di
Rocco Gumina
La recente intervista cha
Papa Francesco ha rilasciato alla celebre rivista gesuitica La Civiltà Cattolica, permette di
continuare un dibattito, più che altro giornalistico, mai tramontato circa le presunte
“aperture” o “chiusure” della Chiesa e dei suoi pontefici sui temi considerati
scottanti come l’omosessualità, l’aborto, i divorziati risposati ecc.
I media italiani hanno
interpretato le dichiarazioni di Bergoglio come un gesto di apertura su
questioni che nel passato anche prossimo avevano trovato la Chiesa e i suoi
rappresentanti in un clima di chiusura. Tutto ciò quanto corrisponde al vero?
Il mondo della comunicazione ricerca la trasmissione della verità o l’annuncio
superficiale in vista dell’audience?
Per provare a rispondere
anche parzialmente a tali quesiti occorre tentare di intendere bene, dopo
attenta lettura, quello che il vescovo di Roma in quest’ormai famosa intervista
ha voluto trasmettere.
A mio parere la chiave di
lettura del ragionamento del Papa è l’aver affermato che con il Concilio
Vaticano II si è realizzata una rilettura del Vangelo alla luce della cultura
contemporanea che ha permesso una riconciliazione tra Chiesa e modernità. Tutto
ciò per Bergoglio ha generato frutti enormi, che sembrano ben espressi nelle
parole rilasciate nell’intervista. Quello che ha desiderato proporre la Chiesa
con i documenti del Vaticano II, si veda anzitutto la costituzione pastorale
Gaudium et spes, è il desiderio di intendere il Dio concreto, il Signore della
storia che parla qui ed ora nel nostro tempo e nel nostro spazio. Infatti, per
Francesco, il Dio vivente va incontrato nell’oggi storico che è caratterizzato
da istanze, problemi e risorse peculiari e diverse rispetto al passato. Ciò
significa che la Chiesa e i credenti sono in uno stato di perenne riforma
dovuto al fatto di ascoltare la Parola di Dio in contesti sempre cangianti e
diversamente problematici.
Una riforma che per il Papa
deve partire dal basso, prima che dall’alto, ovvero dal comportamento da tenere
in quanto cristiani nella storia. Ciò manifesta tutta la provvisorietà e la caducità
della natura umana, intesa come creazione divina, ben espresse quando
nell’intervista del direttore del periodico dei gesuiti, Antonio Spadaro, il
Papa si definisce anzitutto come un peccatore che non ha una risposta a tutto,
ma come le grandi figure patriarcali dell’antica alleanza è in continua ricerca
e in perenne ascolto. Da ciò emerge non una fede “da laboratorio” pronta a dare
spiegazioni scientifiche circa l’esistenza e le peculiarità di Dio, bensì una
fede storica vissuta in un continua preghiera “memoriosa” degli uomini e
dell’oggi. Deriva anche la prospettiva della figura del cristiano che non ha
una sicurezza giuridica e disciplinare di sé, degli altri e del tempo, ma che
vive in un dialogo personale e comunitario con Dio aperto alla fiducia.
Pertanto si deduce che il credente, in quanto tale, vede e vive il mondo e la
storia con occhi nuovi, con prospettive radicalmente diverse: quelle che scaturiscono
dall’intendere tutto dal “punto di vista di Dio”.
Per il Papa, i mezzi
importanti che consentono di accogliere la Parola del Signore nell’oggi
storico, sono indubbiamente il discernimento e la capacità di dialogo con tutti
compresi gli avversari e i più lontani. In un mondo malato di velocità
finanziarie e internaute, il discernimento e il dialogo alla luce della Parola
ascoltata consentono cambiamenti radicali, cammini in controcorrente, pazienza
e saggezza. Discernimento e dialogo, poi, non sono mai individuali, bensì
devono esprimere un vissuto di popolo, il sentire con e per la Chiesa. Nessuno,
ricorda Francesco, si salva da solo. Tutti abbiamo bisogno l’un dell’altro e
per questo l’immagine della Chiesa come di un ospedale da campo dopo una battaglia
è utile e profetica nel nostro tempo. Poiché la comunità dei discepoli del
Maestro è chiamata ad accogliere, a comunicare la misericordia ascoltata e
vissuta nella Parola del Dio vivente, a concretizzare qui ed ora la vicinanza
estrema di Dio all’uomo e alla sua storia.
Ma il vescovo di Roma
delinea una Chiesa che non è impegnata solo ad accogliere, ma anche a proporre
tramite nuovi percorsi la prossimità del Dio misericordioso ad ogni uomo come
già ben espresso nell’antica alleanza quando il Dio di Abramo, di Isacco e di
Giacobbe si configura come il tutore delle vedove, degli orfani, dei lebbrosi.
Per questo la Chiesa modellata al Dio Trinità – Amore non può respingere
nessuno, ma è chiamata ad accogliere, a far prendere consapevolezza, a concedere capacità liberante agli uomini feriti, afflitti,
gravati dai propri rimorsi. Ecco perché il confessionale ridiventa luogo di
grazia per continuare o ricominciare il percorso di piena riscoperta di se
stessi, degli altri e della storia in Dio. Se ne deduce che questo non è un tribunale
da cui aspettarsi tremende sentenze di condanna, ma spazio di misericordia. Perciò
il Papa tratteggia una Chiesa che non può insistere quasi esclusivamente su
alcune questioni morali o legali, ma che invece è chiamata a concentrarsi
sull’essenziale che rivela anche la radicalità e la semplicità evangelica la
quale conduce alla conversione e dunque alla conseguenza del mutamento degli
atteggiamenti morali. In questo contesto per Bergoglio, la donna deve acquisire
sempre più un ruolo e una missione imprescindibile per la comunità. Ruolo e
missione che le sono proprie per via della sensibilità peculiare che possiede la
quale è da donare alla Chiesa.
Le parole del vescovo di
Roma pronunciate nella lunga intervista, sono nella totalità rispecchianti e
conseguenti la Parola di Dio e la Tradizione della Chiesa. Quest’ultime hanno
da sempre proposto al credente e alla comunità un perenne cambiamento, uno
stato di continua riforma, di ardente attesa e ricerca. Ciò è dovuto al fatto
che la Parola rivolta al Signore qui e ora conduce a mutamenti progressivi.
Francesco ci presenta il Dio vivente della Scrittura. Il Signore che non è
fermo e immutabile nella sua potenza, ma che è prossimo alla storia, all’uomo e
alla sua creazione. Pertanto il Papa ha affermato sconcertanti novità e
aperture? Sì, certo! Egli ci ha ricordato, come già il Concilio Vaticano II,
che la nostra vita è una perenne novità e apertura al Dio vivente che guida il
suo popolo. Quindi ancora una volta egli si configura come un intuitivo
ermeneuta del Vaticano II, ovvero della Tradizione della comunità credente
fatta di continuità e discontinuità per via del desiderio vitale di rispondere
al quesito esistenziale postogli dal Signore.
Commenti