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"Le mie posizioni non sono più quelle della Chiesa Romana, anche se io mi sento assolutamente cattolico"


11 dicembre 1954


Questa mattina voglio consegnare le mie riflessioni al loro stato attuale. La crisi di quest’ultimo mese mi ha portato a constatare in maniera più netta, quasi brutale, che le mie posizioni non sono - non sono più - quelle della Chiesa Romana, anche se io mi sento assolutamente cattolico.


Non sono protestante e mantengo tutte le mie critiche contro il protestantesimo che, su dei punti essenziali, è una rottura con la realtà del cristianesimo trasmesso in modo vivente dagli apostoli e dopo di loro. Credo che la Chiesa cattolica è fondamentalmente la Chiesa di Cristo e degli apostoli attraverso una storia il cui grande dramma è stata la rottura dell’XI secolo. Ma non sono d’accordo con certi orientamenti e sviluppi attuali della Chiesa cattolica romana: quanto credo non conforme alle regole oggettive (Bibbia, Tradizione) e che credo costituire un ostacolo irriducibile a ogni possibilità di riunificazione cristiana e che, su qualche punto, credo che rappresentino una vera cospirazione contro la verità.

Questi orientamenti riguardano soprattutto:

- l’ecclesiologia:assolutizzazione, giustificazione, glorificazione dell’apparato e riduzione progressiva, pratica (e da adesso anche teorica) di questo processo alla Curia romana. Non alla funzione apostolica della sede di Pietro, che suppone la Chiesa, ma al sistema romano di cui la Curia è lo strumento e il S. Ufficio il nodo supremo. Roma ha praticamente eliminato la realtà propria dell’ecclesia per ridurla a una massa dipendente da lei, Curia romana, in tutto, dal dito all’orecchio. E Roma ha fatto questo con delle finzioni, con delle negazioni della tradizione, dei piegamenti della storia. Tutto il mio sforzo, al seguito di Möhler, è di risalire questa corrente. Conflitto tragico.

- la mariologia. Non è che non possa situare positivamente la più parte degli sviluppi. Compresa la mediazione. “Maria Regina del mondo” non mi infastidisce e la situo facilmente nella sintesi tradizionale. Ma - ne sono qui testimone tutti i giorni da tre settimane - gli sviluppi mariolatreutici sono tali, legati alla affermazione dell’Apparato del quale ho parlato più sopra, che essi prendono il posto di tutto il resto, occupano lo spazio della religione e la costituiscono. Non c’è più altro che quello.

E io dico: No! Io dico No in nome del Vangelo e di tutta la storia d’Israele. Maria non è la nostra redentrice, Maria non è “il” oggetto del nostro culto. Tutta l’azione dei profeti contro l’associazione dei Baal a Yahvé o contro la baalizzazione di Yavhé vale qui come argomento.

Quando io vedo nelle chiese la cianfrusaglia che tutto questo ha sviluppato, l’arsenale di statue, di corone di stelle, di baldacchini pseudo regali con i quali lo spazio è occupato; quando leggo i manifesti che annunciano cerimonie innumerevoli e insensate di questo sedicente “anno mariano”, io mi domando: dov’è in tutto questo il culto spirituale che non consiste in altro che nel riferire l’uomo a Dio? Che cosa fa, che cosa diventa il sacerdozio cristiano, il sacerdozio profetico che si presta a questo culto? La risposta è semplice: diventa sospetto.

- l’antropologia, se non proprio teorizzata dagli specialisti, almeno praticata di fatto. È quella del Grande Inquisitore. Mancanza di interesse per l’uomo, di rispetto per l’uomo. Il mio caso presente è tipico: si è demolito tutto l’equilibrio della mia vita, tutti gli impegni apostolici che avevo, compresi i più belli, senza preoccuparsi, senza considerare tutto questo per un attimo, semplicemente perché io sono qui, alla disposizione di X, in vista di una “conversazione” con il P. Gagnebet... Dov’è in tutto questo il rispetto per quanto vi è di più sacro nell’uomo?

- per limitarmi all’essenziale, disaccordo profondo sull’apprezzamento della Riforma, la persona di Lutero e in maniera generale delle grandi dissidenze cristiane. Rifiuto ostinato, accecamento di considerare i motivi spirituali profondi di tutto questo e di accettare il minimo di essere messi in questione. Al contrario, affermazione della giustizia assoluta di Roma e della Chiesa storica. Ciò che è assolutamente falso e inaccettabile. Roma ha rifiutato tutte le messe in questione, tutte le occasioni di un esame di coscienza, per rinchiudersi nella sua tela, pazientemente tessuta nel corso dei secoli, della propria giustificazione, della propria glorificazione, e dell’affermazione totalitaria della propria autorità assoluta.

Su questi punti il mio disaccordo è profondo; si è formato a poco a poco, si è nutrito in me di ogni acquisizione della verità e della conoscenza della realtà storica o oggettiva delle cose.

Alla vigilia di essere interrogato sui miei lavori e sulle mie tendenze, non posso che porre a ne stesso delle questioni. Non dovrei essere portato a prendere una opzione? E quale?

(...)

Al di fuori di queste ipotesi che hanno certamente le loro difficoltà, non intravedo che delle soluzioni più o meno drammatiche e che pongono più questioni di quante ne risolvano:

sparire? Ma come. Non posso e non voglio uccidermi o farmi uccidere...

Diventare ortodosso? Non anglicano (umanamente possibile, la soluzione sarebbe contraria a troppe certezze dottrinali), ma ortodosso? Ma la Chiesa cattolica è la chiesa dell’occidente e c’è veramente qualcosa di apostolico a Roma che gli ortodossi non onorano; anch’essi poi hanno le loro miserie e io sarei prigioniero di un’altra cosa, ma sempre prigioniero...

Farmi ridurre allo stato laicale e avere una posizione (Alti Studi o altro) che mi permetta di vivere e di lavorare? Ma quale avventura! E mia madre e la mia famiglia e i nipoti e le nipoti! E poi io ho una vocazione sacerdotale e domenicana e non si è felici che nella propria vocazione; essa rappresenta la volontà di Dio. Io non amo questo genere di uomini(cioè quelli che defezionano: N.d.R.).

E allora che cosa?

Vedo molto bene che in nessun modo si può fissare una attitudine, e a più forte ragione prendere una decisione a seguito e sulla base della mia sola esperienza presente, dei miei sentimenti attuali. Conosco pienamente il valore del tempo, dei ritardi, della pazienza non come qualità morale ma come dimensione della vita dello spirito. So molto bene di essere attualmente nelle condizioni particolari di sensibilità, di polarizzazione molto viva di un punto. Una volta sradicato dalle mie radici, non ho, nella linfa attuale, la verità che mi viene dal terreno dal quale si alimenta normalmente. Sarebbe il caso di non concludere nulla sino a che non avrò ripreso contatto, attraverso le mie radici, con il mio terreno umano e apostolico dal quale mi si ha brutalmente strappato senza alcun riguardo alle conseguenze di questa operazione.


Yves Congar, Journal d’un théologien

P.S
Per fortuna il vento stava per cambiare e il Concilio avrebbe visto fra i protagonisti proprio Congar che sarebbe diventato alcuni decenni dopo cardinale.

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