di Lorenzo Banducci
Anche
ieri sera si è consumato, durante la Direzione Nazionale del Partito Democratico, l’ennesimo momento di grossa difficoltà per questa forza politica.
Sembrerebbe
stabilita, almeno in apparenza, una data per le prossime primarie per la scelta
del segretario (24 novembre) ma ancora le regole non sono state definite e si è
rimandato tutto a una prossima assemblea nazionale (20-21 settembre).
Il
PD appare paralizzato, per certi aspetti anche in maniera comprensibile, dalla
situazione che si è venuta a creare con i compagni di governo del PdL e con il
loro leader Silvio Berlusconi. Condannato definitivamente, il Cavaliere, appare
destinato a un lungo e lento declino nel quale rischia di coinvolgere
terribilmente il suo partito, il governo e lo stesso PD.
Il
PD resta dunque lacerato dall’antico dilemma se essere un partito di lotta o di
governo. L’appoggio al governo Letta
sembra essere una scelta rispetto alla quale risulta molto difficile tirarsi indietro
vista l’importanza dell’iter di riforme nelle quali si inserito questo
esecutivo. Dall’altra parte però la pressione della base, che ha mal digerito l’alleanza
con Berlusconi, e un Renzi scalpitante per le primarie e timoroso di essere
messo in ombra dalla figura di Letta sembrano spingere una parte del PD a
togliere la spina al governo.
Ecco
che allora emergono due fronti ben distinti all’interno del partito. Fronti
pronti a sfidarsi per la leadership e per la segreteria, ma più in generale per
l’egemonia sul centro-sinistra del futuro.
Da
un lato abbiamo i rappresentati del vecchio apparato che avevano appoggiato e
sostenuto Bersani negli anni della sua segreteria e che, nascondendosi dietro
un candidato di facciata quale è Cuperlo, sembrano lanciare come unico
candidato di vero spessore per la guida del paese proprio l’attuale premier
Enrico Letta. Dall’altra abbiamo i rottamatori con varie casacche che appaiono
fare più o meno quadrato intorno a Matteo Renzi, il più preoccupato per l’andamento
dell’attuale governo con il rischio di vedere la sua figura risucchiata da
quella di Letta.
Si
profila dunque sullo sfondo del Partito Democratico uno scontro tutto in salsa
Democristiana fra Enrico Letta e Matteo Renzi. Due storie politiche e personali
sicuramente differenti ma provenienti da una cultura e da una tradizione
similare. A stupire chi osserva è sicuramente la superiore capacità che ha
avuto la classe dirigente di provenienza Democristiana di formare figure nuove
rispetto a quella ex Comunista. Una questione questa che potrebbe rappresentare finalmente la possibilità del superamento di un'usanza fin troppo ripetutasi all'interno del PD. Quella del superamento dei precedenti orientamenti politici
come unico motivo per riequilibrare le posizioni all’interno del partito.
Dalla
mia posizione di osservatore spero comunque che i due contendenti del futuro (o
del presente, a seconda degli sviluppi politici) possano trovare compattezza
nelle loro reciproche posizioni e condurre insieme il PD e il paese verso un
destino più roseo. Fra i due temo sicuramente di più la frenesia di Renzi e la
sua voglia di protagonismo. Se saprà mettere da parte questi suoi istinti il
sindaco di Firenze potrà portare un grande contributo al partito e all’Italia.
Auspico fra i due un duello fra idee distinte, ma spero anche che,
indipendentemente dagli esiti, il cammino prosegua a braccetto, in tandem. Per
rinnovare le persone e i pensieri del centro-sinistra servirà il contributo di
entrambe queste aree.
Commenti