Passa ai contenuti principali

Il parroco voltairiano


ARISTONE
Ebbene, caro Teotimo, state per diventare parroco di campagna?
TEOTIMO
Sì , m'han dato una piccola parrocchia, e io la preferisco a una grande. Non ho che una porzione limitata d'intelligenza e attività; non potrei certo dirigere settantamila anime, dato che io ne ho una sola. Ho sempre ammirato la fiducia di coloro che si caricano sulle spalle immensi distretti; quanto a me non mi sento capace di una tale amministrazione; un gregge numeroso mi spaventa, mentre potrò fare un po' di bene a uno piccolo. Ho studiato giurisprudenza abbastanza da impedire, fin tanto che lo potrò, che i miei poveri parrocchiani si rovinino con i processi. So quel che basta di medicina da indicare loro i rimedi più semplici quando saranno ammalati. Conosco abbastanza l'agricoltura per poter dare loro, qualche volta, utili consigli. Il signore del luogo e sua moglie, gente onesta, nient'affatto bigotta, mi aiuteranno a fare del bene. Mi lusingo di riuscire a vivere abbastanza felice, e che gli altri non si trovino male con me.

ARISTONE
Non vi addolora il fatto di non avere moglie? Sarebbe una grande consolazione; sarebbe dolce, dopo avere predicato, cantato, confessato, comunicato, battezzato, seppellito, trovare a casa una donna gentile, piacevole e onesta, che si prendesse cura della vostra biancheria, e della vostra persona, che vi tenesse allegro quando state bene e vi curasse quando siete ammalato, che vi desse dei graziosi bambini, la cui buona educazione sarebbe utile allo Stato. Vi compiango, voi che servite gli uomini, d'essere privato di una consolazione così necessaria agli uomini:
TEOTIMO
La Chiesa greca si preoccupa d'incoraggiare i parroci al matrimonio; la Chiesa anglicana e quelle protestanti hanno la medesima saggezza; la Chiesa latina ha una saggezza contraria: bisogna che io mi sottometta. Forse oggi che lo spirito filosofico ha compiuto tanti progressi, un concilio farebbe leggi più favorevoli all'umanità di quelle del concilio di Trento. Ma, nell'attesa, io devo conformarmi alle leggi vigenti. Mi costa molto, lo so; ma tanti che valevano più di me si sono sottomessi, e non sarò certo io a mormorare.
ARISTONE
Voi siete istruito e sapete parlare con saggia eloquenza. Come pensate di predicare a gente di campagna?
TEOTIMO
Come predicherei davanti ai re. Parlerò sempre di morale, mai di controversie religiose. Dio mi guardi dall'approfondire la grazia concomitante, la grazia efficace, alla quale si resiste, la grazia sufficiente, che non è sufficiente; dall'esaminare se gli angeli che mangiarono con Abramo e con Loth avevano un corpo o se fecero finta di mangiare. Ci sono mille cose che il mio auditorio non capirebbe, e io neppure. Cercherò di formare uomini dabbene, e d'essere tale anch'io; ma non ne farò dei teologi, e io stesso lo sarò meno che potrò.
ARISTONE
Che buon curato! Voglio comperare una casa di campagna nella vostra parrocchia. Ditemi, vi prego, come vi comporterete nella confessione.
TEOTIMO
La confessione è una cosa eccellente, un freno ai delitti, inventato nell'età più remota; la celebrazione di tutti gli antichi misteri comprendeva la confessione; noi abbiamo imitato e santificato questa saggia pratica. Essa è ottima per predisporre i cuori ulcerati dall'odio a perdonare, e per indurre i ladruncoli a restituire quanto possono aver rubato al loro prossimo. Ha però diversi inconvenienti. Ci sono molti confessori indiscreti, soprattutto fra i monaci, che insegnano talvolta alle ragazze più stupidaggini di quante potrebbero indurle a fare tutti i giovanotti di un villaggio.
Niente particolari, nella confessione: non è un interrogatorio giudiziario, ma la confessione delle proprie colpe che un peccatore rende all'Essere supremo nelle mani di un altro peccatore, che poi si confesserà a sua volta. Questa confessione salutare non è fatta per soddisfare la curiosità di un altro uomo.
ARISTONE
E di scomuniche, ne farete uso?
TEOTIMO
No. In certi rituali si scomunicano le cavallette, gli stregoni e i commedianti: io non proibirò alle cavallette d'entrare in chiesa, dato che esse non ci entrano mai; non scomunicherò gli stregoni, perché non esiste nessuno stregone; e, riguardo ai commedianti, siccome sono pensionati dal re e autorizzati dal magistrato, mi guarderò bene dal diffamarli. Vi confesserò anzi, in tutta confidenza, che mi piacciono le commedie, quando non offendono i costumi. Mi piacciono molto Il misantropo, Atalia e altri drammi che mi sembrano scuole di virtù e di buone maniere. Il signore del mio villaggio fa rappresentare nel suo castello di queste commedie da giovani di talento: queste rappresentazioni ispirano la virtù attraverso il piacere; formano il gusto; insegnano a parlare e a pronunziar bene. Le reputo un piacere innocentissimo e utilissimo; mi riprometto di assistere anch'io a questi spettacoli per mia istruzione, ma in un palchetto munito di una grata, per non scandalizzare gli spiriti deboli.
ARISTONE
Più mi scoprite i vostri sentimenti, e più desidero diventare vostro parrocchiano. Ma c'è un punto molto importante che mi preoccupa. Come farete per impedire ai contadini di ubriacarsi nei giorni di festa? È il loro antico modo di celebrarli.
Vedete gli uni, oppressi da un liquido veleno, la testa penzoloni sui ginocchi, le braccia cascanti, ridotti a non vedere né capire più niente, in uno stato molto inferiore a quello dei bruti, riportati a casa vacillanti dalle mogli disperate, incapaci di lavorare il giorno dopo, spesso malati e abbruttiti per il resto della loro vita. Ne vedete altri diventati furiosi per il vino bevuto, suscitare liti cruente, picchiare ed essere picchiati; e qualche volta, queste scene orribili che sono la vergogna del genere umano, eccole esplodere in un delitto. Bisogna confessarlo: lo Stato perde più sudditi nei giorni di festa che in guerra. Come riuscirete a far diminuire nella vostra parrocchia un abuso così esecrabile?
TEOTIMO
Ho già deciso: permetterò, anzi li inciterò a coltivare i loro campi anche nei giorni di festa, dopo il servizio divino, che celebrerò di primo mattino. È l'ozio della festa che li spinge all'osteria. I giorni di lavoro non sono mai giorni di disordini e di omicidi. Il lavoro moderato contribuisce alla salute del corpo e a quella dell'anima; per di più questo lavoro è necessario allo Stato. Supponiamo cinque milioni di uomini che ogni giorno producono, in media, per dieci soldi, e questo calcolo è molto modesto; rendete questi cinque milioni di uomini inutili trenta giorni all'anno: fa trenta 32 volte cinque milioni di monete da dieci soldi che lo Stato perde in manodopera. Ora, certamente Dio non ha mai ordinato né questa perdita né l'ubriachezza.
ARISTONE
Così concilierete le preghiere e il lavoro; Dio ordina l'una e l'altro. Così servirete Dio e il Prossimo. Ma nelle dispute ecclesiastiche, quale partito prenderete?
TEOTIMO
Nessuno. Non si discute mai sulla virtù, perché essa viene da Dio; si disputa su opinioni, che vengono dagli uomini.
ARISTONE
Che buon curato. Che buon curato

Dizionario filosofico,Voltaire

Commenti

Post popolari in questo blog

Curzio Nitoglia, un cattivo maestro

di Andrea Virga Questo articolo, come quello su Don Gallo 1 , non avrebbe reale ragione d’essere. Anche qui, le gravi affermazioni dottrinali del sacerdote in questione non meriterebbero più d’uno sberleffo, vista la loro palese incompatibilità con la retta dottrina. E tuttavia, anche qui è il caso di un prete consacrato – e stavolta tuttora vivente – che attira proseliti, specie fra i giovani, grazie alle sue opinioni estremiste ed ereticali, con il risultato di diffondere in lungo e in largo i suoi errori. Per questo, ritengo che sia il caso di dedicare una mezz’oretta a mettere in guardia i meno provveduti, che magari preferiscono internet ad un buon padre spirituale, rispetto a questo personaggio: Don Curzio Nitoglia. Il paragone con Don Gallo, però, non riesca troppo offensivo al defunto sacerdote genovese, che aveva almeno il merito di essere molto attivo in ambito sociale e di non aver mai lasciato la Chiesa (cosa non troppo difficile, visto il permissivismo dei suoi super

Il noviziato Agesci: tempo e idea tra scoutismo e Chiesa

C’è un momento strano nel cammino scout Agesci ed è quello del noviziato: sì, il nome riprende proprio il linguaggio monastico; sì, l’ispirazione è proprio quella; sì, è un periodo di introduzione e studio.  Si tratta del primo momento nella branca rover e scolte, i più grandi nel nostro scoutismo: dura un anno. Di noviziato in Agesci si parla  –  e si sparla  –  in continuazione, non c’è un tema altrettanto trattato e maltrattato, anche nella prassi.È speciale e irrinunciabile e può essere una fonte di riflessione importante anche al di fuori dell’associazione. Cercherò ora di dare a questa riflessione un taglio ecclesiale, per plasmare un avvio di confronto su temi scoutisticamente ed ecclesialmente poco trattati. Il noviziato è un tempo e come tutti i tempi è prezioso. Lo è il nostro, figuriamoci quello dei ragazzi. Con un po’ di ironia, potremmo dire che l’importanza del tempo l’ha capita anche il Papa: in Evangelii Gaudium Francesco scrive che «il tempo è superiore allo

Lettera a frate Raimondo da Capua: l'esecuzione di un condannato a morte

È una lettera al frate che fu direttore spirituale di Caterina e che poi divenne suo seguace. Vi si racconta in modo appassionato e sconvolgente l’assistenza a un condannato a morte, Nicolò di Toldo,giustiziato a Siena per aver partecipato a un movimento di rivolta nel 1375 circa. Il condannato, travolto dall’entusiasmo mistico di Caterina, finisce con l’accettare con letizia la morte come momento di congiunzione – anzi, di nozze – con la divinità. Il consueto motivo devoto del sangue di Cristo si fonde qui con quello del sangue della decapitazione. Il sangue del giustiziato alla fine si riversa sul corpo della santa: nella fusione del sangue di Nicolò con quello di Caterina e con quello di Gesù si realizza l’unità mistica dell’uomo con Dio. Al nome di Gesù Cristo crucifisso e di Maria dolce. A voi, dilettissimo e carissimo padre e figliulo mio caro in Cristo Gesù. Io Caterina, serva e schiava de' servi di Dio, scrivo a voi e racomandomivi nel pretioso sangue del Figliuolo di