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“Il Sole 24 Ore” del 14 marzo 2013
Questo
è il testo dell'omelia che il Cardinale Jorge Mario Bergoglio ha
pronunciato a Buenos Aires il 13 febbraio 2013 nella funzione del
mercoledì delle Ceneri. È il messaggio quaresimale dell'Arcivescovo
ai sacerdoti, ai consacrati e ai laici dell'Arcidiocesi argentina.
Attraverso
i mezzi di comunicazione, piano piano ci abituiamo a sentire e a
vedere la cronaca nera della società contemporanea, che si presenta
quasi come una gioia malvagia, e ci abituiamo anche a toccarla e
sentirla nelle cose che ci circondano e nella nostra propria carne.
Il dramma si sente nelle strade, nei quartieri, nella nostra casa e,
perché no, nel nostro cuore. Conviviamo con la violenza che uccide,
che distrugge le famiglie, ravviva le guerre e i conflitti in tanti
Paesi del mondo.
Conviviamo
con l'invidia, l'odio, la calunnia, la mondanità nel nostro cuore.
La sofferenza degli innocenti e della gente mite non smette di
schiaffeggiarci, il disprezzo per i diritti delle persone e dei
popoli più fragili non sono così lontani da noi; l'impero del
danaro con gli effetti perversi rappresentati dalla droga, dalla
corruzione, dalla tratta delle persone -- compresi i bambini assieme
alla miseria materiale e morale sono situazioni di ogni giorno.
La
distruzione di un lavoro degno, le migrazioni dolorose e la mancanza
di futuro sono parte di questo insieme di difficoltà. I nostri
errori e peccati come Chiesa non rimangono fuori da questo grande
panorama.
Gli egoismi personali giustificati, e non per questo più piccoli, la mancanza di valori etici nel seno della società che distrugge le famiglie, la convivenza tra le persone dei quartieri, dei popoli e delle città ci parlano dei nostri limiti, della nostra debolezza e della nostra incapacità per poter trasformare questo elenco immenso di realtà distruttrici.
Gli egoismi personali giustificati, e non per questo più piccoli, la mancanza di valori etici nel seno della società che distrugge le famiglie, la convivenza tra le persone dei quartieri, dei popoli e delle città ci parlano dei nostri limiti, della nostra debolezza e della nostra incapacità per poter trasformare questo elenco immenso di realtà distruttrici.
La
trappola dell'impotenza ci porta a pensare. Ha senso cercare di
cambiare tutto questo? Possiamo fare qualcosa di fronte a questa
situazione? Vale la pena cercare di farlo quando il mondo continua la
sua carnevalata mascherando tutto per un po' di tempo? Quando cade la
maschera compare la verità e, anche se per molti può sembrare
anacronistico, ricompare il peccato che ferisce la nostra carne con
tutta la sua forza di distruzione, cambiando i destini del mondo e
della storia.
La
Quaresima si presenta come grido di verità e di speranza, e ci
risponde di sì, che è possibile non dover truccarci e disegnare nei
nostri volti sorrisi di plastica come se niente fosse.
Sì, è possibile che tutto sia nuovo e diverso perché Dio continua ad essere «ricco di bontà e misericordia, sempre disposto a perdonare» e ci incoraggia a ricominciare una e più volte.
Oggi, ancora una volta, siamo invitati a intraprendere un cammino pasquale verso la Vita, cammino che comprende la croce e la rinuncia, che sarà scomodo ma non sterile. Siamo invitati a riconoscere che c'è qualcosa che non va bene in noi stessi, nella società o nella Chiesa, siamo invitati a cambiare, a dare una sterzata nelle nostre vite, a convertirci.
Sì, è possibile che tutto sia nuovo e diverso perché Dio continua ad essere «ricco di bontà e misericordia, sempre disposto a perdonare» e ci incoraggia a ricominciare una e più volte.
Oggi, ancora una volta, siamo invitati a intraprendere un cammino pasquale verso la Vita, cammino che comprende la croce e la rinuncia, che sarà scomodo ma non sterile. Siamo invitati a riconoscere che c'è qualcosa che non va bene in noi stessi, nella società o nella Chiesa, siamo invitati a cambiare, a dare una sterzata nelle nostre vite, a convertirci.
Oggi
sono piene di sfida le parole del profeta Gioele: strappate il vostro
cuore, non le vostri vesti e convertitevi al Signore vostro Dio.
Queste parole sono un invito a tutti, nessuno escluso.
Strappate
il cuore e non le vesti di una penitenza artificiale senza garanzie
di futuro.
Strappate
i cuori per dire con il salmo «Abbiamo peccato». «La ferita
dell'anima è il peccato. Oh, povero ferito, riconosci il tuo
dottore! Mostra le piaghe delle tue colpe. E visto che a Lui non si
possono nascondere i nostri pensieri più intimi, fai sentire il
gemito del tuo cuore. Cerca la Sua compassione con le tue lacrime,
con la tua insistenza, importunalo! Che ascolti i tuoi sospiri, che
il tuo dolore arrivi fino a Lui, in modo che, alla fine, possa dirti:
Il Signore ha perdonato il tuo peccato»
(San Gregorio Magno).
Questa è la realtà della nostra condizione umana. Questa è la verità che può avvicinarci alla nostra autentica riconciliazione con Dio e con gli uomini. Non si tratta di screditare l'autostima ma di penetrare nel più profondo dei nostri cuori e farci carico del mistero della sofferenza e del dolore che ci lega da secoli, da migliaia di anni, da sempre.
Questa è la realtà della nostra condizione umana. Questa è la verità che può avvicinarci alla nostra autentica riconciliazione con Dio e con gli uomini. Non si tratta di screditare l'autostima ma di penetrare nel più profondo dei nostri cuori e farci carico del mistero della sofferenza e del dolore che ci lega da secoli, da migliaia di anni, da sempre.
Strappate
i cuori affinché da quella fessura possiamo guardarci veramente.
Strappate
i cuori, aprite i cuori, perché solo in un cuore strappato e aperto
può entrare l'amore del Padre.
Strappate
i cuori, dice il profeta, e Paolo ci chiede «Lasciatevi riconciliare
con Dio». Cambiare il modo di vivere è segno e frutto del cuore
strappato e riconciliato da un amore che va oltre noi stessi.
Questo
è l'invito, di fronte alle tante ferite che ci danneggiano e che ci
possono portare alla
tentazione
di indurirci.
Strappate
il cuore per sentire l'eco delle tante vite lacerate e che
l'indifferenza non ci renda
insensibili.
Strappate
il cuore per poter amare con l'amore con il quale siamo amati,
consolare con la
consolazione
con la quale siamo consolati e condividere ciò che abbiamo ricevuto.
Questo
tempo liturgico non è solo per noi, ma anche per la trasformazione
della nostra famiglia, della nostra comunità, della nostra Chiesa,
della nostra Patria, del mondo intero. Sono quaranta giorni per
convertirci alla santità medesima di Dio; per convertirci in
collaboratori che ricevono la grazia e la possibilità di ricostruire
la vita umana, affinché l'uomo possa sperimentare la salvezza che
Cristo ci offrì con morte e resurrezione.
Con
preghiere e penitenza, ci disponiamo a iniziare come in passato il
Gesto quaresimale di solidarietà. Come Chiesa di Buenos Aires serve
che dai nostri cuori germogli la grazia e il gesto che dia sollievo
al dolore di tanti fratelli che camminano con noi.
«Nessun atto di virtù può essere grande se da questo non scaturisce un beneficio per il prossimo. Anche se passi la tua giornata a digiunare, anche se dormi sul duro pavimento e mangi cenere, e sospiri in continuazione, se non fai del bene agli altri, non fai niente di grande (San Giovanni Crisostomo).
«Nessun atto di virtù può essere grande se da questo non scaturisce un beneficio per il prossimo. Anche se passi la tua giornata a digiunare, anche se dormi sul duro pavimento e mangi cenere, e sospiri in continuazione, se non fai del bene agli altri, non fai niente di grande (San Giovanni Crisostomo).
Questo
anno di fede è l'opportunità che Dio ci regala per maturare
nell'incontro con il Signore, che si rende visibile nel viso
sofferente di tanti bambini senza futuro, nelle mani tremanti degli
anziani dimenticati e nelle ginocchia vacillanti delle tante famiglie
che continuano a far fronte alla vita senza trovare sostegno in
nessuno.
Vi
auguro una Santa Quaresima, penitenziale e feconda, e, per favore, vi
chiedo di pregare per me.
Che
Gesù vi benedica e la Madonna vi protegga.
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