di Lorenzo Banducci
EXTRA
OMNES!
Due
semplici parole in latino daranno via al prossimo Conclave della Chiesa
Cattolica che porterà all’elezione di un nuovo Pontefice. I Cardinali riuniti
nella Cappella Sistina faranno interamente posto nei loro cuori e nelle loro
menti alla luce dello Spirito che guiderà la loro scelta.
Ogni
volta che mi sono soffermato a riflettere sul “modello-Conclave” mi sono
ritrovato a pensare come questo modo di affrontare i momenti e le scelte
decisive della vita personale di ciascuno sia, per quanto difficile da
condurre, del tutto ottimale da riproporre anche nelle nostre piccole vite.
La
scelta di lasciar fuori tutti e ,mi permetto di aggiungere, anche tutto! Per
tutto intendo ogni cosa che potrebbe annullare la voce dello Spirito che guida
i nostri passi e illumina le nostre scelte. Mi auguro dunque di cuore che i
Cardinali riuniti in Conclave riescano a lasciare fuori ogni cosa. Dalle
questioni politiche (progressisti vs tradizionalisti, curiali vs non curiali
ecc.), alle ambizioni personali, fino alle
chiacchiere da bar che hanno invaso i nostri quotidiani in questi giorni. Il
silenzio soltanto dovrà regnare nella Cappella Sistina, dove ciascun principe
della Chiesa si troverà da solo di fronte a Dio e ad un pezzetto di carta sul
quale dovrà esprimere la propria preferenza. Non si tratterà soltanto di
scrivere un nome e un cognome, ma sarà l’indicazione chiara della Chiesa che
verrà: una responsabilità enorme portano sulle loro spalle i nostri Cardinali,
una responsabilità per la quale anche noi siamo chiamati a pregare.
Chiunque
sarà eletto come Pontefice sarà atteso da tempi difficili ed impegnativi e da
scelte dure di riforma e cambiamenti necessari per la nostra Chiesa.
Sulnostro blog abbiamo tracciato negli scorsi giorni una serie di spunti diriflessione da seguire sul come rilanciare la nostra Chiesa. Mi sento di
concludere questi questa serie di discussioni aggiungendone un’altra, che sposo
in pieno, ovvero quella di Alberto Melloni:
1.Riformattare la curia
Tutti hanno parlato della
curia romana dicendo cose ovvie. Che chi non ha la statura intellettuale o
morale debba cambiar mestiere è ovvio. Che il carrierismo, male non meno
vergognoso della pedofilia, vada stroncato è ovvio. Che il Segretario di Stato
abbia bisogno di un organo di coordinamento è ovvio. Il papa sa che questa
formattazione va fatta: può solo decidere se farla rendendo nota la “relatio”
sulle malebolge che tutti gli chiederanno o meno.
2. Lo Ior
Dallo Ior sono
venute solo grane: i presidenti scelti dopo Marcinkus non sono bastati. Altri
guai incombono, dicono. Perciò dello Ior bisognerà fare a meno. Per secoli s’è
pensato che il potere temporale che fosse indispensabile: e quando è finito ci
si è accorti che era una liberazione “provvidenziale”, come disse Montini. Con
lo Ior sarà lo stesso. Se lo si essicca si sgonfieranno tante sconcezze. Se no,
il papa dovrà prepararsi ad difesa arduissima.
3. I tradizionalisti
La rinunzia di Ratzinger è precipitata dopo il fallimento del negoziato coi tradizionalisti. I lefebvriani sono riusciti a far credere di essere la metà della chiesa: hanno imposto l’agenda, fatto confusione, guai, un negazionista nel collegio apostolico, e non hanno concesso nulla. Tutti i negoziatori – Ratzinger, Levada, Müller – hanno fallito: perché l’autismo teologico di chi chiama tradizione la propria nostalgia non si cura trattando. O il papa fa una “perdonanza” che riconosca la debolezza della loro comunione. O finirà per strozzare l’autorità dei vescovi e sfregiare la fraternità con l’ebraismo.
4. Il senato di comunione
3. I tradizionalisti
La rinunzia di Ratzinger è precipitata dopo il fallimento del negoziato coi tradizionalisti. I lefebvriani sono riusciti a far credere di essere la metà della chiesa: hanno imposto l’agenda, fatto confusione, guai, un negazionista nel collegio apostolico, e non hanno concesso nulla. Tutti i negoziatori – Ratzinger, Levada, Müller – hanno fallito: perché l’autismo teologico di chi chiama tradizione la propria nostalgia non si cura trattando. O il papa fa una “perdonanza” che riconosca la debolezza della loro comunione. O finirà per strozzare l’autorità dei vescovi e sfregiare la fraternità con l’ebraismo.
4. Il senato di comunione
A lungo s’è temuto che un’organo di comunione del collegio episcopale minacciasse l’autorità del papa. La rinunzia di Ratzinger dice che è il contrario: invece proprio la solitudine di Pietro l’ha esposto alle bizze di ladruncoli e zozzoni e ne ha indebolito la figura. Un papa che a differenza dei predecessori creerà un senato della comunione prima o poi ci sarà: il prossimo pontefice dovrà solo decidere se essere l’ultimo di una fila o il primo dell’altra.
5. L’unità delle chiese
Tutte le chiese vivono una crisi di comunione, simile alla crisi delle democrazie. L’arcivescovo di Canterbury Rowan s’è dimesso a dicembre, Antiochia, Sofia, Alessandria, Addis Abeba hanno nuovi patriarchi in cerca di dialogo. Fra Mosca e Costantinopoli resta una ruvidità. La primavera evangelicale suscita reazioni diverse fra i protestanti. Pietro può davvero servire la comunione delle chiese ed evitare che l’unità dei cristiani sia visibile solo per chi assalta una assemblea domenicale per far strage. A gennaio del 2014 cade il cinquantesimo dello storico abbraccio di Gerusalemme fra Paolo VI ed Athenagoras, segno che nessuna divisione è incurabile all’amore: il nuovo papa non deve scegliere se tornare a Gerusalemme, ma come, perché, con chi.
6. Obbedienza al vangelo.
Nei pontificati recenti la chiesa ha scommesso che la sua forza si misurasse nello spazio pubblico, condannando leggi e costumi in nome della legge naturale. Molti cardinali hanno chiesto di non uscire da questo orizzonte in nome di una “nuova evangelizzazione” rivolta a un occidente post-cristiano. Altri pensano che sia tornato il tempo di rimettere il vangelo prima di tutto: anche prima delle condanne. Su questo, il papa non deciderà dando una linea: ma, come diceva Gregorio Magno, con una “parola confermata dalla vita”.
7. Il ministero
Urge un discernimento sui ministeri. Sui preti, spesso usati dalle diocesi e dai movimenti per vantarsi e per pretendere qualche bonus di carriera. Sui ministeri uxorati e femminili che fioriscono. E soprattutto sui vescovi la cui scelta è un nodo dolente: O’Brien avrà vizi tremendi, ma non quello di essersi fatto vescovo da solo. Un sinodo straordinario con tutti i nunzi servirebbe a discutere con la libertà e serietà usata dai cardinali in questi giorni.
8. Ex Oriente lux
Il mondo di cui il nuovo papa sarà un’antenna ha spostato il proprio baricentri a Oriente, oltre le terre dell’islam e della guerra, dove si gioca il destino del pianeta: in India, in Vietnam, in Corea. E soprattutto nella Cina, dove la chiesa cattolica ha due problemi. Uno che riguarda l’elezione dei vescovi, questione nella quale Roma ha un’esperienza fatta ai tempi di Casaroli che potrebbe tornar buona. L’altro assai più profondo riguarda la sfida di un cristianesimo che come imparò a rendersi povera per dire il vangelo nel mondo barbarico, celtico, slavo, arabo o africano – adesso deve di nuovo fare quel cammino di povertà del Cristo per apprendere lingua e cultura di uomini e mondi che non possono essere lontani da Dio.
9. Islam
In questo sforzo di mitezza e di povertà il cattolicesimo forse troverà anche il modo di capire la grande faglia dell’islam e trovare una “tregua”: che non si ottiene cercando musulmani “moderati” nell’oceano di un salafismo insurrezionalista dilagante, ma parlando con la mitezza e la fermezza di chi sa che Dio guarda l’islam con occhi diversi da quelli dei grandi imperi.
10. Il concilio
Il conclave s’apre nella festa di Gregorio Magno, uno dei due papi che con Giovanni XXIII si può dire abbia segnato un millennio. Uno cantore della “regola pastorale”, l’altro iniziatore di concilio “pastorale” perché capace di dire la verità in modi coerenti alla verità crocifissa che è Gesù. Per chi uscirà papa dal conclave ci potrebbe essere auspicio migliore a guardare lontano, a portare al largo la barca di Pietro?
Al di là comunque di quelli
che sono i nostri desideri e le nostre speranze per il futuro della Chiesa a
noi fedeli spetterà il compito, sempre arduo, di accettare che sia fatta la
volontà di Dio. Chiunque sarà il prossimo Papa dovremo continuare a lavorare
nelle nostre Diocesi e nelle nostre Parrocchie (oltre che nei nostri ambienti
di lavoro, di studio, di svago ecc.) affinchè sia portato il lieto annuncio a
tutti. Sia che sia scelto un Papa promotore di una linea a noi non del tutto
gradita sia che avvenga il contrario il futuro della Chiesa sarà anche e
soprattutto nelle mani di ciascuno di noi: sarà speculare alla capacità che
avremo di donare amore agli altri e di mostrare la bellezza di una vita in
Cristo con le nostre opere e azioni.
Ora “fuori tutti!”, fate
silenzio e pregate!
(Lorenzo Banducci)
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