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Che il dolore e la fatica con cui la Chiesa ha ripensato il suo rapporto con Israele o lo spazio della coscienza non valevano la candela, che lo slancio obbedienziale con il quale ha visto tornare la Scrittura dall'esilio è stato superfluo.
Che la forma di vita comunitaria, che la messa disegna e ridisegna nelle parrocchie di tutto il mondo e che toglie al vescovo la polvere di un prefetto per restituirgli il posto di liturgo, non ha senso.
Il Papa questa supplica non l'ha accolta: e ha sperimentato sulla sua pelle che le concessioni, generose o generosissime, fatte ai lefebvriani non hanno portato a nulla perché c'è sempre un' altra cosa che chiedono, martellando la tesi che chi è cambiato non sono stati loro, ma la Chiesa traditrice, quella degli antipapi sincretisti o peggio.
Una caricatura di un cattolicesimo i cui problemi - il calo della qualità del clero e dei vescovi, l'atteggia- mento proprietario dei movimenti, l'eclissi della penitenza, la difficoltà a vivere l'annuncio in una società pluralista, e via dicendo - non vengono dal Concilio: al contrario non sono diventati fatali grazie al Concilio. Perché senza il Vaticano II la Chiesa cattolica sarebbe come il liceo classico, i matrimoni combinati, il maschilismo: un reperto insterilito, un talento sepolto, un residuo in attesa che lo Spirito soffi sulle ossa.
Per l'obbedienza di Giovanni XXIII lo Spirito ha soffiato e ha ridisegnato una Chiesa che cammina.
Inciampa, cade, esita, ma cammina e non rimpiange le pignatte di carne della cristianità.
Alberto Melloni
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