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I giovani e il Concilio



di Lorenzo Banducci e Niccolò Bonetti


Lorenzo Banducci (nella prima parte) e Niccolò Bonetti (nella seconda) danno una testimonianza del Concilio oggi durante un' iniziativa organizzata dall'Azione Cattolica, svoltasi ieri (11 ottobre 2012) presso l'Oratorio San Giovanni Bosco a Viareggio, che ricordava i 50 anni dall'apertura del Concilio Vaticano II



Ammetto di essere quantomeno rimasto stupito, in senso positivo, quando ho saputo che nell’iniziativa di oggi qua a Viareggio vi sarebbe stata la possibilità per un giovane di raccontare il concilio “oggi”. Io ho avuto la fortuna di studiare per conto mio e grazie alle associazioni di cui faccio parte (l’Azione Cattolica e gli universitari cattolici della FUCI) quali siano stati i cambiamenti introdotti in quei meravigliosi anni di una nuova primavera della Chiesa, altrimenti ne saprei davvero pochissimo.

Più che soffermarmi sulle innovazioni di natura ecclesiologica, teologica, liturgica ecc. vorrei invece incentrare questo intervento su qualche aspetto sia positivo, che negativo che è emerso dal Concilio ai nostri giorni per provare a vedere che cosa dobbiamo riprendere in mano nell’ottica del futuro.

Il concilio ci ha consegnato (e lo ha consegnato in particolare a noi giovani con quel meraviglioso messaggio di Paolo VI ai giovani del 7 dicembre 1965, testo che invito tutti a riprendere in mano), dicevo il concilio ci ha consegnato:

1-    La possibilità di vedere una chiesa viva capace di interrogarsi sui problemi del mondo e sul suo modo di farsi conoscere e aprirsi a tutti (non credenti, altri cristiani, fedeli di altre religioni).

2-    Un messaggio di speranza che si trova ben incastonato nel discorso di apertura del Concilio di Giovanni XXIII. Quella speranza che non ci fa vedere tutto intorno a noi come “sbagliato” o “da buttare”, ma che ci fa dire che ci sono degli aspetti positivi da valorizzare e per i quali vale la pena combattere.

3-    Un nuovo linguaggio di apertura verso tutti, disposto ad ascoltare, a comprendere, ad includere e ad avvicinare. Un linguaggio che come cristiani dobbiamo mettere costantemente al centro della nostra vita, nel rapporto con gli altri, nella scuola, nel lavoro, nell’università, nella rete. Essere cristiano presuppone innanzitutto un tipo di stile che ci faccia diventare un esempio per la società. Diceva Aldo Moro: “Lo spirito del tempo consiglia a noi cattolici piuttosto di testimoniare i nostri valori con il comportamento, anziche' pretendere di imporli con la legge”. In questa frase dell’ex presidente nazionale della FUCI ed ex presidente della Democrazia Cristiana sta anche uno dei significati del cambiamento post-conciliare.

 

Resta dunque una domanda che come giovane non posso non pormi davanti a queste incredibili novità presentate dal Concilio. Com’è possibile che la Chiesa pur avendo introdotto così tante novità in quegli anni poi ne abbia saputo far tesoro così poco con i giovani che incontra nelle parrocchie e che compiono il cammino dei Sacramenti? La Chiesa con il Concilio ha solo saputo arginare la deriva dello “tsunami della secolarizzazione”, come anche in questi giorni lo ha definito durante il Sinodo dei Vescovi l’arcivescovo di Washington Cardinale Wuerl (usando peraltro un linguaggio che mi ha ricordato quello dei “profeti di sventura” contro i quali si era scagliato Giovanni XXIII). Arginare tale deriva, ma non interrogarsi in profondità su essa e sulle sue cause. Si è verificata la crescente difficoltà di presentare quanto sia bello vivere la vita da Cristiani facendo proprio il messaggio di Gesù e si è preferito ricorrere ad approcci più identitari e di arroccamento più facili da seguire, senza dubbio, ma che ci hanno fatto perdere la bussola su ciò che davvero era la base per evangelizzare, ovvero la centralità delle relazioni umane e dei legami, nonché l’ascolto profondo e attento del mondo.
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"Non si converte, infatti, se non quello che si ama: se il Cristiano non è in completa simpatia col mondo nascente, se egli non prova in sé stesso le aspirazioni e le ansietà del mondo moderno, se non lascia crescere nel suo essere il senso dell'umano, egli non realizzerà mai la sintesi liberatrice tra la terra e il cielo da cui può nascere la manifestazione ultima del Cristo universale. Ma egli continuerà a ingannarci e a condannare quasi indistintamente ogni novità, senza discernere, tra le sporcizie e i mali, gli sforzi sacri di una nascita. Immergersi, per emergere e sollevarsi. Partecipare per sublimare. Questa è la legge stessa dell'Incarnazione. Un giorno, già mille anni fa, i Papi, dicendo addio al mondo romano, si decisero di « passare ai Barbari ».Un gesto simile, e più profondo, non è atteso anche oggi?Penso che il Mondo non si convertirà alle speranze celesti del Cristianesimo se prima il Cristianesimo non si converte (per divinizzarle) alle speranze della Terra”.


Cosi' scriveva il gesuita Theilard de Chardin molti decenni prima dell'evento conciliare.
Io credo che la grandezza del Concilio non siano state le sue riforme o le sue aperture ma il radicale riposizionamento della Chiesa nei confronti nel mondo.
E' stata una rivoluzione spirituale prima che teologico o ecclesiologica.
La Chiesa torna ad essere solidale con la storia degli uomini,vuole penetrare profondamente nella temporalità e nella storicità del vissuto dell'uomo contemporaneo per trovare in esso e non fuori di esso una via per giungere a Dio.
Non si tratta più di rinnegare il mondo,fuggire il secolo,distaccarsi dalla propria epoca per trovare Dio ma al contrario l'incontro con Dio non può che avvenire,per lo meno nel nostro tempo,in tutto ciò che venti secoli di cristiani avevano ritenuto “occasione prossima di peccato”.
La realtà mondana in tutti i suoi pericoli,le sue ambiguità,i suoi gridi soffocati al cielo,i suoi tormenti,i suoi angosciosi dubbi diventa il luogo per eccellenza in cui Dio ci comunica la Sua Grazia e in cui sperimentiamo il nostro essere Chiesa.
Il mondo è un sacramento e una benedizione.
Solo se riusciremo ad incarnarci nel nostro tempo e a condividere le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d'oggi,abbandonando ogni pregiudizio e ogni distacco,potremo essere annunciatori credibili dell'annuncio cristiano.
 
(Lorenzo Banducci e Niccolò Bonetti)


 

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