Passa ai contenuti principali

Che cos'è la teologia per Tommaso



La teologia è una scienza che trae i propri principi dalla scienza di Dio e dei beati

La dottrina sacra è una scienza. Bisogna però sapere che vi è un doppio genere di scienze. Alcune infatti procedono da princìpi noti attraverso il lume naturale dell‘intelletto, come l‘aritmetica e la geometria, altre invece procedono da princìpi conosciuti alla luce di una scienza superiore: p. es. la prospettiva si basa su princìpi di geometria e la musica su princìpi di aritmetica. E in questo modo la dottrina sacra è una scienza: in quanto poggia su princìpi conosciuti alla luce di una scienza superiore, cioè della scienza di Dio e dei beati. Come quindi la musica ammette i princìpi che le fornisce la matematica, così la dottrina sacra accetta i princìpi rivelati da Dio.


La teologia si occupa di tutte le cose che possono essere rivelate da Dio

La dottrina sacra è un‘unica scienza. Infatti l‘unità della potenza e dell‘abito deve essere desunta in relazione all‘oggetto non preso nella sua materialità, ma sotto l‘aspetto formale di oggetto: così, p. es., l‘uomo, l‘asino e la pietra convengono nella medesima ragione formale di colorato, oggetto [formale unico] della vista. Siccome dunque la Scrittura o dottrina sacra considera alcune cose precisamente in quanto sono rivelate da Dio, come si è detto , tutte le cose che possono essere rivelate da Dio convengono per l‘oggetto formale che è proprio di questa scienza. Quindi rientrano sotto la dottrina sacra come sotto una scienza unica.


La teologia è più speculativa che pratica

Abbiamo già detto che la dottrina sacra, pur essendo una, si estende agli oggetti delle varie scienze filosofiche a motivo della ragione formale, o aspetto speciale, sotto cui li riguarda, cioè in quanto conoscibili mediante il lume divino. Per questo, sebbene tra le scienze filosofiche vi sia distinzione fra quelle speculative e quelle pratiche, tuttavia la dottrina sacra comprende sotto di sé i due aspetti: come anche Dio con la medesima scienza conosce se stesso e le sue opere. Tuttavia è più speculativa che pratica, poiché si occupa più delle cose divine che degli atti umani, dei quali tratta solo in quanto attraverso di essi l‘uomo è ordinato alla perfetta conoscenza di Dio, nella quale consiste la beatitudine eterna.

La teologia è superiore a tutte le scienze

Questa scienza, essendo parimenti speculativa e pratica, sorpassa tutte le altre, sia speculative che pratiche. Infatti fra le scienze speculative una è più degna dell‘altra sia per la certezza, sia per l‘eccellenza della materia. Ora, questa scienza per tutti e due i motivi eccelle tra le speculative. Quanto alla certezza, poiché mentre le altre scienze la derivano dal lume naturale della ragione umana che può errare, essa la trae dal lume della scienza di Dio, che non può ingannarsi. Parimenti le supera per la dignità della materia, poiché si occupa prevalentemente di cose che per la loro sublimità trascendono la ragione, mentre le altre discipline trattano di cose accessibili alla ragione. Tra le discipline pratiche poi è superiore quella che è ordinata a un fine più remoto, come la politica è superiore alla scienza o arte militare, poiché il bene dell‘esercito è destinato a procurare il bene dello Stato. Ora, il fine di questa scienza, in quanto è scienza pratica, è l‘eterna beatitudine, alla quale sono diretti i fini di tutte le scienze pratiche. Per cui sotto ogni aspetto si fa palese la sua superiorità.

La teologia è sapienza

Questa dottrina, fra tutte le sapienze umane, è sapienza in sommo grado, e non già in un solo genere, ma in modo assoluto. Siccome infatti spetta al sapiente ordinare e giudicare, e d‘altra parte si giudicano le cose ricorrendo alle loro cause superiori, sarà sapiente in un dato genere colui che considera le cause supreme di quel genere. Come in fatto di edifici colui che dà il disegno della casa è il sapiente, e prende il nome di architetto in confronto agli operai sottoposti, che piallano il legname e preparano le pietre. Per cui S. Paolo [1 Cor 3, 10] dice: «Come sapiente architetto ho posto il fondamento». Parimenti, rispetto al complesso della vita umana, sapiente è l‘uomo prudente che indirizza tutti gli atti umani al debito fine. Da cui il detto [Pr 10, 23 Vg]: «La sapienza è prudenza per l‘uomo». Colui dunque che considera la causa suprema dell‘universo, che è Dio, è il sapiente per eccellenza: per cui, al dire di S. Agostino [De Trin. 12, 14], la sapienza è conoscenza delle realtà divine. La dottrina sacra poi si occupa in modo sommamente proprio di Dio in quanto causa suprema, poiché non si limita a quanto se ne può conoscere attraverso le creature (cosa che hanno fatto anche i filosofi, come dice l‘Apostolo [Rm 1, 19]: «Ciò che di Dio si può conoscere è loro manifesto»), ma si estende anche a ciò che di se stesso egli solo conosce, e ad altri viene comunicato per rivelazione.

In teologia tutto viene trattato sotto il punto di vista di Dio

Dio è il soggetto di questa scienza. Esiste infatti fra il soggetto e la scienza il medesimo rapporto che passa tra l‘oggetto e la facoltà o l‘abito. Ora, l‘oggetto proprio di una facoltà o di un abito è ciò che fa rientrare ogni altro oggetto sotto quella facoltà o quell‘abito: come l‘uomo e la pietra dicono relazione alla vista in quanto colorati, motivo per cui il colorato è l‘oggetto proprio della vista. Ora, nella dottrina sacra tutto viene trattato sotto il punto di vista di Dio: o perché è Dio stesso, o perché dice ordine a lui come a principio e fine. È chiaro dunque che Dio è il soggetto della dottrina sacra. — E ciò risulta evidente anche considerando i princìpi di questa scienza, che sono gli articoli della fede, la quale riguarda Dio: identico infatti è il soggetto dei princìpi e dell‘intera scienza, essendo tutta la scienza virtualmente contenuta nei princìpi. Altri tuttavia, guardando più agli argomenti trattati da questa scienza che al punto di vista sotto il quale vengono considerati, ne hanno assegnato diversamente il soggetto: chi le cose e i segni, chi le opere della redenzione, chi il Cristo totale, cioè il Capo e le membra. Di tutte queste cose infatti tratta la dottrina sacra, ma in quanto dicono ordine a Dio.

Di fronte all'incredulo la teologia non può portare argomenti a favore degli articoli di fede ma si limita a respingere le obiezioni

Come le scienze profane non devono dimostrare i loro princìpi, ma dai loro princìpi argomentano per dimostrare altre tesi, così la dottrina sacra non dimostra i suoi princìpi, che sono gli articoli di fede, ma da essi procede alla dimostrazione di qualche altra cosa, come fa l‘Apostolo [1 Cor 15, 12], che dalla risurrezione di Cristo prova la risurrezione di tutti. Tuttavia è da considerarsi che nelle scienze filosofiche le inferiori non solo non provano i loro princìpi, ma nemmeno discutono contro chi li nega, delegando questo compito a una scienza superiore; la scienza suprema invece, cioè la metafisica, discute con chi nega i suoi princìpi se l‘avversario ammette qualcosa; se invece non ammette nulla non può discutere con lui, ma può solo risolvere le sue argomentazioni. Ora, la dottrina sacra non ha un‘altra scienza al disopra di sé, per cui essa disputa contro chi nega i suoi princìpi argomentando rigorosamente [solo] se l‘avversario ammette qualche verità della rivelazione — come quando ricorrendo all‘autorità della dottrina sacra disputiamo con gli eretici, o quando basandoci su un articolo ammesso combattiamo contro chi ne nega qualche altro —. Se invece l‘avversario non crede nulla di ciò che è rivelato da Dio, allora la scienza sacra non ha più modo di portare argomenti a favore degli articoli di fede, e non le resta che controbattere le ragioni che le si possono opporre. È chiaro infatti che, fondandosi la fede sulla verità infallibile, ed essendo impossibile dimostrare il contrario di una cosa vera, le prove che vengono portate contro la fede non sono delle vere dimostrazioni, ma degli argomenti risolvibili.

Tommaso D'Aquino,Summa theologiae

Commenti

Post popolari in questo blog

Curzio Nitoglia, un cattivo maestro

di Andrea Virga Questo articolo, come quello su Don Gallo 1 , non avrebbe reale ragione d’essere. Anche qui, le gravi affermazioni dottrinali del sacerdote in questione non meriterebbero più d’uno sberleffo, vista la loro palese incompatibilità con la retta dottrina. E tuttavia, anche qui è il caso di un prete consacrato – e stavolta tuttora vivente – che attira proseliti, specie fra i giovani, grazie alle sue opinioni estremiste ed ereticali, con il risultato di diffondere in lungo e in largo i suoi errori. Per questo, ritengo che sia il caso di dedicare una mezz’oretta a mettere in guardia i meno provveduti, che magari preferiscono internet ad un buon padre spirituale, rispetto a questo personaggio: Don Curzio Nitoglia. Il paragone con Don Gallo, però, non riesca troppo offensivo al defunto sacerdote genovese, che aveva almeno il merito di essere molto attivo in ambito sociale e di non aver mai lasciato la Chiesa (cosa non troppo difficile, visto il permissivismo dei suoi super...

Il noviziato Agesci: tempo e idea tra scoutismo e Chiesa

C’è un momento strano nel cammino scout Agesci ed è quello del noviziato: sì, il nome riprende proprio il linguaggio monastico; sì, l’ispirazione è proprio quella; sì, è un periodo di introduzione e studio.  Si tratta del primo momento nella branca rover e scolte, i più grandi nel nostro scoutismo: dura un anno. Di noviziato in Agesci si parla  –  e si sparla  –  in continuazione, non c’è un tema altrettanto trattato e maltrattato, anche nella prassi.È speciale e irrinunciabile e può essere una fonte di riflessione importante anche al di fuori dell’associazione. Cercherò ora di dare a questa riflessione un taglio ecclesiale, per plasmare un avvio di confronto su temi scoutisticamente ed ecclesialmente poco trattati. Il noviziato è un tempo e come tutti i tempi è prezioso. Lo è il nostro, figuriamoci quello dei ragazzi. Con un po’ di ironia, potremmo dire che l’importanza del tempo l’ha capita anche il Papa: in Evangelii Gaudium Francesco scrive che «i...

Commento al Vangelo 25 novembre 2018 - Cristo Re: Gv 18,33-37

Il quarto vangelo coglie l’occasione del colloquio tra Gesù e Pilato - che nessuno probabilmente udì - per coinvolgerci in un confronto sulla regalità di Cristo. Da un lato, la prospettiva imperiale: il “re dei giudei” crea problemi politici. Ma il pericoloso rivoluzionario è proprio quell’uomo consegnatogli dai giudei? Il governatore Pilato, che giudeo non vuol essere, ne dubita: «Tu, indifeso persino dai tuoi amici, proprio tu saresti il re dei giudei? Cosa avresti fatto? Ci sono davvero delle prove credibili contro di te?». Non ci crede. Gesù, insomma, non gli pare affatto un pretendente al trono. Dall’altro lato, Gesù domanda chi gli ha suggerito che lui sarebbe sovrano. Lo Spirito di Dio o l’Accusatore? Entrambi lo sanno! I Romani che temono una congiura contro Cesare o i sommi sacerdoti che temono il Messia che renderà vano il loro ruolo? I primi stiano tranquilli, gli altri un po’ meno... Gesù dice che il suo regno non è un regno come gli altri che si estendono geogr...