Passa ai contenuti principali

La povertà della Chiesa


Ricordando, come hanno già fatto altri, il problema dell’evangelizzazione dei poveri, io sono ben lungi dal voler aggiungere un altro tema al sommario già troppo copioso degli argomenti trattati dal Concilio. Ma tengo ad affermare:
- Noi non daremmo soddisfazione alle più vere e più profonde esigenze del nostro tempo (ivi compresa la nostra grande speranza di favorire l’unità di tutti i cristiani), anzi ci sottarremmo ad esse, se trattassimo il tema dell’evangelizzazione dei poveri come uno dei numerosi temi del Concilio.
- Se in verità la Chiesa, come si è detto molte volte, è il tema di questo Concilio, si può allora affermare, in piena conformità con l’eterna verità del Vangelo, e nel medesimo tempo in perfetto accordo con la situazione storica presente: il tema di questo Concilio è la Chiesa nella misura in cui essa è specialmente “la Chiesa dei poveri”. [...]
Detto questo, sarà sufficiente come conclusione e conferma pratica, dare qualche esempio di argomenti cui sarà necessario applicare i nostri decreti di riforma, con ben intesa saggezza e moderazione, ma anche senza nessun compromesso o timidezza:
- La limitazione dell’uso dei beni materiali, soprattutto di quelli che per se stessi offrono un’apparenza minore di santa povertà, secondo la parola: Io non ho né oro né argento ma quello che ho te lo dono.
- L’avvio di un nuovo stile o “etichetta” per i pontefici, di natura tale da non colpire sgradevolmente la sensibilità degli uomini di questo tempo, né fornire ai poveri un’occasione di scandalo; per evitare il pericolo che noi, assai spesso veramente poveri, abbiamo l’apparenza di ricchi.
- La fedeltà alla santa povertà non solamente individuale, ma anche comunitaria, da parte delle famiglie religiose.
- Un nuovo comportamento in campo economico, con l’abbandono di certe istituzioni del tempo passato, ormai prive di utilità e intralcianti il libero e generoso lavoro apostolico.

Giacomo Lercaro 7 dicembre 1962, in P Gautier, La Chiesa dei poveri e il Concilio, Firenze, 1965, pagg. 164ss.

Commenti

Post popolari in questo blog

Curzio Nitoglia, un cattivo maestro

di Andrea Virga Questo articolo, come quello su Don Gallo 1 , non avrebbe reale ragione d’essere. Anche qui, le gravi affermazioni dottrinali del sacerdote in questione non meriterebbero più d’uno sberleffo, vista la loro palese incompatibilità con la retta dottrina. E tuttavia, anche qui è il caso di un prete consacrato – e stavolta tuttora vivente – che attira proseliti, specie fra i giovani, grazie alle sue opinioni estremiste ed ereticali, con il risultato di diffondere in lungo e in largo i suoi errori. Per questo, ritengo che sia il caso di dedicare una mezz’oretta a mettere in guardia i meno provveduti, che magari preferiscono internet ad un buon padre spirituale, rispetto a questo personaggio: Don Curzio Nitoglia. Il paragone con Don Gallo, però, non riesca troppo offensivo al defunto sacerdote genovese, che aveva almeno il merito di essere molto attivo in ambito sociale e di non aver mai lasciato la Chiesa (cosa non troppo difficile, visto il permissivismo dei suoi super

Il noviziato Agesci: tempo e idea tra scoutismo e Chiesa

C’è un momento strano nel cammino scout Agesci ed è quello del noviziato: sì, il nome riprende proprio il linguaggio monastico; sì, l’ispirazione è proprio quella; sì, è un periodo di introduzione e studio.  Si tratta del primo momento nella branca rover e scolte, i più grandi nel nostro scoutismo: dura un anno. Di noviziato in Agesci si parla  –  e si sparla  –  in continuazione, non c’è un tema altrettanto trattato e maltrattato, anche nella prassi.È speciale e irrinunciabile e può essere una fonte di riflessione importante anche al di fuori dell’associazione. Cercherò ora di dare a questa riflessione un taglio ecclesiale, per plasmare un avvio di confronto su temi scoutisticamente ed ecclesialmente poco trattati. Il noviziato è un tempo e come tutti i tempi è prezioso. Lo è il nostro, figuriamoci quello dei ragazzi. Con un po’ di ironia, potremmo dire che l’importanza del tempo l’ha capita anche il Papa: in Evangelii Gaudium Francesco scrive che «il tempo è superiore allo

Lettera a frate Raimondo da Capua: l'esecuzione di un condannato a morte

È una lettera al frate che fu direttore spirituale di Caterina e che poi divenne suo seguace. Vi si racconta in modo appassionato e sconvolgente l’assistenza a un condannato a morte, Nicolò di Toldo,giustiziato a Siena per aver partecipato a un movimento di rivolta nel 1375 circa. Il condannato, travolto dall’entusiasmo mistico di Caterina, finisce con l’accettare con letizia la morte come momento di congiunzione – anzi, di nozze – con la divinità. Il consueto motivo devoto del sangue di Cristo si fonde qui con quello del sangue della decapitazione. Il sangue del giustiziato alla fine si riversa sul corpo della santa: nella fusione del sangue di Nicolò con quello di Caterina e con quello di Gesù si realizza l’unità mistica dell’uomo con Dio. Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce. A voi, dilettissimo e carissimo padre e figliulo mio caro in Cristo Gesù. Io Caterina, serva e schiava de' servi di Dio, scrivo a voi e racomandomivi nel pretioso sangue del Figliuolo di