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Migranti: stranieri anche per la Chiesa?

di Luciano Grandi


La parola migrazione raccoglie un fenomeno che interessa 214 milioni di persone, che si spostano per varie cause: il 50% di quelle persone fugge da una situazione economica e sociale drammatica (mancanza di cibo, difficoltà di accesso all'acqua potabile), mentre l'altra metà cerca riparo dalle 22 guerre in atto o dai ricorrenti disastri ambientali (alluvioni, terremoti) che interessano Asia e Africa. I migranti presenti nel nostro paese hanno raggiunto la cifra di 5 milioni, in rappresentanza di 194 nazionalità. Al loro interno vi sono 2,9 milioni di cristiani.


RISORSE STRANIERE
A partire da questi dati mons. Giancarlo Perego, direttore generale della Fondazione Migrantes, invitato dall'arcidiocesi di Modena-Nonantola ad un incontro svoltosi il 6 febbraio, ha delineato con chiarezza non soltanto la complessità del fenomeno, ma soprattutto quali azioni sono auspicabili per costruire una pastorale dedicata a questo fenomeno, che non è più un'emergenza ma un dato consolidato destinato ad aumentare.
Soltanto nel nostro paese, che per la collocazione geografica è quello che ha la maggiore pressione migratoria al mondo, sono attesi entro il 2030 dai 10 ai 12 milioni di stranieri.
La crisi economica non ha fermato l'immigrazione, dato che nel 2010 sono arrivate 335.000 persone, non soltanto per cercare lavoro. In quella cifra si devono, infatti, contare 100.000 arrivi per ricongiungimenti familiari e le nuove nascite che sono ormai il 13% di tutte le nascite che avvengono in Italia. Bisogna, infatti, considerare che le donne straniere sono mediamente molto giovani e hanno un tasso di fecondità di 2,4 figli. Altro elemento importante è la presenza di un milione di giovani con meno di 18 anni, 650 mila dei quali nati in Italia, ma ancora considerati stranieri: il problema della cittadinanza si pone quindi con forza e richiede un cambiamento della legge attuale.
Il quadro legislativo è carente per quanto riguarda i casi dei richiedenti asilo, che sono arrivati non per cercare un lavoro, ma per fuggire da paesi che li perseguitano per motivi politici o religiosi. L'Italia, unico caso in Europa, non ha ancora una legge che disciplini la richiesta di asilo ed è per questo motivo che i richiedenti asilo preferiscono trasferirsi in paesi che accolgano i loro casi (come si è verificato per la grande maggioranza dei 60 mila sbarcati in Italia a seguito della guerra in Libia).
I dati economici dimostrano che i migranti sono una risorsa, non soltanto per il contributo lavorativo (essenziale in alcuni settori come quello agricolo, quello delle costruzioni e quello dei servizi alle persone), ma anche e soprattutto per il saldo tra entrate e uscite: si calcola, infatti, che le casse dello stato ricevono dagli stranieri 12 miliardi di euro, mentre il loro costo è pari a 11 miliardi di euro. Inoltre, i contributi pensionistici versati all’Inps sono pari a 7,5 miliardi di euro che consentono di pagare una buona parte delle pensioni degli italiani. A questo dato bisogna aggiungere quello delle rimesse che gli stranieri inviano alle proprie famiglie (6,5 miliardi di euro), realizzando nei fatti quello che la cooperazione internazionale non riesce a fare con i suoi 200 milioni destinati per la metà alla costruzione di infrastrutture (strade, ferrovie) che servono soprattutto alle imprese locali e multinazionali.

NON SOLO MUSULMANI
Per una cattiva e miope gestione del fenomeno migratorio da parte dei mezzi di informazione (che hanno accettato la visione ideologica di alcuni partiti e che nell'80% degli articoli loro dedicati associano gli stranieri alla delinquenza), gli stranieri sono stati trattati soltanto come un pericolo alla nostra sicurezza e come un blocco indistinto di terroristi islamici. Guardando con attenzione la composizione religiosa degli stranieri, si scopre invece che, mentre i musulmani sono 1.300.000 (dati del 2010), un milione sono i cattolici, gli ortodossi sono 1,3 milioni, 200 mila gli appartenenti alle chiese riformate e 700 mila quelli dichiarano dì non avere alcuna appartenenza religiosa. Si tratta quindi di un popolo che esprime una varietà che inizia ad entrare in profondità nella nostra esperienza (250.000 sono le coppie miste) e con il quale bisogna costruire un dialogo, anche religioso, a partire dalle scuole.
Occorre approfondire senza vincoli ideologici la realtà della migrazione, perché senza conoscenza - ha avvertito mons. Perego – siamo portati ad agire in modo incerto e senza sbocchi. La pastorale dedicata ai migranti deve quindi iniziare con una corretta conoscenza del fenomeno.
In secondo luogo, bisogna, grazie alla conoscenza, superare la paura che caratterizza anche i componenti dei consigli pastorali (nella misura di 7 su 10 stando alle inchieste svolte). Dato che l'85% delle coppie miste non ha fatto nessuna celebrazione (religiosa o civile), diventa importante valutare in modo nuovo la visita alle famiglie, intercettando queste nuove famiglie che non si sono riconosciute nei luoghi istituzionali tradizionali e, allo stesso tempo, dimostrando che le comunità parrocchiali possono essere un'occasione di incontro.

UNA PASTORALE ECUMENICA
Un terzo elemento per la pastorale riguarda il discorso ecumenico, considerando il grande numero di stranieri (pensiamo alle 800.000 badanti) che proviene dall'Est Europa. Occorrono strumenti nuovi per favorire forme di preghiere comuni con persone che sono ormai presenze stabili e intime nella vita di tanti anziani. La famiglia diventa un luogo dove applicare un ecumenismo dal basso, quotidiano.
Un altro elemento per una pastorale dei migranti riguarda il milione di minori presenti in Italia, tanti dei quali sono  presenza caratterizzante le scuole e la frequenza (56% del totale) dell'ora di religione. Il loro peso percentuale crescente può costituire una grande opportunità per gli insegnanti di religione che vogliano utilizzare le loro lezioni per una buona pratica di incontro e di dialogo. Lo stesso invito riguarda il discorso catechistico che si allarga anche agli adulti (l'80% dei nuovi cattolici).
Infine, la pastorale dei migranti deve coniugarsi con il tema della promozione umana e con la pastorale sociale, familiare ed educativa. Bisogna interessarsi alle condizioni di lavoro degli immigrati, alla tutela dei loro diritti che vengono troppo facilmente negati (paghe inferiori a quelle degli italiani, mancanza di sicurezza, orari di lavoro massacranti). È importante poi vigilare e premere affinché i ricongiungimenti familiari vengano facilitati: il nucleo familiare diventa fattore di stabilità, integrazione, crescita educativa. Analogo impegno deve riguardare i richiedenti asilo che, generalmente, sono portatori di idee e valori di giustizia e possono diventare un ponte per la costruzione di società che vogliono imboccare la strada verso la democrazia e la tolleranza.

Appare evidente - ha concluso mons. Perego - che occorre una pastorale dei migranti nuova, integrata con altre pastorali, che abbia il coraggio della fantasia e la forza per aprire gli occhi dei credenti davanti ad una umanità che chiede accoglienza.

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