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Il "parroco" del mondo con il coraggio di cambiare


di Rocco Gumina

Il Papa realizza la sua prima visita in qualità di vescovo di Roma e successore di Pietro a Lampedusa. Già questa, per i noti motivi sociali e politici, è una grossa notizia. Ma non si tratta solo di ciò. Infatti, l'intera gestazione e realizzazione di tale evento può farci intendere con giusto calibro qual è l'opzione ecclesiale del Papa "venuto da lontano". Una scelta profondamente legata e radicata alla semplicità evangelica compiuta integralmente in Cristo e ripresentata in figure come Francesco d'Assisi. Con essa il Papa argentino imprime una forza di volontà volta al cambiamento, pur rimanendo in assoluto legame con il magistero e le personalità dei suoi predecessori. Egli è in grado di leggere i segni dei tempi. Le sue scelte, le sue parole, i suoi gesti lo mostrano chiaramente. Così la Chiesa in continuità con la sua fondazione apostolica esprime sempre una giovinezza fresca e matura grazie alla sua essenza in perenne riforma. 


 E la visita a Lampedusa conferma tutto questo. Dalla modalità dell'invito rivolto dal parroco locale, alla celebrazione eucaristica possiamo scorgere segni efficaci che esprimono il cambiamento coraggioso nella continuità. Francesco mosso dalla tragedia storica che coinvolge in pieno l'isolotto al centro del Mediterraneo ha deciso che è arrivata la giusta e perciò evangelica occasione di lasciare Roma per visitare la comunità ecclesiale e la società intera lampedusana protagoniste nei termini della solidarietà dell'immane esodo di intere popolazioni africane. 


La celebrazione liturgica, poi, è risultata un nobile affresco dell'intento ecclesiale di Francesco. Basti pensare ad alcune "novità": i ministranti che hanno preso parte alla messa erano probabilmente gli stessi ragazzi e bambini (fra essi molte bambine) che normalmente la domenica servono in parrocchia; il coro ha animato la liturgia con canti conosciutissimi da ogni comunità ecclesiale siciliana e italiana, con la capacità di suscitare la netta sensazione di assistere e celebrare l'eucarestia nella propria parrocchia; le vesti liturgiche indossate, le parole semplici utilizzate, il palco per la celebrazione allestito in assoluta modestia hanno permesso a tutti di carpire l'importanza del momento, la solennità dell'evento e la testimonianza evangelica; l'assenza di vescovi e di autorità se non quelle locali, ha mostrato ulteriormente la modalità e la capacità di mettere al centro il problema in questione causa della visita; infine, il pastorale utilizzato è stato in grado da solo di fare sintesi del modo di intendere il governo e il servizio alla Chiesa di Papa Francesco. 
Tutto questo ci dice che è presente un peculiare stile ecclesiale. Uno stile da "parroco" del mondo che attento alle sfide e ai bisogni della storia agisce in vista di un coraggioso modo di comprendere e vivere la Chiesa: non istituzione fra le istituzioni o principato fra i principati, ma compagna e possibilmente serva dei bisogni degli uomini e della storia. 
Questo stile non deve fermarsi a Francesco, ma deve andare oltre lui nel senso che è chiamato a coinvolgere laici e ministri ordinati, cristiani e non credenti per riconsiderarci in modo maggiormente nuovo e autentico. Da tale stile, da questa scelta la Chiesa del III millennio non può tornare indietro.
La forza per la continuità non arriverà dal ricordo pur importantissimo di Papa Francesco,ma dal dono e dal compito che in ogni epoca i cristiani hanno: la sequela Christi.

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