La
Chiesa deve comprendersi e dimostrarsi come la testimone
pubblica e la trasmettitrice di una memoria sovversiva di libertà in
mezzo ai "sistemi" della nostra società protesa verso
l'emancipazione. Questa tesi si fonda sulla memoria come forma
fondamentale di espressione della fede cristiana e sulla portata
centrale e peculiare che in essa detiene la libertà. Nella fede
noi cristiani attuiamo la memoria passionis, mortis et resurrectionis
Jesu Christi; credendo che ci ricordiamo del testamento del suo
amore, nel quale il Regno di Dio appare in mezzo agli uomini proprio
per il fatto che i potenti hanno incominciato ad essere abbattuti,
che Gesù ha aderito al partito di coloro che non si mettono in
vista, sono radiati ed oppressi proclamando così questo Regno
di Dio che viene come potenza liberatrice di un amore assoluto.
Questa memoria Jesu Christi non è un ricordo che dispensi
illusoriamente dalle audacie del futuro. Non è come una specie
di controfigura borghese della speranza. Al contrario, in essa
si attua precisamente una certa anticipazione del futuro,
appunto di un futuro per coloro che sono senza speranza, per i
falliti e gli oppressi. E in questo modo si rivela come una
memoria sovversiva e liberatrice che minaccia e mette in
discussione il nostro tempo, perché in essa noi evochiamo non un
qualsiasi futuro aperto, ma proprio questo futuro per dovere del
quale ci costringe a trasformarci senza posa. Ma questa
precisa memoria rompe l'incanto della coscienza dominante. Essa
si rapporta alla storia non soltanto come ad uno schermo di
proiezione di interessi presenti. Essa mobilita la tradizione come
tradizione sovversiva e quindi come potenza critica liberatrice
di fronte alla unidimensionalità della coscienza dominante e alla
sicurezza di coloro la cui ora è da sempre scoccata (Gv 7,6).
G.
Metz, L'avvenire della Chiesa, Bruxelles 1970, Brescia, Ed.
Queriniana, 1970
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