Lo
scopo del Sinodo tenuto a Dordrecht era quello di comporre una
controversia che era sorta nelle chiese olandesi dopo la diffusione
delle dottrine dell'Arminianesimo. Dopo la morte di Jacob
Arminio, i suoi seguaci avevano sollevato obiezioni alla Confessione
di fede belga e all'insegnamento di Giovanni
Calvino, Beza e i loro seguaci. Queste obiezioni erano
state pubblicate in un documento chiamato "la Rimostranza"
nel 1610 ed i suoi propositori erano stati chiamati
"Rimostranti". Gli oppositori calvinisti, guidati dal
professor Francis Gomar dell'Università di Leida,
divennero conosciuti come i "Controrimostranti".
Nella
"Rimostranza" e in altri scritti più tardi,
gli arminiani avevano pubblicato un'alternativa alle
dottrine calviniste della Confessione di fede belga su
cinque punti. Insegnavano che l'elezione di Dio era basata solo sulla
previsione che Dio aveva fatto della fede di chi poi avrebbe eletto;
la redenzione universale; la depravazione umana parziale; la
possibilità di resistere alla grazia come pure a quella di
decadere dalla grazia.
Simon
Episcopius era portavoce dei 13 rappresentati dei Rimostranti,
chiamati a comparire di fronte al Sinodo nel 1618.
La
Rimostranza fu rifiutata all'unanimità, e il Sinodo, in risposta,
elaborò i cosiddetti "canoni di Dordrecht". Le repliche ai
cinque punti della Rimostranza sono suddivise in cinque sezioni —
la terza e la quarta sono unite fra di loro, perché il terzo punto
della Rimostranza era stato considerato ortodosso. I canoni furono
firmati da tutti i membri del sinodo. Fra i firmatari vi era
anche Giovanni Diodati, autorevole traduttore della Bibbia in
italiano, all'epoca professore di teologia e pastore a Ginevra.
Il
Sinodo si concluse respingendo ufficialmente queste concezioni e
ristabilì l'ortodossia riformata su tutti i punti, cioè:
(1) Depravazione totale; (2) Elezione incondizionata;
(3) Redenzione limitata; (4) Grazia irresistibile e
(5) Perseveranza dei santi.
Questi
punti sono passati alla storia come: i Cinque punti del
Calvinismo.
PREDESTINAZIONE, ELEZIONE E RIPROVAZIONE
I.
Poiché
tutti gli uomini hanno peccato e si sono resi colpevoli della
maledizione e della morte eterna, Dio non avrebbe fatto torto a
nessuno se avesse voluto lasciare tutto il genere umano nel peccato e
nella maledizione, e se avesse voluto condannarlo a causa del
peccato, secondo queste parole dell'apostolo: "Tutto il
mondo è sottoposto al giudizio di Dio... Tutti hanno peccato e sono
privi della gloria di Dio" (Romani 3:19,23). e
ancora "Il salario del peccato è la morte" (Romani
6:23).
II.
Ma
l'amore di Dio è stato manifestato in ciò che "Egli ha
mandato il suo unigenito figliolo nel mondo affinché chiunque crede
in lui non perisca ma abbia la vita eterna" ( 1
Giovanni 4:9; Giovanni 3:16).
III.
Ora,
per condurre gli uomini alla fede, Dio nella sua benevolenza, manda
agli araldi di questa lieta novella a quelli che egli ha scelto, e
quando lo vuole, affinché tramite il ministero di questi ultimi, gli
uomini siano chiamati al pentimento e alla fede in Gesù Cristo
crocefisso. "Come dunque invocheranno colui nel quale
non hanno creduto? E come crederanno in colui del quale non hanno
udito parlare? E come udiranno se non v'è chi predichi? E come
predicheranno se non son mandati?" (Romani 10:14,15).
IV.
Quelli
che non credono a questo vangelo rimangono sotto l'ira di Dio, ma
quelli che lo ricevono ed accettano il salvatore Gesù con una fede
vera e viva, sono da Lui liberati dall'ira di Dio e alla perdizione,
e sono resi partecipi della vita eterna.
V.
La
causa o la colpa di questa incredulità, come di tutti gli altri
peccati non risiede in Dio, ma nell'uomo. Però la fede in Gesù
Cristo, e la salvezza mediante Lui, è un dono gratuito di Dio, come
è scritto: "Poiché è per grazia che voi siete stati
salvati, mediante la fede; e ciò non vien da voi; è il dono di
Dio" (Efesini 2:8). e ancora: "Poiché a
voi è stato dato di credere in Cristo" (Filippesi
1:29).
VI.
Quanto
al fatto che Dio dà la fede ad alcuni e no la dà ad altri, questo
procede dal suo decreto eterno. Il Signore fa queste cose, "le
quali a lui son note ab eterno" (Atti 15:18); e "Colui
che opera tutte le cose secondo il consiglio della propria
volontà" (Efesini 1:11). secondo questo decreto, Dio
intenerisce per grazia il cuore degli eletti e lo piega per quanto
duro possa essere; ma con giusto giudizio, lasca quelli che non sono
eletti nella loro cattiveria e nella loro durezza. È principalmente
qui che si scopre la profonda, misericordiosa e parimente giusta
distinzione fra gli uomini che erano ugualmente perduti; o ancora il
decreto dell'elezione e della riprovazione rivelato nella Parola di
dio; decreto che i perversi, gli impuri ed i titubanti distorcono per
la loro perdizione, ma che dà una consolazione indicibile alle anime
sante e religiose.
VII.
Ora
l'elezione è il proposito immutabile di Dio secondo il quale,
mediante la liberissima scelta della sua volontà, per pura grazia,
egli ha, in Gesù Cristo eletto alla salvezza prima della fondazione
del mondo, fra tutto il genere umano caduto per propria colpa dalla
sua iniziale integrità al peccato e alla perdizione, una certa
quantità di uomini, né migliori né più degni degli altri, anzi
che giacevano anch'essi in una medesima miseria. Questo stesso
Cristo, Dio pure l'ha costituito da ogni eternità, mediatore e capo
di tutti gli eletti, e fondamento della salvezza. Questi eletti, Dio
ha deciso di darli al Cristo per salvarli, di chiamarli e trarli con
efficacia alla comunione con Cristo mediante la sua Parola ed il suo
Spirito. Ancora, per dare loro la vera fede in lui, per giustificarli
e santificarli, e dopo averli preservati, con potenza, nella
comunione con suo figlio, per glorificarli alla fine, quale
dimostrazione della sua misericordia, e come lode dei benefici della
ricchezza della sua gloria, come è scritto. "In Cristo
ci ha eletti, prima della fondazione del mondo, affinché fossimo
santi e irreprensibili dinanzi a lui nell'amore, avendoci
predestinati ad essere adottati, per mezzo di Gesù Cristo, come suoi
figliuoli, secondo il beneplacito della sua volontà; a lode e gloria
della sua grazia, la quale egli ci ha largita nell'amato
suo" (Efesini 1:5-6) "E quelli che ha
predestinati, li ha pure chiamati; e quelli che ha chiamati, li ha
pure giustificati; e quelli che ha giustificati, li ha pure
glorificati" (Romani 8:30).
VIII.
Questa
elezione non è di vari specie; è una sola ed è la stessa elezione
per tutti quelli che saranno salvati nell'Antico e nel Nuovo
Testamento, dato che le Scritture predicano un solo beneplacito.
Quest'ultimo è deciso e proviene dalla volontà di Dio, mediante
esso siamo eletti da ogni eternità, sia alla grazia che alla gloria,
sia alla salvezza che alla via della salvezza da lui preparata
affinché camminiamo in essa.
IX.
Questa
elezione è stata fatta non certo in considerazione della fede
prevista, dell'ubbidienza alla fede, della santità o di qualche
altra buona qualità o buona disposizione che sarebbe causa o
condizione preventivamente richiesta all'uomo che doveva essere
eletto; ma è al contrario per dare la fede, l'ubbidienza alla fede,
la santità ecc... È per questo che l'elezione è la fonte di ogni
bene salutare, da essa sgorgano la fede, la santità e gli altri doni
salutari come la vita eterna stessa, a mò di frutti ed effetti suoi,
secondo le parole dell'apostolo: "Ci ha eletti, (non
perché eravamo, ma) affinché fossimo santi e irreprensibili
dinanzi a lui nell'amore"(Efesini 1:4).
X.
La
causa di questa elezione gratuita è solo di volere di Dio. Non è
che egli abbia scelto quale condizione per la salvezza qualche
qualità od azione umana fra tutte quelle possibili, bensì, quali
eredi particolari, ha preso tra la comune moltitudine di peccatori,
un certo numero di persone, secondo che sta scritto: "Poiché
prima che fossero nati e che avessero fatto alcun che di bene o di
male ecc... le fu detto (a Rebecca): Il maggiore servirà
al minore: secondo che è scritto: ho amato Giacobbe, ma ho odiato
Esaù" (Romani 9:11-12). E anche: "e tutti
quelli che erano ordinati alla vita eterna, credettero" (Atti
13:48).
XI.
E
siccome Dio stesso è sommamente sabbio, immutabile, onnisciente ed
onnipotente, così l'elezione non può essere né interrotta, né
cambiata, né revocata, né annullata e gli eletti non possono essere
rigettati, né il loro numero diminuito.
XII.
Gli
eletti sono, a tempo debito, resi certi di questa elezione di cui
sono oggetto - elezione eterna ed immutabile alla salvezza - anche se
per gradi ed in misure diverse; tuttavia non è di certo frugando con
curiosità i segreti e gli abissi di Dio, ma prendendo coscienza in
sé stessi, con gioia spirituale e santa felicità, dei frutti
infallibili dell'elezione, riconoscibili nella Parola di Dio, quali
la vera fede in Gesù Cristo, il timore filiale verso Dio, la
tristezza secondo Dio, la fame e la sete di giustizia ecc...
XIII.
Dalla
coscienza e dalla certezza propri a questa elezione, i figli di Dio
traggono di giorno in giorno un motivo maggiore per umiliarsi davanti
a Dio, per adorare l'immensità della sua misericordia, per
purificare se stessi, per amare anche con ardore Colui che per primo
li ha tanto amati. Guai quindi se con questa dottrina dell'elezione,
e mediante la sua meditazione, essi diventano pigri e trascurano di
seguire i comandamenti di Dio. È proprio ciò che avviene, per
giusto parere di Dio, a quelli che presumendo avventatamente, o
chiacchierando scioccamente e con petulanza della grazia
dell'elezione, non accettano di camminare nella via degli eletti.
XIV.
Poiché
questa dottrina dell'elezione divina, secondo il saggio parere di
Dio, è stata predicata dai profeti, dallo stesso Gesù Cristo e
dagli Apostoli, tanto sotto il Vecchio Testamento che sotto il Nuovo,
ed è poi stata messa per iscritto nelle Sacre Scritture, deve ancor
oggi essere pubblicata nella chiesa di Dio alla quale è
particolarmente destinata, con uno spirito prudente, religioso e
santo, allontanando ogni indiscreta ricerca delle vie del Dio
sovrano: il tutto alla gloria del santo Nome di Dio e per la viva
consolazione del suo popolo.
XV.
Del
resto, la santa Scrittura rende tanto più illustre e raccomandabile
questa grazia eterna e gratuita della nostra elezione quando
testimonia che tutti gli uomini non sono eletti, ma che alcuni sono
non-eletti, oppure che non sono fatti partecipi dell'elezione eterna
di Dio: cioè quelli che Dio, secondo il suo liberissimo volere,
giustissimo, irreprensibile ed immutabile, ha deciso di lasciare
nella comune miseria dove sono precipitati per colpa propria, e di
non dare loro la fede che salva, né la grazia della conversione; ma
avendoli abbandonati nelle loro vie e sotto un giusto castigo, ha
deciso di condannarli e di punirli eternamente, non solo a causa
della loro infedeltà, ma anche per tutti i loro peccati, e ciò per
la manifestazione della sua giustizia. ecco il decreto di
riprovazione, il quale non fa in alcun modo Dio autore del peccato
(ciò che non si può pensare senza bestemmiare) ma lo mostra giudice
temibile, irreprensibile e giusto, nonché vendicatore del peccato.
XVI.
Quelli
che non sentono ancora in sé stessi una fede viva in Gesù Cristo o
una fiducia totale che viene dal cuore, la pace della coscienza, la
preoccupazione e la ricerca di un'ubbidienza filiale e una
glorificazione in Dio mediante Gesù Cristo, ma che tuttavia usano i
mezzi con i quali Dio ha promesso di attuare queste cose in noi,
quelli non devono perdere coraggio quando sentono parlare di
riprovazione, né collocarsi tra i reprobi. Devono invece perseverare
con diligenza nell'uso di quei mezzi. desiderare ardentemente l'ora
in cui verrà una grazia più abbondante ed aspettarla con rispetto
ed umiltà. Ancor meno devono essere spaventati dalla dottrina della
riprovazione quelli che, anche se desiderano seriamente convertirsi a
Dio, piacere solo a Lui ed essere liberati da quel corpo di morte,
non possono tuttavia essere così avanti come vorrebbero nel loro
cammino di pietà e fede poiché Dio che è misericordioso ha
promesso che non spegnerà il lucignolo fumante, né spezzerà la
canna incrinata.
Ma
questa dottrina è giustamente di spavento per quelli che avendo
messo da parte Dio e il Salvatore Gesù Cristo si sono totalmente
arresi alle sollecitudini in questo mondo e alle brame della carne
fino a quando essi non si convertiranno a Dio.
XVII.
E
poiché dobbiamo giudicare della volontà di Dio mediante la sua
Parola, la quale testimonia che i figli dei fedeli sono santi, non
certo per natura, ma mediane l'alleanza di grazia in cui sono
compresi con i loro genitori, i genitori che temono Dio non devono
dubitare dell'elezione e della salvezza dei loro figli che Dio toglie
da questa vita durante la loro infanzia.
XVIII.
Se
qualcuno mormora contro questa grazia dell'elezione gratuita e contro
la severità di questa giusta riprovazione, noi gli opponiamo ciò
che dice l'apostolo:"Piuttosto, o uomo, chi sei tu che
replichi a Dio?" (Romani 9:20), e quello che dice il
nostro Salvatore: "Non m'è lecito far del mio ciò che
voglio?" (Matteo 20:15). Ma in quanto a noi che
adoriamo religiosamente questi misteri, gridiamo con l'apostolo: "O
profondità della ricchezza e della sapienza e della conoscenza di
Dio! Quanto inscrutabili sono i suoi giudizi e incomprensibili le sue
vie! Poiché: chi ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi è
stato il suo consigliere? O chi gli ha dato per il primo, e gli sarà
contraccambiato? Poiché da lui, per mezzo di lui e per lui sono
tutte le cose. A lui sia la gloria in eterno. Amen" (Romani
11:33-36).
MORTE DI GESÙ CRISTO E REDENZIONE DEGLI UOMINI MEDIANTE ESSA
I.
Dio
non è solo sovranamente misericordioso, ma anche sovranamente
giusto. Ora la sua giustizia richiede, (secondo quanto sta scritto)
che i nostri peccati, commessi contro la sua infinita maestà siano
puniti non solo con pene temporali, ma anche con pene eterne nel
corpo e nell'anima, pene che non possiamo evitare se non vi è
soddisfazione per la giustizia di Dio.
II.
Poiché
non è nostro potere soddisfare Dio da noi stessi, né liberarci
della sua ira, Dio, nella sua immensa misericordia, ci ha dato per
garante il suo unico Figlio, che è stato fatto peccato e maledizione
sulla croce per noi, al posto nostro, al fine di soddisfare Dio per
noi.
III.
Questa
morte del figlio di Dio è l'unico e perfettissimo sacrificio e
l'unica soddisfazione per i peccati, di un prezzo e di un valore
infiniti, che basta ampiamente all'espiazione dei peccati dell'intero
mondo.
IV.
Questa
morte ha un così grande valore e tanta dignità, in quanto la
persona che l'ha sofferta non è solo un vero uomo perfettamente
santo, ma anche l'unico Figlio di Dio, di una stessa essenza eterna
ed infinita del Padre e dello Spirito santo, come doveva essere il
nostro Salvatore; ed anche perché la sua morte è stata coniugata
con il sentimento di collera e di maledizione di Dio, che avevamo
meritati a causa dei nostri peccati.
V.
Dal
resto, la promessa del Vangelo è: "affinché chiunque
crede in Gesù Cristo crocefisso non perisca ma abbia vita eterna". E
questa promessa deve essere indifferentemente annunciata e proposta a
tutte le nazioni e a tutte le persone alle quali Dio, secondo il suo
volere, manda il Vangelo, e con esso, il comandamento di pentirsi e
credere.
VI.
In
quanto al fatto che molti di quelli che sono chiamati dall'evangelo
non si pentono, né credono in Gesù Cristo, ma periscono
nell'infedeltà, ciò non avviene per imperfezione o insufficienza
del sacrificio di Gesù Cristo offerto sulla croce, ma per colpa
loro.
VII.
Per
quanto siano numerosi quelli che credono veramente e che sono
liberati e salvati dai peccati e dalla perdizione mediante la morte
di Gesù Cristo, essi non godono di questo beneficio se non per la
sola grazia di Dio, la quale non è dovuta a nessuno, ma è stata
data da ogni eternità in Gesù Cristo.
VIII.
Tale
è stato il liberissimo parere, nonché il favorevole volere e
l'intenzione di Dio Padre, che l'efficacia vivificante e salutare
della morte preziosissima di suo Figlio si estendesse a tutti gli
eletti, per dare ad essi soli la fede che giustifica e tramite essa,
attrarli irresistibilmente alla salvezza. In altro modo, Dio ha
voluto che Gesù Cristo, mediante il sangue della croce (con il quale
ha confermato la nuova alleanza), riscattasse efficacemente tra ogni
popolo, ogni nazione ed ogni lingua, tutti coloro - e solo essi - che
da ogni eternità, sono stati eletti alla salvezza e gli sono stati
dati dal Padre; che egli desse loro fede, che con la sua morte, come
pure tutti gli altri doni dello Spirito santo, fu acquistata per
essi; che egli li purificasse con il suo sangue da ogni peccato, sia
originale che attuale, commesso sia prima, sia dopo l'aver ricevuto
la fede; ch'Egli li conservasse fedelmente fino alla fine, e li
facesse infine comparire davanti a lui, gloriosi, senza alcuna
macchia né peccato.
IX.
Questo
parere, proceduto dall'amore eterno di Dio verso gli eletti si è
potentemente compiuto sin dall'inizio del mondo fino ai tempi
presenti (le porte dell'inferno essendovisi opposte invano) e si
compierà anche in futuro: in tal modo gli eletti saranno, a tempo
debito, riuniti in un solo popolo, e vi sarà sempre una chiesa di
credenti fondata nel sangue di Gesù Cristo. Questa chiesa amerà con
costanza il suo Salvatore che per essa, come uno sposo per la sua
sposa, ha dato la sua vita sulla croce; persevererà anche nel
servirlo e lo celebrerà sia quaggiù che nell'eternità.
Terzo e Quarto Punto di Dottrina:
LA CORRUZIONE DELL'UOMO, LA SUA CONVERSIONE A DIO E LE MODALITÀ DI QUEST'ULTIMA.
I.
L'uomo
è stato creato ad immagine di Dio. Nel suo sapere gioiva, della vera
e salutare conoscenza del suo Creatore nonché delle cose spirituali,
di giustizia nella sua volontà e nel suo cuore, di purezza nei suoi
affetti. È stato quindi creato interamente santo. Ma essendosi
allontanato da Dio sotto l'influsso del Diavolo e ciò per sua
spontanea volontà, si è privato da solo di questi eccellenti doni.
Ha invece attirato si di sé, la cecità, le orrendi tenebre, la
vanità e la perversità di giudizio nel suo capire, la cattiveria,
la ribellione e la durezza nella sua volontà e nel suo cuore, come
pure l'impurità in ogni suo affetto.
II.
Com'è
stato corrotto l'uomo dopo la sua caduta, così lo sono stati i suoi
figli. la corruzione, secondo il giusto parere di Dio, è derivata da
Adamo e s'è riversata su tutta la sua posterità ad eccezione di
Gesù Cristo, e ciò non per imitazione come sostenevano i seguaci di
Pelagio, ma per propagazione della natura corrotta.
III.
Tutti
gli uomini sono perciò concepiti nel peccato e nascono figli di
collera, incapaci di ogni bene salutare, propensi al male, morti nel
peccato e schiavi del peccato. Senza la grazia dello Spirito che
rigenera, non vogliono, né possono tornare a Dio, né correggere la
loro natura depravata e nemmeno portarvi un miglioramento.
IV.
È
vero che dopo la caduta, è sopravvissuta nell'uomo una luce
naturale. Grazie ad essa egli conserva una certa conoscenza di Dio e
delle cose naturali, discerne tra l'onesto e il disonesto e dimostra
di possedere una certa pratica ed una certa ricerca della virtù,
nonché una disciplina esterna. Ma non è certo con questa luce
naturale che potrà giungere alla conoscenza salutare di Dio e
convertirsi a Lui, poiché non usa neanche rettamente le cose
naturali e civili, e tenta in vari modi, anzi, di spegnere questa
luce e di mantenerla nell'ingiustizia, essendo così senza scuse
davanti a Dio.
V.
Lo
stesso dicasi del decalogo che Dio diede in particolare agli Ebrei.
In effetti, esso manifesta l'importanza del peccato e ne rende l'uomo
maggiormente convinto. Ma non dà nessun mezzo, né trasmette alcuna
forza per uscire da quella miseria. Il decalogo quindi essendo
indebolito dalla carne, lascia il trasgressore sotto la maledizione e
di conseguenza è impossibile all'uomo ottenere la grazia salutare
per il suo tramite.
VI.
Ciò
che non possono quindi fare né la luce naturale né la Legge, Dio lo
fa per virtù dello Spirito Santo, per mezzo della Parola o del
ministero della riconciliazione, cioè del Vangelo concernente il
Messia con il quale è piaciuto a Dio salvare i credenti sia sotto il
vecchio testamento che sotto il Nuovo.
VII.
Il
segreto della sua volontà, Dio lo ha rivelato ad un numero esiguo di
persone sotto il Vecchio testamento, ma sotto il Nuovo (da quando
ogni discriminazione fra i popoli è stato abolita), lo rivela a un
numero di persone molto maggiore, La causa di questa dispensazione
non può essere attribuita al fatto che una nazione sarebbe
maggiormente degna di un'altra, o perché userebbe meglio di un'altra
quella luce naturale che possiede, ma al libero volere di Dio, che è
sovranamente libero, ed al suo amore gratuito. ecco perché quelli ai
quali è concessa una grazia così grande, a prescindere da qualsiasi
merito, devono riconoscerlo con cuore umile e con azioni di grazia.
Ma gli altri, a cui questa grazia non è fatta, devono con l'apostolo
adorare la severità e la giustizia di Dio, senza esaminarla con
curiosità.
VIII.
Per
quanto numerosi siano quelli chiamati dal vangelo, essi sono chiamati
seriamente. Perché Dio mostra seriamente e veramente con la sua
Parola ciò che Egli gradisce: cioè che quelli chiamati vengano a
Lui. Promette anche seriamente a tutti coloro i quali vengono e
credono, il riposo dell'anima e la vita eterna.
IX.
Se
molti di quelli che sono chiamati dal vangelo non vengono a Dio, né
si convertono, la colpa non è né del Vangelo, né di Gesù Cristo,
neppure di Dio che, tramite il Vangelo li chiama e conferisce anzi
loro diversi doni; ma risiede in coloro stessi che sono chiamati.
Fra
di essi, alcuni per noncuranza non ricevono la parola di vita; altri
la ricevono ma non nel profondo del cuore e per questo, dopo la gioia
momentanea di una fede temporale, si ritraggono; altri ancora, con le
spine delle sollecitudini e delle voluttà di questo mondo, soffocano
la semenza della parola e non portano frutto come ce l'insegna il
nostro salvatore nella parabola del seminatore (Matteo 13).
X.
Il
fatto che altri chiamati dal ministero dell'Evangelo vengano a Dio e
siano convertiti, non dev'essere attribuito all'uomo, come se con il
suo libero arbitrio si distinguesse dagli altri che come lui hanno
ricevuto una grazia simile e sufficiente per credere e convertirsi
(ciò che sostiene l'eresia dell'orgoglio di Pelagio). Deve invece
essere attribuito a Dio che, dal fatto che ha eletto i suoi da ogni
eternità in Cristo, li chiama anche con efficacia e in tempo
opportuno, dà loro fede e pentimento e avendoli liberati dalla
potenza delle tenebre, li porta nel Regno del suo Figlio, affinché
annuncino le virtù di Colui che li ha chiamati dalle tenebre alla
sua meravigliosa luce, e che non si glorificano in sé stessi, ma nel
Signore, come la Scrittura apostolica testimonia in molti passi.
XI.
Per
il più, quando Dio mette in opere il suo volere negli eletti, o
quando li converte, non solo vigila perché il Vangelo sia loro
predicato esternamente e illumina potentemente il loro intendimento
mediante lo Spirito Santo affinché capiscano e discernano rettamente
le cose che sono dello Spirito di Dio, ma con l'efficacia di questo
stesso Spirito di rigenerazione, penetra fino all'essenza dell'uomo,
apre il cuore chiuso, ammorbidisce quello che è duro, lo circoncide,
introduce nuove qualità nella volontà e fa che questa volontà da
morta diventi vivente, da cattiva buona, da schiava libera, da
ostinata ubbidiente. Ed egli lavora in questa volontà, la fortifica
affinché come un buon albero, possa produrre buoni frutti.
XII.
È
questa la rigenerazione tanto celebrata nelle Scritture, questo
rinnovamento, questa nuova creazione, questo innalzarsi dai morti,
questa vivificazione che Dio opera in noi e senza di noi. Ciò non si
compie certo con l'ascolto solo della dottrina, o con la persuasione
morale, o per qualsiasi altro modo di operare quali i ragionamenti
persuasivi in modo che dopo la parte di Dio rimarrebbe ancora
all'uomo il potere di essere rigenerato o meno, convertito o meno. Si
tratta invece di un'operazione interamente sovrannaturale,
potentissima quanto dolce e ammirevole, segreta ed ineffabile.
Secondo le scritture che sono ispirate dall'autore stesso di questa
operazione, quest'ultima, quanto ad efficacia non è in nulla
inferiore alla creazione, o alla risurrezione dai morti, in modo che
tutti quelli in cui cuori Dio agisce in questo meraviglioso modo,
sono sicuramente, infallibilmente ed efficacemente rigenerati e
credono effettivamente. Da allora, la volontà già rinnovata non è
solo spinta e mossa da Dio, ma essendo sotto l'azione di dio, agisce
anch'essa. Ecco perché si può benissimo dire che è l'uomo che
crede e si pente per mezzo della grazia ricevuta.
XIII.
Durante
questa vita terrestre, i fedeli non possono capire appieno il modo di
questa operazione. Godono tuttavia del riposo perché sanno e sentono
che mediante questa grazia di Dio, essi credono con tutto il cuore ed
amano il loro Salvatore.
XIV.
La
fede è dunque un dono di Dio, non perché è offerta da Dio al
libero arbitrio dell'uomo, ma perché è veramente conferita,
ispirata e infusa nell'uomo. Ed ancora, non perché Dio darebbe solo
la potenza di credere, e che aspetterebbe poi che la volontà
dell'uomo vi acconsenta o creda di fatto, ma perché egli stesso che
opera sia nel volere, che nel fare - meglio ancora: che opera tutto
in tutti - produce nell'uomo sia la volontà di credere, che la fede
stessa.
XV.
Dio
non deve questa grazia a nessuno. Perché cosa dovrebbe a colui che
non ha nulla da dare per primo, affinché glielo restituisca? E che
cosa dovrebbe Egli a colui che da sé stesso, altro non ha che
peccato e menzogna? Colui che riceve questa grazia deve dunque
eternamente renderne grazia a Dio ed è proprio ciò che fa. Colui
che non la riceve, o non si cura affatto delle cose spirituali, e si
compiace in quel che è suo oppure, essendo senza intelletto, so
glorifica invano di avere ciò che non ha. Quanto a quelli che
esteriormente fanno professione di fede cristiana e si pentono della
loro vita, bisogna parlarne solo bene e così giudicarne, secondo
l'esempio degli apostoli, perché la parte più intima del cuore ci è
sconosciuta. In compenso, per quelli che ancora non sono stati
chiamati, bisogno pregare Dio che chiama le cose che non sono come se
fossero, e non bisogna insuperbirsi di fronte ad essi, come se noi ci
fossimo distinti per noi stessi.
XVI.
Allo
stesso modo in cui l'uomo dopo la caduta è sempre rimasto dotato di
intelletto e volontà, e che il peccato che si è sparso su tutto il
genere umano non ha abolito la natura stessa del genere umano ma l'ha
depravata e uccisa spiritualmente, così questa grazia divina di
rigenerazione non agisce negli uomini come nei tronchi, o nei tappi
di legno: non annienta neppure la volontà né le sue proprietà, non
la forza né la costringe contro il suo volere. La vivifica
spiritualmente, la guarisce, la corregge e la modella con dolcezza e
potenza affinché laddove dominavano prima ribellione e resistenza
della carne, cominci a regnare ora pronta e sincera l'ubbidienza
dello spirito, in cui consistono il vero ristabilimento spirituale,
nonché la libertà della nostra volontà. Ecco perché, se questo
ammirevole artefice di ogni bene non agisse in tal modo verso di noi,
non rimarrebbe all'uomo alcuna speranza di rialzarsi dalla sua caduta
per mezzo del libero arbitrio che lo fece precipitare nella
perdizione mentre era ancora in piedi.
XVII.
Come
quella potentissima operazione di Dio mediante la quale egli produce
e sostiene la nostra propria vita naturale non esclude, ma richiede
l'uso di mezzi con i quali Dio nella sua saggezza e bontà infinite
ha voluto spiegare la propria potenza; così l'operazione
sovrannaturale di Dio, con la quale egli ci rigenera, non esclude né
rovescia in alcun modo l'uso del Vangelo che questo savissimo Dio ha
ordinato per essere seme di rigenerazione, e nutrimento dell'anima
nostra. Come gli apostoli e i dottori che li hanno seguiti, hanno con
pietà insegnato al popolo questa grazia di Dio, cioè la sua gloria
e l'abbassare ogni orgoglio umano, senza tuttavia trascurare il
mantenimento del popolo nella pratica della Parola, dei sacramenti e
della disciplina, mediante le sante ammonizioni del Vangelo, così
non avvenga mai che quelli che insegnano o imparano nella chiesa
presumano di tentare Dio, separando le cose che Dio, secondo il suo
volere, ha voluto unire. Perché la grazia è conferita dalle
esortazioni e dunque più prontamente facciamo il nostro dovere, più
è manifestato il beneficio di Dio che lavora in noi, e più la sua
opera è allora eccellente. Ed è a questo dio e solo a lui che è
dovuta nei secoli dei secoli, tutta la gloria, quella dei mezzi e
quella dei loro frutti e della loro efficacia salutare. Amen.
LA PERSEVERANZA DEI SANTI
I.
Quelli
che Dio chiama secondo il suo immutabile disegno alla comunione di
suo Figlio, nostro Signore Gesù Cristo, e rigenera con il suo Santo
Spirito, egli li libera veramente dalla dominazione e dalla servitù
del peccato durante questa vita, ma non totalmente dalla carne e da
questo corpo di peccato.
II.
Da
ciò vediamo ogni giorno tanti peccati dovuti alla nostra debolezza,
e le migliori opere dei santi non sono mai senza colpe, ciò dà loro
continuamente l'occasione di umiliarsi davanti a Dio, di ricorrere al
Cristo crocefisso, di mortificare sempre più la loro carne con lo
spirito di preghiera, e con santi esercizi di pietà, e di sospirare,
aspirando alla meta che è la perfezione, fino a che, liberati da
questo corpo di peccato, essi regneranno in cielo con l'Agnello di
Dio.
III.
A
causa di quel che rimane del peccato in noi e delle tentazioni del
mondo e di satana, quelli che sono convertiti non potrebbero
resistere in questo stato di grazia se fossero lasciati alle loro
sole forze. Ma Dio è fedele, li conferma misericordiosamente nella
grazia che ha conferito loro una volta e li conserva con potenza sino
alla fine.
IV.
Nonostante
la potenza di Dio che fortifica e conserva i veri fedeli nella grazia
sia troppo grande per essere vinta dalla carne, quelli che sono
convertiti non sono tuttavia sempre spinti e guidati da Dio, in tal
modo che non possano, per colpa propria, in qualche azione
particolare, sviarsi da questa grazia o lasciarsi sedurre dalla
concupiscenza della carne al punto di ubbidirle. Perciò bisogna che
siano sempre vigili e che preghino per non essere indotti in
tentazione.
Se
non lo fanno, non solo possono essere trascinati dalla carne, dal
mondo e da Satana a commettere peccati gravissimi ed orrendi, ma vi
sono anche trascinati con il giusto permesso di Dio, ciò è
dimostrato abbastanza chiaramente dalle tristi cadute di Davide, di
Pietro e di altri santi personaggi citati nella Scrittura.
V.
Con
tali peccati, essi offendono gravemente Dio, si rendono colpevoli di
morte e contristano lo Spirito Santo, interrompono il corso normale
della fede, feriscono gravemente la loro coscienza, e a volte capita
che, perdano temporaneamente il senso della grazia, fino a che la
faccia di Dio Padre li rischiari nuovamente, quando, con sincero
pentimento, tornano nella retta via.
VI.
Poiché
Dio che è ricco di misericordia, secondo il disegno immutabile
dell'elezione, non toglie mai interamente dai suoi il suo santo
Spirito, neanche nelle loro tristi cadute, e non permette che cadano
al punto di perdere la grazia dell'adozione e lo stato di
giustificazione, o che commettano il peccato che porta alla morte,
cioè contro lo Spirito Santo, né che, essendo totalmente
abbandonati da Lui, essi si gettino nell'eterna perdizione.
VII.
In
queste cadute Dio conserva in essi il seme immortale ch'Egli stesso
vi ha piantato e mediante il quale essi sono rigenerati, affinché
questo seme non si disperda, né sia interamente respinto. Inoltre,
li rinnova veramente ed efficacemente con la sua Parola e con il suo
Spirito, affinché si pentano e il loro cuore sia contristato,
secondo il Signore, per i loro peccati; affinché da un cuore
contrito e rotto, desiderino, ed ottengano per mezzo della fede la
remissione nel sangue del Mediatore. Così sentiranno di nuovo la
grazia di Dio riconciliati con essi, adoreranno le sue compassioni e
la sua fedeltà, e lavoreranno oramai più alacremente alla loro
salvezza con timore e riverenza.
VIII.
Non
è quindi né per i loro meriti, né per le loro forze, ma per la
misericordia gratuita di dio che non perderanno totalmente la fede e
la grazia e non rimarranno nei loro errori, ciò non solo potrebbe
capitare con facilità, ma capiterebbe senz'altro. Quanto a Dio,
questo non può accadere mai, poiché il suo parere non può
cambiare, né può la sua promessa svanire, né la vocazione secondo
il suo fermo proposito essere revocata, e neppure il merito,
l'intercessione e la protezione di Gesù Cristo essere annientati,
come il sigillo dello Spirito santo non può essere né reso vano, né
abolito.
IX.
Quanto
alla protezione degli eletti in vista della loro salvezza e alla
perseveranza dei veri fedeli nella fede, i fedeli stessi possono
essere sicuri, e lo, sono, secondo la misura della loro fede,
mediante la quale credono con certezza che sono e rimarranno sempre
membri veri e vivi della Chiesa, e che hanno la remissione di tutti i
loro peccati e la vita eterna.
X.
Questa
certezza non proviene tuttavia da una particolare rivelazione al di
fuori o accanto alla Parola di Dio. Essa procede prima di tutto dalla
fede nelle promesse di dio che sono ampiamente rivelate nella sua
Parola per nostra consolazione, poi dalla testimonianza dello Spirito
Santo che attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio e suoi
eredi (Romani 8:16,17); infine, da una seria e santa ricerca di una
buona coscienza non ché di opere buone. Se gli eletti di dio fossero
privati di questa ferma consolazione della vittoria, e della caparra
della gloria eterna, sarebbero i più miserabili fra tutti gli
uomini.
XI.
La
Scrittura attesta però che i fedeli devono combattere in questa vita
contro diversi dubbi della carne, e che quando devono subire serie
tentazioni, non sentono sempre questa piena consolazione della fede,
né la certezza della perseveranza. Ma Dio, che è il Padre di ogni
consolazione, non permette che siano tentati al di là delle loro
forze, ma dà loro, assieme alla tentazione, la possibilità di
resistervi (1 Corinzi 10:13). E con lo Spirito santo, riaccende
nuovamente in loro la certezza della perseveranza.
XII.
La
certezza della perseveranza, lungi dal rendere orgogliosi i fedeli
veri, e dal tuffarli in una sicurezza carnale, è al contrario, la
vera radice dell'umiltà, del rispetto filiale e della vera pietà,
della pazienza in tutte le prove, di preghiere ferventi, della
costanza sotto la croce e sotto la confessione della verità e di una
solida gioia in Dio. La considerazione di questo beneficio è per
loro uno stimolo alla pratica seria e continua della riconoscenza e
delle buone opere, come ce lo mostrano le testimonianza delle
Scritture e gli esempi dei santi.
XIII.
Perciò
quando la fiducia della perseveranza comincia a rivivere in quelli
che sono rialzati dalla loro caduta, ciò non genera in essi né
libertà eccessiva, né trascuratezza nella loro pietà, ma una
maggiore cura per custodire attentamente le vie del Signore, che sono
per essi preparate, affinché vi camminino conservando la certezza
della loro perseveranza. Se abusassero della bontà paterna di Dio,
la sua faccia favorevole (la cui contemplazione è per i fedeli più
dolce della vita, e la privazione più amara della morte) si
allontanerebbe di nuovo da loro ed essi cadrebbero allora nei più
grandi tormenti dell'anima.
XIV.
Come
è piaciuto a Dio iniziare in noi la sua opera di grazia con la
predicazione del vangelo, così la conserva, la prosegue e la compie
con l'udire, con la lettura, con le esortazioni, con le minacce ed
anche con le promesse di questo stesso Vangelo, come pure con l'uso
dei sacramenti.
XV.
Questa
dottrina della perseveranza dei veri credenti e della certezza che si
può avere, è abbondantemente rivelata da dio nella sua Parola e
impressa nel cuore dei fedeli da lui stesso alla gloria del suo nome
e per la consolazione delle anime pie. È tale che la carne è
incapace di comprenderla, Satana la odia, il mondo ne ride, gli
ignoranti e gli ipocriti ne abusano e gli spiriti dell'errore la
combattono. ma la sposa di Cristo l'ha sempre profondamente amata e
l'ha costantemente mantenuta come un tesoro di valore inestimabile.
Che Dio le conceda dunque di continuare a farlo, contro lui nessuna
sapienza ha potere, nessuna forza può prevalere. A questo Dio unico,
Padre, Figlio e Spirito Santo, siano onore e gloria nei secoli dei
secoli. Amen.
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