di Rocco
Gumina
Recentemente il governatore siciliano Rosario Crocetta è stato al centro di
una polemica che lo ha riguardato circa i presunti “professionisti”
dell’antimafia. Una questione che in passato, come tutti sanno, ha visto come
protagonisti alcune fra le più grandi personalità, in ambito culturale e
intellettuale, che la Sicilia ha generato negli ultimi cinquant’anni. La
querelle che ha investito il fondatore del Megafono, può stimolare
indirettamente - come realtà dirimpettaia - una riflessione sui “semi-professionisti”
del fariseismo politico, che mi pare coinvolga sempre in maggior modo quel che
rimane dei partiti nazionali e anche quel che emerge dalla realtà locale. Dico
“semi-professionale” non per gettare discredito su qualcuno, ma a mo’ di
caratterizzazione di qualcosa: basti pensare al fatto che alcuni deputati al
parlamento si fanno chiamare cittadini, oppure all’orientamento di movimenti e
associazioni che si muovono in ambito locale, i quali scambiano con grande
facilità l’educazione civica con l’impegno politico–partitico per le sorti
della città. Insomma una sorta di “dilettantismo” dichiarato, che nasce non per
cattiva volontà, ne’ per ignoranza, ma perché non si riesce a calibrare bene la
posta in gioco del rinnovamento della politica. Tutto ciò non concerne singole
personalità, ma metodi sempre più diffusi. Metodi che di per sé sono buoni, ma
se utilizzati per finalità altre provocano un cortocircuito e pertanto
confusione.
Infatti ogni situazione di riforma del politico che interessi la condizione
generale del Paese o che riguardi solamente la realtà locale, prevede il fatto
che essa deve passare per un reale, e perciò ahinoi lento e faticoso, processo
di rinnovamento dei partiti. Essi, nonostante tutto quello ch’è avvenuto
dall’assemblea costituente in poi, sono gli unici interlocutori stabili per la
realizzazione di ciò che Dossetti già nel 1946 chiamava “metodo nuovo” rispetto
alla politica giolittiana. Cioè un sostanziale riferirsi da parte dei partiti
ai veri bisogni della gente, per rappresentarli e superarli se necessario. I
partiti nascono per questo. Il fatto che spesso questa identità sia stata
tradita non giustifica un giudizio basato su di una metrica farisaica della
purezza da parte di chi non accettando le regole della politica, cerca di
sfruttare al massimo l’impegno di stampo associativo, civico, educativo che
concorre alla costruzione del bene comune per altre vie rispetto alla
dimensione politico–partitica. Affermare che i compensi globali degli onorevoli
e di buona parte dei consiglieri regionali in Italia sia mostruosamente non in
linea con il decoro umano, politico e istituzionale, spetta al cittadino.
Assumersi delle responsabilità per far sì che ciò non avvenga più, compete al
rappresentante eletto, il quale risponde per specifica modalità politica alle
scelte effettuate, con regole e meccanismi tipici di questa parte importante
del corpo sociale.
Come ha sapientemente ricordato il Presidente della Repubblica Napolitano
all’indomani della sua rielezione al Colle davanti ai deputati e ai senatori,
la politica nella sua dimensione partitica prevede per proprio statuto accordi,
mediazioni, discussioni e ragionamenti i quali non significano giocoforza
“inciuci”, ma che investono in pieno quella che è l’arte della politica, per la
quale bisogna prepararsi bene prima di poter assumere responsabilità per conto
dei cittadini. Ad essa convengono tali termini perché manifestano ed esprimono
più vicinanza e sintonia con il contingente che è tipico in assoluto della
politica.
Pertanto il rinnovamento della politica probabilmente non arriverà da una
postura “semiprofessionale” di quanti ad ogni livello non operano con regole
politico–partitiche, ma desiderano avere gli stessi effetti di queste;
tantomeno arriverà da una falsa presunzione purista che ci rimanda a quei
depositari ed esecutori della legge di Dio, i farisei, che nel tentativo
ossessivo e frainteso di rispettarla non riconobbero nemmeno lontanamente nel
Cristo, pur atteso, colui che è la Legge. La nostra costituzione, costruita sapientemente
passo dopo passo e figlia di una svolta storica radicale come la seconda guerra
mondiale, specialmente nei primi dodici articoli, offre la tensione ideale
necessaria per ben operare in ogni frazione del corpo sociale. A chi vuole
cimentarsi nella politica spetta in questo nostro tempo un cammino che deve
prevedere pazienza e fatica, ma anche chiaro collocamento nell’orizzonte delle
regole della stessa politica. Essa avrebbe bisogno di un investimento
educativo, associativo e civico che prepari uomini e donne per gestire in
maniera più nobile e giusta la cosa pubblica. Tale spesa, però, deve rimanere
nel proprio ambito, pena la maggior confusione che non gioverebbe a nessuno.
Dare un colpo alla botte dei “semi-professionisti” del fariseismo politico,
non significa assolutamente escluderne uno per il cerchio dell’ormai perverso
professionismo della politica a tutti i livelli. Quest’ultima deriva porta alla
generazione di istanze di radicale cambiamento le quali però per evitare il
naufragio definitivo devono passare per la conduttura delle regole della
politica, altrimenti il “semi-professionismo farisaico” non fa altro che
giustificare ed alimentare il professionismo degenere dell’odierna
partitocrazia.
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