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I canoni di Dordrecht


Lo scopo del Sinodo tenuto a Dordrecht era quello di comporre una controversia che era sorta nelle chiese olandesi dopo la diffusione delle dottrine dell'Arminianesimo. Dopo la morte di Jacob Arminio, i suoi seguaci avevano sollevato obiezioni alla Confessione di fede belga e all'insegnamento di Giovanni Calvino, Beza e i loro seguaci. Queste obiezioni erano state pubblicate in un documento chiamato "la Rimostranza" nel 1610 ed i suoi propositori erano stati chiamati "Rimostranti". Gli oppositori calvinisti, guidati dal professor Francis Gomar dell'Università di Leida, divennero conosciuti come i "Controrimostranti".
Nella "Rimostranza" e in altri scritti più tardi, gli arminiani avevano pubblicato un'alternativa alle dottrine calviniste della Confessione di fede belga su cinque punti. Insegnavano che l'elezione di Dio era basata solo sulla previsione che Dio aveva fatto della fede di chi poi avrebbe eletto; la redenzione universale; la depravazione umana parziale; la possibilità di resistere alla grazia come pure a quella di decadere dalla grazia.
Simon Episcopius era portavoce dei 13 rappresentati dei Rimostranti, chiamati a comparire di fronte al Sinodo nel 1618.
La Rimostranza fu rifiutata all'unanimità, e il Sinodo, in risposta, elaborò i cosiddetti "canoni di Dordrecht". Le repliche ai cinque punti della Rimostranza sono suddivise in cinque sezioni — la terza e la quarta sono unite fra di loro, perché il terzo punto della Rimostranza era stato considerato ortodosso. I canoni furono firmati da tutti i membri del sinodo. Fra i firmatari vi era anche Giovanni Diodati, autorevole traduttore della Bibbia in italiano, all'epoca professore di teologia e pastore a Ginevra.
Il Sinodo si concluse respingendo ufficialmente queste concezioni e ristabilì l'ortodossia riformata su tutti i punti, cioè: (1) Depravazione totale; (2) Elezione incondizionata; (3) Redenzione limitata; (4) Grazia irresistibile e (5) Perseveranza dei santi.
Questi punti sono passati alla storia come: i Cinque punti del Calvinismo.


PREDESTINAZIONE, ELEZIONE E RIPROVAZIONE

I.
Poiché tutti gli uomini hanno peccato e si sono resi colpevoli della maledizione e della morte eterna, Dio non avrebbe fatto torto a nessuno se avesse voluto lasciare tutto il genere umano nel peccato e nella maledizione, e se avesse voluto condannarlo a causa del peccato, secondo queste parole dell'apostolo: "Tutto il mondo è sottoposto al giudizio di Dio... Tutti hanno peccato e sono privi della gloria di Dio" (Romani 3:19,23). e ancora "Il salario del peccato è la morte" (Romani 6:23).

II.
Ma l'amore di Dio è stato manifestato in ciò che "Egli ha mandato il suo unigenito figliolo nel mondo affinché chiunque crede in lui non perisca ma abbia la vita eterna" ( 1 Giovanni 4:9; Giovanni 3:16).
III.
Ora, per condurre gli uomini alla fede, Dio nella sua benevolenza, manda agli araldi di questa lieta novella a quelli che egli ha scelto, e quando lo vuole, affinché tramite il ministero di questi ultimi, gli uomini siano chiamati al pentimento e alla fede in Gesù Cristo crocefisso. "Come dunque invocheranno colui nel quale non hanno creduto? E come crederanno in colui del quale non hanno udito parlare? E come udiranno se non v'è chi predichi? E come predicheranno se non son mandati?" (Romani 10:14,15).
IV.
Quelli che non credono a questo vangelo rimangono sotto l'ira di Dio, ma quelli che lo ricevono ed accettano il salvatore Gesù con una fede vera e viva, sono da Lui liberati dall'ira di Dio e alla perdizione, e sono resi partecipi della vita eterna.
V.
La causa o la colpa di questa incredulità, come di tutti gli altri peccati non risiede in Dio, ma nell'uomo. Però la fede in Gesù Cristo, e la salvezza mediante Lui, è un dono gratuito di Dio, come è scritto: "Poiché è per grazia che voi siete stati salvati, mediante la fede; e ciò non vien da voi; è il dono di Dio" (Efesini 2:8). e ancora: "Poiché a voi è stato dato di credere in Cristo" (Filippesi 1:29).
VI.
Quanto al fatto che Dio dà la fede ad alcuni e no la dà ad altri, questo procede dal suo decreto eterno. Il Signore fa queste cose, "le quali a lui son note ab eterno" (Atti 15:18); e "Colui che opera tutte le cose secondo il consiglio della propria volontà" (Efesini 1:11). secondo questo decreto, Dio intenerisce per grazia il cuore degli eletti e lo piega per quanto duro possa essere; ma con giusto giudizio, lasca quelli che non sono eletti nella loro cattiveria e nella loro durezza. È principalmente qui che si scopre la profonda, misericordiosa e parimente giusta distinzione fra gli uomini che erano ugualmente perduti; o ancora il decreto dell'elezione e della riprovazione rivelato nella Parola di dio; decreto che i perversi, gli impuri ed i titubanti distorcono per la loro perdizione, ma che dà una consolazione indicibile alle anime sante e religiose.
VII.
Ora l'elezione è il proposito immutabile di Dio secondo il quale, mediante la liberissima scelta della sua volontà, per pura grazia, egli ha, in Gesù Cristo eletto alla salvezza prima della fondazione del mondo, fra tutto il genere umano caduto per propria colpa dalla sua iniziale integrità al peccato e alla perdizione, una certa quantità di uomini, né migliori né più degni degli altri, anzi che giacevano anch'essi in una medesima miseria. Questo stesso Cristo, Dio pure l'ha costituito da ogni eternità, mediatore e capo di tutti gli eletti, e fondamento della salvezza. Questi eletti, Dio ha deciso di darli al Cristo per salvarli, di chiamarli e trarli con efficacia alla comunione con Cristo mediante la sua Parola ed il suo Spirito. Ancora, per dare loro la vera fede in lui, per giustificarli e santificarli, e dopo averli preservati, con potenza, nella comunione con suo figlio, per glorificarli alla fine, quale dimostrazione della sua misericordia, e come lode dei benefici della ricchezza della sua gloria, come è scritto. "In Cristo ci ha eletti, prima della fondazione del mondo, affinché fossimo santi e irreprensibili dinanzi a lui nell'amore, avendoci predestinati ad essere adottati, per mezzo di Gesù Cristo, come suoi figliuoli, secondo il beneplacito della sua volontà; a lode e gloria della sua grazia, la quale egli ci ha largita nell'amato suo" (Efesini 1:5-6) "E quelli che ha predestinati, li ha pure chiamati; e quelli che ha chiamati, li ha pure giustificati; e quelli che ha giustificati, li ha pure glorificati" (Romani 8:30).
VIII.
Questa elezione non è di vari specie; è una sola ed è la stessa elezione per tutti quelli che saranno salvati nell'Antico e nel Nuovo Testamento, dato che le Scritture predicano un solo beneplacito. Quest'ultimo è deciso e proviene dalla volontà di Dio, mediante esso siamo eletti da ogni eternità, sia alla grazia che alla gloria, sia alla salvezza che alla via della salvezza da lui preparata affinché camminiamo in essa.
IX.
Questa elezione è stata fatta non certo in considerazione della fede prevista, dell'ubbidienza alla fede, della santità o di qualche altra buona qualità o buona disposizione che sarebbe causa o condizione preventivamente richiesta all'uomo che doveva essere eletto; ma è al contrario per dare la fede, l'ubbidienza alla fede, la santità ecc... È per questo che l'elezione è la fonte di ogni bene salutare, da essa sgorgano la fede, la santità e gli altri doni salutari come la vita eterna stessa, a mò di frutti ed effetti suoi, secondo le parole dell'apostolo: "Ci ha eletti, (non perché eravamo, ma) affinché fossimo santi e irreprensibili dinanzi a lui nell'amore"(Efesini 1:4).
X.
La causa di questa elezione gratuita è solo di volere di Dio. Non è che egli abbia scelto quale condizione per la salvezza qualche qualità od azione umana fra tutte quelle possibili, bensì, quali eredi particolari, ha preso tra la comune moltitudine di peccatori, un certo numero di persone, secondo che sta scritto: "Poiché prima che fossero nati e che avessero fatto alcun che di bene o di male ecc... le fu detto (a Rebecca): Il maggiore servirà al minore: secondo che è scritto: ho amato Giacobbe, ma ho odiato Esaù" (Romani 9:11-12). E anche: "e tutti quelli che erano ordinati alla vita eterna, credettero" (Atti 13:48).
XI.
E siccome Dio stesso è sommamente sabbio, immutabile, onnisciente ed onnipotente, così l'elezione non può essere né interrotta, né cambiata, né revocata, né annullata e gli eletti non possono essere rigettati, né il loro numero diminuito.
XII.
Gli eletti sono, a tempo debito, resi certi di questa elezione di cui sono oggetto - elezione eterna ed immutabile alla salvezza - anche se per gradi ed in misure diverse; tuttavia non è di certo frugando con curiosità i segreti e gli abissi di Dio, ma prendendo coscienza in sé stessi, con gioia spirituale e santa felicità, dei frutti infallibili dell'elezione, riconoscibili nella Parola di Dio, quali la vera fede in Gesù Cristo, il timore filiale verso Dio, la tristezza secondo Dio, la fame e la sete di giustizia ecc...
XIII.
Dalla coscienza e dalla certezza propri a questa elezione, i figli di Dio traggono di giorno in giorno un motivo maggiore per umiliarsi davanti a Dio, per adorare l'immensità della sua misericordia, per purificare se stessi, per amare anche con ardore Colui che per primo li ha tanto amati. Guai quindi se con questa dottrina dell'elezione, e mediante la sua meditazione, essi diventano pigri e trascurano di seguire i comandamenti di Dio. È proprio ciò che avviene, per giusto parere di Dio, a quelli che presumendo avventatamente, o chiacchierando scioccamente e con petulanza della grazia dell'elezione, non accettano di camminare nella via degli eletti.
XIV.
Poiché questa dottrina dell'elezione divina, secondo il saggio parere di Dio, è stata predicata dai profeti, dallo stesso Gesù Cristo e dagli Apostoli, tanto sotto il Vecchio Testamento che sotto il Nuovo, ed è poi stata messa per iscritto nelle Sacre Scritture, deve ancor oggi essere pubblicata nella chiesa di Dio alla quale è particolarmente destinata, con uno spirito prudente, religioso e santo, allontanando ogni indiscreta ricerca delle vie del Dio sovrano: il tutto alla gloria del santo Nome di Dio e per la viva consolazione del suo popolo.
XV.
Del resto, la santa Scrittura rende tanto più illustre e raccomandabile questa grazia eterna e gratuita della nostra elezione quando testimonia che tutti gli uomini non sono eletti, ma che alcuni sono non-eletti, oppure che non sono fatti partecipi dell'elezione eterna di Dio: cioè quelli che Dio, secondo il suo liberissimo volere, giustissimo, irreprensibile ed immutabile, ha deciso di lasciare nella comune miseria dove sono precipitati per colpa propria, e di non dare loro la fede che salva, né la grazia della conversione; ma avendoli abbandonati nelle loro vie e sotto un giusto castigo, ha deciso di condannarli e di punirli eternamente, non solo a causa della loro infedeltà, ma anche per tutti i loro peccati, e ciò per la manifestazione della sua giustizia. ecco il decreto di riprovazione, il quale non fa in alcun modo Dio autore del peccato (ciò che non si può pensare senza bestemmiare) ma lo mostra giudice temibile, irreprensibile e giusto, nonché vendicatore del peccato.
XVI.
Quelli che non sentono ancora in sé stessi una fede viva in Gesù Cristo o una fiducia totale che viene dal cuore, la pace della coscienza, la preoccupazione e la ricerca di un'ubbidienza filiale e una glorificazione in Dio mediante Gesù Cristo, ma che tuttavia usano i mezzi con i quali Dio ha promesso di attuare queste cose in noi, quelli non devono perdere coraggio quando sentono parlare di riprovazione, né collocarsi tra i reprobi. Devono invece perseverare con diligenza nell'uso di quei mezzi. desiderare ardentemente l'ora in cui verrà una grazia più abbondante ed aspettarla con rispetto ed umiltà. Ancor meno devono essere spaventati dalla dottrina della riprovazione quelli che, anche se desiderano seriamente convertirsi a Dio, piacere solo a Lui ed essere liberati da quel corpo di morte, non possono tuttavia essere così avanti come vorrebbero nel loro cammino di pietà e fede poiché Dio che è misericordioso ha promesso che non spegnerà il lucignolo fumante, né spezzerà la canna incrinata.
Ma questa dottrina è giustamente di spavento per quelli che avendo messo da parte Dio e il Salvatore Gesù Cristo si sono totalmente arresi alle sollecitudini in questo mondo e alle brame della carne fino a quando essi non si convertiranno a Dio.
XVII.
E poiché dobbiamo giudicare della volontà di Dio mediante la sua Parola, la quale testimonia che i figli dei fedeli sono santi, non certo per natura, ma mediane l'alleanza di grazia in cui sono compresi con i loro genitori, i genitori che temono Dio non devono dubitare dell'elezione e della salvezza dei loro figli che Dio toglie da questa vita durante la loro infanzia.
XVIII.
Se qualcuno mormora contro questa grazia dell'elezione gratuita e contro la severità di questa giusta riprovazione, noi gli opponiamo ciò che dice l'apostolo:"Piuttosto, o uomo, chi sei tu che replichi a Dio?" (Romani 9:20), e quello che dice il nostro Salvatore: "Non m'è lecito far del mio ciò che voglio?" (Matteo 20:15). Ma in quanto a noi che adoriamo religiosamente questi misteri, gridiamo con l'apostolo: "O profondità della ricchezza e della sapienza e della conoscenza di Dio! Quanto inscrutabili sono i suoi giudizi e incomprensibili le sue vie! Poiché: chi ha conosciuto il pensiero del Signore? O chi è stato il suo consigliere? O chi gli ha dato per il primo, e gli sarà contraccambiato? Poiché da lui, per mezzo di lui e per lui sono tutte le cose. A lui sia la gloria in eterno. Amen" (Romani 11:33-36).

MORTE DI GESÙ CRISTO E REDENZIONE DEGLI UOMINI MEDIANTE ESSA

I.
Dio non è solo sovranamente misericordioso, ma anche sovranamente giusto. Ora la sua giustizia richiede, (secondo quanto sta scritto) che i nostri peccati, commessi contro la sua infinita maestà siano puniti non solo con pene temporali, ma anche con pene eterne nel corpo e nell'anima, pene che non possiamo evitare se non vi è soddisfazione per la giustizia di Dio.
II.
Poiché non è nostro potere soddisfare Dio da noi stessi, né liberarci della sua ira, Dio, nella sua immensa misericordia, ci ha dato per garante il suo unico Figlio, che è stato fatto peccato e maledizione sulla croce per noi, al posto nostro, al fine di soddisfare Dio per noi.
III.
Questa morte del figlio di Dio è l'unico e perfettissimo sacrificio e l'unica soddisfazione per i peccati, di un prezzo e di un valore infiniti, che basta ampiamente all'espiazione dei peccati dell'intero mondo.
IV.
Questa morte ha un così grande valore e tanta dignità, in quanto la persona che l'ha sofferta non è solo un vero uomo perfettamente santo, ma anche l'unico Figlio di Dio, di una stessa essenza eterna ed infinita del Padre e dello Spirito santo, come doveva essere il nostro Salvatore; ed anche perché la sua morte è stata coniugata con il sentimento di collera e di maledizione di Dio, che avevamo meritati a causa dei nostri peccati.
V.
Dal resto, la promessa del Vangelo è: "affinché chiunque crede in Gesù Cristo crocefisso non perisca ma abbia vita eterna". E questa promessa deve essere indifferentemente annunciata e proposta a tutte le nazioni e a tutte le persone alle quali Dio, secondo il suo volere, manda il Vangelo, e con esso, il comandamento di pentirsi e credere.
VI.
In quanto al fatto che molti di quelli che sono chiamati dall'evangelo non si pentono, né credono in Gesù Cristo, ma periscono nell'infedeltà, ciò non avviene per imperfezione o insufficienza del sacrificio di Gesù Cristo offerto sulla croce, ma per colpa loro.
VII.
Per quanto siano numerosi quelli che credono veramente e che sono liberati e salvati dai peccati e dalla perdizione mediante la morte di Gesù Cristo, essi non godono di questo beneficio se non per la sola grazia di Dio, la quale non è dovuta a nessuno, ma è stata data da ogni eternità in Gesù Cristo.
VIII.
Tale è stato il liberissimo parere, nonché il favorevole volere e l'intenzione di Dio Padre, che l'efficacia vivificante e salutare della morte preziosissima di suo Figlio si estendesse a tutti gli eletti, per dare ad essi soli la fede che giustifica e tramite essa, attrarli irresistibilmente alla salvezza. In altro modo, Dio ha voluto che Gesù Cristo, mediante il sangue della croce (con il quale ha confermato la nuova alleanza), riscattasse efficacemente tra ogni popolo, ogni nazione ed ogni lingua, tutti coloro - e solo essi - che da ogni eternità, sono stati eletti alla salvezza e gli sono stati dati dal Padre; che egli desse loro fede, che con la sua morte, come pure tutti gli altri doni dello Spirito santo, fu acquistata per essi; che egli li purificasse con il suo sangue da ogni peccato, sia originale che attuale, commesso sia prima, sia dopo l'aver ricevuto la fede; ch'Egli li conservasse fedelmente fino alla fine, e li facesse infine comparire davanti a lui, gloriosi, senza alcuna macchia né peccato.
IX.
Questo parere, proceduto dall'amore eterno di Dio verso gli eletti si è potentemente compiuto sin dall'inizio del mondo fino ai tempi presenti (le porte dell'inferno essendovisi opposte invano) e si compierà anche in futuro: in tal modo gli eletti saranno, a tempo debito, riuniti in un solo popolo, e vi sarà sempre una chiesa di credenti fondata nel sangue di Gesù Cristo. Questa chiesa amerà con costanza il suo Salvatore che per essa, come uno sposo per la sua sposa, ha dato la sua vita sulla croce; persevererà anche nel servirlo e lo celebrerà sia quaggiù che nell'eternità.


Terzo e Quarto Punto di Dottrina:

LA CORRUZIONE DELL'UOMO, LA SUA CONVERSIONE A DIO E LE MODALITÀ DI QUEST'ULTIMA.

I.
L'uomo è stato creato ad immagine di Dio. Nel suo sapere gioiva, della vera e salutare conoscenza del suo Creatore nonché delle cose spirituali, di giustizia nella sua volontà e nel suo cuore, di purezza nei suoi affetti. È stato quindi creato interamente santo. Ma essendosi allontanato da Dio sotto l'influsso del Diavolo e ciò per sua spontanea volontà, si è privato da solo di questi eccellenti doni. Ha invece attirato si di sé, la cecità, le orrendi tenebre, la vanità e la perversità di giudizio nel suo capire, la cattiveria, la ribellione e la durezza nella sua volontà e nel suo cuore, come pure l'impurità in ogni suo affetto.
II.
Com'è stato corrotto l'uomo dopo la sua caduta, così lo sono stati i suoi figli. la corruzione, secondo il giusto parere di Dio, è derivata da Adamo e s'è riversata su tutta la sua posterità ad eccezione di Gesù Cristo, e ciò non per imitazione come sostenevano i seguaci di Pelagio, ma per propagazione della natura corrotta.
III.
Tutti gli uomini sono perciò concepiti nel peccato e nascono figli di collera, incapaci di ogni bene salutare, propensi al male, morti nel peccato e schiavi del peccato. Senza la grazia dello Spirito che rigenera, non vogliono, né possono tornare a Dio, né correggere la loro natura depravata e nemmeno portarvi un miglioramento.
IV.
È vero che dopo la caduta, è sopravvissuta nell'uomo una luce naturale. Grazie ad essa egli conserva una certa conoscenza di Dio e delle cose naturali, discerne tra l'onesto e il disonesto e dimostra di possedere una certa pratica ed una certa ricerca della virtù, nonché una disciplina esterna. Ma non è certo con questa luce naturale che potrà giungere alla conoscenza salutare di Dio e convertirsi a Lui, poiché non usa neanche rettamente le cose naturali e civili, e tenta in vari modi, anzi, di spegnere questa luce e di mantenerla nell'ingiustizia, essendo così senza scuse davanti a Dio.
V.
Lo stesso dicasi del decalogo che Dio diede in particolare agli Ebrei. In effetti, esso manifesta l'importanza del peccato e ne rende l'uomo maggiormente convinto. Ma non dà nessun mezzo, né trasmette alcuna forza per uscire da quella miseria. Il decalogo quindi essendo indebolito dalla carne, lascia il trasgressore sotto la maledizione e di conseguenza è impossibile all'uomo ottenere la grazia salutare per il suo tramite.
VI.
Ciò che non possono quindi fare né la luce naturale né la Legge, Dio lo fa per virtù dello Spirito Santo, per mezzo della Parola o del ministero della riconciliazione, cioè del Vangelo concernente il Messia con il quale è piaciuto a Dio salvare i credenti sia sotto il vecchio testamento che sotto il Nuovo.
VII.
Il segreto della sua volontà, Dio lo ha rivelato ad un numero esiguo di persone sotto il Vecchio testamento, ma sotto il Nuovo (da quando ogni discriminazione fra i popoli è stato abolita), lo rivela a un numero di persone molto maggiore, La causa di questa dispensazione non può essere attribuita al fatto che una nazione sarebbe maggiormente degna di un'altra, o perché userebbe meglio di un'altra quella luce naturale che possiede, ma al libero volere di Dio, che è sovranamente libero, ed al suo amore gratuito. ecco perché quelli ai quali è concessa una grazia così grande, a prescindere da qualsiasi merito, devono riconoscerlo con cuore umile e con azioni di grazia. Ma gli altri, a cui questa grazia non è fatta, devono con l'apostolo adorare la severità e la giustizia di Dio, senza esaminarla con curiosità.
VIII.
Per quanto numerosi siano quelli chiamati dal vangelo, essi sono chiamati seriamente. Perché Dio mostra seriamente e veramente con la sua Parola ciò che Egli gradisce: cioè che quelli chiamati vengano a Lui. Promette anche seriamente a tutti coloro i quali vengono e credono, il riposo dell'anima e la vita eterna.
IX.
Se molti di quelli che sono chiamati dal vangelo non vengono a Dio, né si convertono, la colpa non è né del Vangelo, né di Gesù Cristo, neppure di Dio che, tramite il Vangelo li chiama e conferisce anzi loro diversi doni; ma risiede in coloro stessi che sono chiamati.
Fra di essi, alcuni per noncuranza non ricevono la parola di vita; altri la ricevono ma non nel profondo del cuore e per questo, dopo la gioia momentanea di una fede temporale, si ritraggono; altri ancora, con le spine delle sollecitudini e delle voluttà di questo mondo, soffocano la semenza della parola e non portano frutto come ce l'insegna il nostro salvatore nella parabola del seminatore (Matteo 13).
X.
Il fatto che altri chiamati dal ministero dell'Evangelo vengano a Dio e siano convertiti, non dev'essere attribuito all'uomo, come se con il suo libero arbitrio si distinguesse dagli altri che come lui hanno ricevuto una grazia simile e sufficiente per credere e convertirsi (ciò che sostiene l'eresia dell'orgoglio di Pelagio). Deve invece essere attribuito a Dio che, dal fatto che ha eletto i suoi da ogni eternità in Cristo, li chiama anche con efficacia e in tempo opportuno, dà loro fede e pentimento e avendoli liberati dalla potenza delle tenebre, li porta nel Regno del suo Figlio, affinché annuncino le virtù di Colui che li ha chiamati dalle tenebre alla sua meravigliosa luce, e che non si glorificano in sé stessi, ma nel Signore, come la Scrittura apostolica testimonia in molti passi.
XI.
Per il più, quando Dio mette in opere il suo volere negli eletti, o quando li converte, non solo vigila perché il Vangelo sia loro predicato esternamente e illumina potentemente il loro intendimento mediante lo Spirito Santo affinché capiscano e discernano rettamente le cose che sono dello Spirito di Dio, ma con l'efficacia di questo stesso Spirito di rigenerazione, penetra fino all'essenza dell'uomo, apre il cuore chiuso, ammorbidisce quello che è duro, lo circoncide, introduce nuove qualità nella volontà e fa che questa volontà da morta diventi vivente, da cattiva buona, da schiava libera, da ostinata ubbidiente. Ed egli lavora in questa volontà, la fortifica affinché come un buon albero, possa produrre buoni frutti.
XII.
È questa la rigenerazione tanto celebrata nelle Scritture, questo rinnovamento, questa nuova creazione, questo innalzarsi dai morti, questa vivificazione che Dio opera in noi e senza di noi. Ciò non si compie certo con l'ascolto solo della dottrina, o con la persuasione morale, o per qualsiasi altro modo di operare quali i ragionamenti persuasivi in modo che dopo la parte di Dio rimarrebbe ancora all'uomo il potere di essere rigenerato o meno, convertito o meno. Si tratta invece di un'operazione interamente sovrannaturale, potentissima quanto dolce e ammirevole, segreta ed ineffabile. Secondo le scritture che sono ispirate dall'autore stesso di questa operazione, quest'ultima, quanto ad efficacia non è in nulla inferiore alla creazione, o alla risurrezione dai morti, in modo che tutti quelli in cui cuori Dio agisce in questo meraviglioso modo, sono sicuramente, infallibilmente ed efficacemente rigenerati e credono effettivamente. Da allora, la volontà già rinnovata non è solo spinta e mossa da Dio, ma essendo sotto l'azione di dio, agisce anch'essa. Ecco perché si può benissimo dire che è l'uomo che crede e si pente per mezzo della grazia ricevuta.
XIII.
Durante questa vita terrestre, i fedeli non possono capire appieno il modo di questa operazione. Godono tuttavia del riposo perché sanno e sentono che mediante questa grazia di Dio, essi credono con tutto il cuore ed amano il loro Salvatore.
XIV.
La fede è dunque un dono di Dio, non perché è offerta da Dio al libero arbitrio dell'uomo, ma perché è veramente conferita, ispirata e infusa nell'uomo. Ed ancora, non perché Dio darebbe solo la potenza di credere, e che aspetterebbe poi che la volontà dell'uomo vi acconsenta o creda di fatto, ma perché egli stesso che opera sia nel volere, che nel fare - meglio ancora: che opera tutto in tutti - produce nell'uomo sia la volontà di credere, che la fede stessa.
XV.
Dio non deve questa grazia a nessuno. Perché cosa dovrebbe a colui che non ha nulla da dare per primo, affinché glielo restituisca? E che cosa dovrebbe Egli a colui che da sé stesso, altro non ha che peccato e menzogna? Colui che riceve questa grazia deve dunque eternamente renderne grazia a Dio ed è proprio ciò che fa. Colui che non la riceve, o non si cura affatto delle cose spirituali, e si compiace in quel che è suo oppure, essendo senza intelletto, so glorifica invano di avere ciò che non ha. Quanto a quelli che esteriormente fanno professione di fede cristiana e si pentono della loro vita, bisogna parlarne solo bene e così giudicarne, secondo l'esempio degli apostoli, perché la parte più intima del cuore ci è sconosciuta. In compenso, per quelli che ancora non sono stati chiamati, bisogno pregare Dio che chiama le cose che non sono come se fossero, e non bisogna insuperbirsi di fronte ad essi, come se noi ci fossimo distinti per noi stessi.
XVI.
Allo stesso modo in cui l'uomo dopo la caduta è sempre rimasto dotato di intelletto e volontà, e che il peccato che si è sparso su tutto il genere umano non ha abolito la natura stessa del genere umano ma l'ha depravata e uccisa spiritualmente, così questa grazia divina di rigenerazione non agisce negli uomini come nei tronchi, o nei tappi di legno: non annienta neppure la volontà né le sue proprietà, non la forza né la costringe contro il suo volere. La vivifica spiritualmente, la guarisce, la corregge e la modella con dolcezza e potenza affinché laddove dominavano prima ribellione e resistenza della carne, cominci a regnare ora pronta e sincera l'ubbidienza dello spirito, in cui consistono il vero ristabilimento spirituale, nonché la libertà della nostra volontà. Ecco perché, se questo ammirevole artefice di ogni bene non agisse in tal modo verso di noi, non rimarrebbe all'uomo alcuna speranza di rialzarsi dalla sua caduta per mezzo del libero arbitrio che lo fece precipitare nella perdizione mentre era ancora in piedi.
XVII.
Come quella potentissima operazione di Dio mediante la quale egli produce e sostiene la nostra propria vita naturale non esclude, ma richiede l'uso di mezzi con i quali Dio nella sua saggezza e bontà infinite ha voluto spiegare la propria potenza; così l'operazione sovrannaturale di Dio, con la quale egli ci rigenera, non esclude né rovescia in alcun modo l'uso del Vangelo che questo savissimo Dio ha ordinato per essere seme di rigenerazione, e nutrimento dell'anima nostra. Come gli apostoli e i dottori che li hanno seguiti, hanno con pietà insegnato al popolo questa grazia di Dio, cioè la sua gloria e l'abbassare ogni orgoglio umano, senza tuttavia trascurare il mantenimento del popolo nella pratica della Parola, dei sacramenti e della disciplina, mediante le sante ammonizioni del Vangelo, così non avvenga mai che quelli che insegnano o imparano nella chiesa presumano di tentare Dio, separando le cose che Dio, secondo il suo volere, ha voluto unire. Perché la grazia è conferita dalle esortazioni e dunque più prontamente facciamo il nostro dovere, più è manifestato il beneficio di Dio che lavora in noi, e più la sua opera è allora eccellente. Ed è a questo dio e solo a lui che è dovuta nei secoli dei secoli, tutta la gloria, quella dei mezzi e quella dei loro frutti e della loro efficacia salutare. Amen.


LA PERSEVERANZA DEI SANTI

I.
Quelli che Dio chiama secondo il suo immutabile disegno alla comunione di suo Figlio, nostro Signore Gesù Cristo, e rigenera con il suo Santo Spirito, egli li libera veramente dalla dominazione e dalla servitù del peccato durante questa vita, ma non totalmente dalla carne e da questo corpo di peccato.
II.
Da ciò vediamo ogni giorno tanti peccati dovuti alla nostra debolezza, e le migliori opere dei santi non sono mai senza colpe, ciò dà loro continuamente l'occasione di umiliarsi davanti a Dio, di ricorrere al Cristo crocefisso, di mortificare sempre più la loro carne con lo spirito di preghiera, e con santi esercizi di pietà, e di sospirare, aspirando alla meta che è la perfezione, fino a che, liberati da questo corpo di peccato, essi regneranno in cielo con l'Agnello di Dio.
III.
A causa di quel che rimane del peccato in noi e delle tentazioni del mondo e di satana, quelli che sono convertiti non potrebbero resistere in questo stato di grazia se fossero lasciati alle loro sole forze. Ma Dio è fedele, li conferma misericordiosamente nella grazia che ha conferito loro una volta e li conserva con potenza sino alla fine.
IV.
Nonostante la potenza di Dio che fortifica e conserva i veri fedeli nella grazia sia troppo grande per essere vinta dalla carne, quelli che sono convertiti non sono tuttavia sempre spinti e guidati da Dio, in tal modo che non possano, per colpa propria, in qualche azione particolare, sviarsi da questa grazia o lasciarsi sedurre dalla concupiscenza della carne al punto di ubbidirle. Perciò bisogna che siano sempre vigili e che preghino per non essere indotti in tentazione.
Se non lo fanno, non solo possono essere trascinati dalla carne, dal mondo e da Satana a commettere peccati gravissimi ed orrendi, ma vi sono anche trascinati con il giusto permesso di Dio, ciò è dimostrato abbastanza chiaramente dalle tristi cadute di Davide, di Pietro e di altri santi personaggi citati nella Scrittura.
V.
Con tali peccati, essi offendono gravemente Dio, si rendono colpevoli di morte e contristano lo Spirito Santo, interrompono il corso normale della fede, feriscono gravemente la loro coscienza, e a volte capita che, perdano temporaneamente il senso della grazia, fino a che la faccia di Dio Padre li rischiari nuovamente, quando, con sincero pentimento, tornano nella retta via.
VI.
Poiché Dio che è ricco di misericordia, secondo il disegno immutabile dell'elezione, non toglie mai interamente dai suoi il suo santo Spirito, neanche nelle loro tristi cadute, e non permette che cadano al punto di perdere la grazia dell'adozione e lo stato di giustificazione, o che commettano il peccato che porta alla morte, cioè contro lo Spirito Santo, né che, essendo totalmente abbandonati da Lui, essi si gettino nell'eterna perdizione.
VII.
In queste cadute Dio conserva in essi il seme immortale ch'Egli stesso vi ha piantato e mediante il quale essi sono rigenerati, affinché questo seme non si disperda, né sia interamente respinto. Inoltre, li rinnova veramente ed efficacemente con la sua Parola e con il suo Spirito, affinché si pentano e il loro cuore sia contristato, secondo il Signore, per i loro peccati; affinché da un cuore contrito e rotto, desiderino, ed ottengano per mezzo della fede la remissione nel sangue del Mediatore. Così sentiranno di nuovo la grazia di Dio riconciliati con essi, adoreranno le sue compassioni e la sua fedeltà, e lavoreranno oramai più alacremente alla loro salvezza con timore e riverenza.


VIII.
Non è quindi né per i loro meriti, né per le loro forze, ma per la misericordia gratuita di dio che non perderanno totalmente la fede e la grazia e non rimarranno nei loro errori, ciò non solo potrebbe capitare con facilità, ma capiterebbe senz'altro. Quanto a Dio, questo non può accadere mai, poiché il suo parere non può cambiare, né può la sua promessa svanire, né la vocazione secondo il suo fermo proposito essere revocata, e neppure il merito, l'intercessione e la protezione di Gesù Cristo essere annientati, come il sigillo dello Spirito santo non può essere né reso vano, né abolito.
IX.
Quanto alla protezione degli eletti in vista della loro salvezza e alla perseveranza dei veri fedeli nella fede, i fedeli stessi possono essere sicuri, e lo, sono, secondo la misura della loro fede, mediante la quale credono con certezza che sono e rimarranno sempre membri veri e vivi della Chiesa, e che hanno la remissione di tutti i loro peccati e la vita eterna.
X.
Questa certezza non proviene tuttavia da una particolare rivelazione al di fuori o accanto alla Parola di Dio. Essa procede prima di tutto dalla fede nelle promesse di dio che sono ampiamente rivelate nella sua Parola per nostra consolazione, poi dalla testimonianza dello Spirito Santo che attesta al nostro spirito che siamo figli di Dio e suoi eredi (Romani 8:16,17); infine, da una seria e santa ricerca di una buona coscienza non ché di opere buone. Se gli eletti di dio fossero privati di questa ferma consolazione della vittoria, e della caparra della gloria eterna, sarebbero i più miserabili fra tutti gli uomini.
XI.
La Scrittura attesta però che i fedeli devono combattere in questa vita contro diversi dubbi della carne, e che quando devono subire serie tentazioni, non sentono sempre questa piena consolazione della fede, né la certezza della perseveranza. Ma Dio, che è il Padre di ogni consolazione, non permette che siano tentati al di là delle loro forze, ma dà loro, assieme alla tentazione, la possibilità di resistervi (1 Corinzi 10:13). E con lo Spirito santo, riaccende nuovamente in loro la certezza della perseveranza.
XII.
La certezza della perseveranza, lungi dal rendere orgogliosi i fedeli veri, e dal tuffarli in una sicurezza carnale, è al contrario, la vera radice dell'umiltà, del rispetto filiale e della vera pietà, della pazienza in tutte le prove, di preghiere ferventi, della costanza sotto la croce e sotto la confessione della verità e di una solida gioia in Dio. La considerazione di questo beneficio è per loro uno stimolo alla pratica seria e continua della riconoscenza e delle buone opere, come ce lo mostrano le testimonianza delle Scritture e gli esempi dei santi.
XIII.
Perciò quando la fiducia della perseveranza comincia a rivivere in quelli che sono rialzati dalla loro caduta, ciò non genera in essi né libertà eccessiva, né trascuratezza nella loro pietà, ma una maggiore cura per custodire attentamente le vie del Signore, che sono per essi preparate, affinché vi camminino conservando la certezza della loro perseveranza. Se abusassero della bontà paterna di Dio, la sua faccia favorevole (la cui contemplazione è per i fedeli più dolce della vita, e la privazione più amara della morte) si allontanerebbe di nuovo da loro ed essi cadrebbero allora nei più grandi tormenti dell'anima.
XIV.
Come è piaciuto a Dio iniziare in noi la sua opera di grazia con la predicazione del vangelo, così la conserva, la prosegue e la compie con l'udire, con la lettura, con le esortazioni, con le minacce ed anche con le promesse di questo stesso Vangelo, come pure con l'uso dei sacramenti.
XV.
Questa dottrina della perseveranza dei veri credenti e della certezza che si può avere, è abbondantemente rivelata da dio nella sua Parola e impressa nel cuore dei fedeli da lui stesso alla gloria del suo nome e per la consolazione delle anime pie. È tale che la carne è incapace di comprenderla, Satana la odia, il mondo ne ride, gli ignoranti e gli ipocriti ne abusano e gli spiriti dell'errore la combattono. ma la sposa di Cristo l'ha sempre profondamente amata e l'ha costantemente mantenuta come un tesoro di valore inestimabile. Che Dio le conceda dunque di continuare a farlo, contro lui nessuna sapienza ha potere, nessuna forza può prevalere. A questo Dio unico, Padre, Figlio e Spirito Santo, siano onore e gloria nei secoli dei secoli. Amen.



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