La
recente rottura “a caldo” della fusione “a freddo” avvenuta
nelle scorse politiche tra l’Unione di Centro guidata
dall’evergreen Casini, buono per ogni stagione, e Mario Monti
tecnico prestato alla politica per redimerla ma che adesso cerca
espiazione da essa, ci può dare l’assist per l’avvio di una
riflessione circa il destino attuale e futuro di quello che una volta
veniva largamente inteso come “cattolicesimo democratico”.
Infatti, nel contenitore UDC – Scelta Civica ormai scoppiato da più
parti, vari sono stati i protagonisti da Olivero a Riccardi, da
Buttiglione alla Binetti che in un modo o nell’altro si possono
accostare - con le dovute differenze e qualità - alla storia
politica cattolico - democratica. Questa - dai pionieri Murri e
Toniolo, ai costituenti Dossetti e De Gasperi passando per Sturzo, La
Pira, Lazzati, Fanfani e Moro - ha rappresentato per l’intera
nazione italiana una risorsa in termini di progetti, di idee, di
visione del mondo e di rappresentanza sociale e politica che ha
grandemente contribuito a configurare la nostra democrazia così come
viene espressa nel dettato costituzionale. Dopo lo scioglimento della
DC e i vari tentativi fallimentari, lungo gli anni successivi, di
riproposizione di una forza almeno d’ispirazione cattolico -
democratica è giunto ormai il tempo di fare un bilancio in vista di
una nuova ri – esistenza per quanti si sentano eredi di tale
illustre storia politica.
Se
il Partito Democratico ha al suo interno un gruppo legato a tale
cultura, esso non appare né può essere predominante rispetto ad una
corrente maggioritaria massimalista, e ormai con Renzi e Civati anche
populista, che la fa da padrone; Il Popolo della Libertà (ormai ex
in vista della rinascita di Forza Italia, manco fosse il Partito
Popolare che Martinazzoli ripropose allo scioglimento della DC per
testimoniare la continuità con un’ideale politico) non se la passa
molto bene. Infatti, se il PD pur oligarchico riesce a garantire un
minimum di relazionalità ed essenza partitica, nel PDL invece, ex
socialisti e comunisti, cattolici democratici e tradizionalisti, ex
modelle ed ex uomini e donne dello spettacolo, al richiamo del capo
non possono che rispondere presente nonostante le proprie convinzioni
politiche coltivate, magari seriamente, in coscienza.
Il
Concilio Vaticano II ha sancito finalmente in una prospettiva
magisteriale quanto da decenni già affermava il filosofo di punta
del personalismo cristiano, Jacques Maritain, il quale fu
l’ispiratore del gruppo dei professorini alla costituente. Ovvero,
i cattolici impegnati in politica possono e debbono avere diversi
orientamenti e collocazioni partitiche, poiché su tematiche legate
all’economia e allo sviluppo della società non ci possono essere
verità di fede infallibili calate dall’alto. Se tale dato oggi
appare più che consolidato, non lo è altrettanto la
caratterizzazione politica di questo in termini di influenza positiva
e visibilità dei cattolici in politica. Essi, soprattutto durante le
campagne elettorali a vario livello, vengono presi e strattonati a
destra e manca come totem in rappresentanza di un mondo il quale
difficilmente riusciranno a rappresentare perché schiacciati
pesantemente da altre concezioni e/o correnti del “fare”
politica. I cattolici in politica non possono ritrovare l’unità
solo sui temi etici circa l’inizio e il fine vita, ma devono
ripensarsi, riformarsi e riconsiderarsi a partire da una visione
propositiva della società e non più solamente reazionaria. La
Chiesa cattolica in qualità di comunità convocata dallo Spirito e
organizzata in maniera comunionale – gerarchica, ha in tutto questo
alcune responsabilità. Poiché se il mondo associativo cattolico,
pur nel variare della consistenza e della struttura, rimane in Italia
un importante riferimento, non lo sono altrettanto i cattolici in
politica i quali formati nelle comunità ecclesiali di provenienza
con singola maturità personale sono chiamati a spendere i propri
talenti nell’agone partitico – politico. Ci si è mossi
abbastanza come comunità per alimentare esistenze “vocazionali”
da investire in modalità personale in politica? Oltre alle Scuole di
formazione socio – politica diffusissime all’inizio degli anni
’90, si è pensato a orientare la catechesi e l’intera formazione
parrocchiale e dei movimenti ecclesiali alla dimensione politica?
Forse
con tutta umiltà i cattolici italiani nel loro insieme sono chiamati
a denunciare le loro mancanze circa il tema in discussione. Forse per
tale motivo è arrivato il tempo, per dirla con Dossetti, di un
purgatorio per i cattolici italiani impegnati in politica in grado di
far ripensare alla grandezza di tale investimento – missione, che i
cristiani fanno sempre con proprie personali responsabilità e mai
come inviati dalla gerarchia. Un tempo di purgatorio nel quale
riconsiderare le proprie forze e convinzioni a disposizione in vista
di una ri – esistenza sui principi cattolico – democratici. Un
tempo in cui la visibilità e la gestione del potere rimanente deve
cedere il passo ad una formazione silenziosa, vera e profonda in
grado di ristrutturare e pertanto ripensare una presenza di cui
l’Italia ha fortemente bisogno. Nessuno degli attuali partiti che
calcano la scena politica, sembra sia in grado di poter dar posto ad
una tipologia di azione di questo tipo anche solo di sponda. I
cattolici, come in altri tempi della storia recente italiana, sono
così chiamati a percorrere una notte che è veramente tale e non
solo in apparenza. In passato si è riusciti a percorrerla con nuove
idee, coraggio, collaborazione e forza vitale propositiva. Se ciò si
ripeterà dipende solo dalla generazione presente.
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