombi si restano fedeli per tutta la vita e, se uno dei due muore, si lasciano intristire e cadono preda dai rapaci.
Del resto, chi ha studiato a lungo gli insetti cosiddetti "sociali" ipotizza che ciò che tiene assieme questi insetti (api e formiche, per esempio) in una comunità che sopravvive grazie all'unione ed il servizio reciproco è una specie di amore. sostenuto probabilmente da gratificazioni erotiche simili all'orgasmo. Vale a dire che essi provano piacere quando compiono i loro atti in favore dei membri della "colonia".
Noi umani, più evoluti mentalmente, sappiamo ricondurre le nostre azioni a motivazioni "spirituali". Però ci sono anche e ci sono stati tanti esseri umani che, a parte le estasi di S, Teresa d'Avila, hanno amato con lo spirito. E non si può escludere del tutto che anche questo tipo di amore non generi ENDORFine similmente all'amore carnale.
Anonimo ha detto…
CHE DIRE?
"E' stato spesso supposto nel passato, con delle conseguenze pratiche, che una dottrina della Chiesa non è riformabile perché essa è stata insegnata un pò dovunque senza grandi contrasti per un lungo periodo di tempo. Questo punto di vista contraddice i fatti poiché numerosi punti di dottrina , che nel passato sono stati ammessi universalmente, si sono poi rivelati problematici o erronei o falsi."
Queste considerazioni mi rendono perplesso e dico fra me: i dogmi sono dogmi e il Magistero parla citando D-o ad ogni passo: Chi dice che abbia sbagliato? Coloro che hanno condotto le loro vite in conformità a quegli insegnamenti che ad un certo punto della storia vengono criticati o smentiti indubbiamente non sono personalmente imputabili di errore, ma chi garantisce che fenomeni analoghi non si producano anche attualmente? Quindi non ci dobbiamo fidare ciecamente dei Pastori?

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