Passa ai contenuti principali

"Non piangete.Io vi sarò più utile dopo la mia morte e vi aiuterò più efficacemente di quando ero in vita."(San Domenico)


Appartiene alla gloria dei Santi soccorrere i bisognosi in vista dell‘eterna salvezza
L‘essenza divina è un mezzo sufficiente per conoscere ogni cosa: come risulta evidente dal fatto che Dio attraverso la sua essenza vede tutto .L‘essenza divina è un mezzo sufficiente per conoscere ogni cosa: come risulta evidente dal fatto che Dio attraverso la sua essenza vede tutto .Non ne segue però che chiunque vede l‘essenza divina conosca tutto, ma solo chi ne ha la comprensione totale : come dalla conoscenza di un principio può conoscerne tutte le conseguenze solo chi ne abbraccia tutta la virtualità. Ora, siccome le anime dei beati non comprendono l‘essenza divina, neppure conoscono necessariamente tutto ciò che si può conoscere attraverso di essa. Infatti su certe cose persino gli angeli inferiori sono istruiti da quelli superiori, benché tutti vedano l‘essenza divina. Invece ogni beato potrà vedere nell‘essenza divina quelle cose che sono indispensabili alla sua perfetta beatitudine. Ora, la perfetta beatitudine esige che «l‘uomo abbia tutto ciò che vuole, e nulla voglia disordinatamente» [Agost., De Trin. 13, 5]. Ciascuno poi desidera giustamente conoscere quelle cose che lo riguardano. Siccome dunque i santi sono perfetti nella giustizia, essi desiderano conoscere le cose che li riguardano. Bisogna quindi che nel Verbo essi le vedano. Ora, appartiene alla loro gloria soccorrere i bisognosi in vista dell‘eterna salvezza: poiché così facendo diventano «cooperatori di Dio, cosa di cui non vi è nulla di più divino», secondo l‘espressione di Dionigi [De cael. hier. 3, 2]. È chiaro dunque che i santi non ignorano ciò che è richiesto per tale opera. Perciò essi nel Verbo di Dio conoscono i desideri, le preghiere e le devozioni dei fedeli che implorano il loro aiuto.



L'ordine divino esige che siamo ricondotti a Dio per mezzo dei santi
«È disposizione divina che gli esseri più lontani da Dio ritornino a lui per mezzo di quelli più vicini», come scrive Dionigi [De eccl. hier. 5, 1, 4]. Ora, dato che i santi del cielo sono vicinissimi a Dio, l‘ordine divino esige che noi, «che finché abitiamo nel corpo siamo in esilio lontano dal Signore» [2 Cor 5, 6], siamo ricondotti a lui per mezzo dei santi. Il che avviene quando la bontà divina, per loro mezzo, effonde su di noi i suoi effetti benefici. E dato che il nostro ritorno a Dio deve corrispondere all‘effusione della bontà divina in noi, come i doni di Dio ci giungono per mezzo dei santi, così noi dobbiamo avvicinarci a lui, per ricevere ulteriori doni, facendo ricorso ai santi. Per questo li costituiamo come intercessori presso Dio e come intermediari, quando li supplichiamo di pregare per noi.
(…)
Come la divina potenza agisce mediante le cause seconde non per indigenza, ma per la perfezione dell‘ordine dell‘universo e perché la sua bontà si diffonda più largamente sulle cose, se queste ricevono non solo di essere buone in se stesse, ma ottengono pure la facoltà di comunicare il bene ad altre creature, così se noi dobbiamo bussare alla porta della sua clemenza con le preghiere dei santi non è perché in Dio faccia difetto la misericordia, ma perché si rispetti nelle cose l‘ordine.
(…)
Il Signore vuole che mediante le orazioni dei santi si compia ciò che i santi vedono essere conforme alla sua volontà
I santi pregano per noi in due modi. Primo, espressamente, quando bussano per noi alle porte della divina clemenza. Secondo, in modo interpretativo, cioè mediante i loro meriti presenti al cospetto di Dio, i quali non solo costituiscono la loro gloria, ma sono anche per noi come dei suffragi e delle preghiere: come anche si dice che il sangue di Cristo implora per noi il perdono. Ora le preghiere dei santi, di per se stesse, sono efficaci a impetrare ciò che chiedono in tutti e due i modi. Ma da parte nostra ci possono essere dei difetti, che impediscono il frutto delle loro preghiere interpretative. Quando però essi pregano presentando a Dio i loro voti in nostro favore, allora sono sempre esauditi: poiché non vogliono se non ciò che Dio vuole, e non chiedono se non ciò che vogliono ottenere. Ora, ciò che Dio vuole in senso assoluto si compie sempre: a meno che non si tratti della volontà antecedente, secondo la quale egli «vuole che tutti gli uomini siano salvati» [1 Tm 2, 4], che non sempre si compie. Non c‘è quindi da meravigliarsi se talvolta non si compie neppure ciò che i santi vogliono in quest‘ultimo modo 

Tommaso D'Aquino,Summa theologiae

Commenti

Post popolari in questo blog

Curzio Nitoglia, un cattivo maestro

di Andrea Virga Questo articolo, come quello su Don Gallo 1 , non avrebbe reale ragione d’essere. Anche qui, le gravi affermazioni dottrinali del sacerdote in questione non meriterebbero più d’uno sberleffo, vista la loro palese incompatibilità con la retta dottrina. E tuttavia, anche qui è il caso di un prete consacrato – e stavolta tuttora vivente – che attira proseliti, specie fra i giovani, grazie alle sue opinioni estremiste ed ereticali, con il risultato di diffondere in lungo e in largo i suoi errori. Per questo, ritengo che sia il caso di dedicare una mezz’oretta a mettere in guardia i meno provveduti, che magari preferiscono internet ad un buon padre spirituale, rispetto a questo personaggio: Don Curzio Nitoglia. Il paragone con Don Gallo, però, non riesca troppo offensivo al defunto sacerdote genovese, che aveva almeno il merito di essere molto attivo in ambito sociale e di non aver mai lasciato la Chiesa (cosa non troppo difficile, visto il permissivismo dei suoi super...

Il noviziato Agesci: tempo e idea tra scoutismo e Chiesa

C’è un momento strano nel cammino scout Agesci ed è quello del noviziato: sì, il nome riprende proprio il linguaggio monastico; sì, l’ispirazione è proprio quella; sì, è un periodo di introduzione e studio.  Si tratta del primo momento nella branca rover e scolte, i più grandi nel nostro scoutismo: dura un anno. Di noviziato in Agesci si parla  –  e si sparla  –  in continuazione, non c’è un tema altrettanto trattato e maltrattato, anche nella prassi.È speciale e irrinunciabile e può essere una fonte di riflessione importante anche al di fuori dell’associazione. Cercherò ora di dare a questa riflessione un taglio ecclesiale, per plasmare un avvio di confronto su temi scoutisticamente ed ecclesialmente poco trattati. Il noviziato è un tempo e come tutti i tempi è prezioso. Lo è il nostro, figuriamoci quello dei ragazzi. Con un po’ di ironia, potremmo dire che l’importanza del tempo l’ha capita anche il Papa: in Evangelii Gaudium Francesco scrive che «i...

Commento al Vangelo 25 novembre 2018 - Cristo Re: Gv 18,33-37

Il quarto vangelo coglie l’occasione del colloquio tra Gesù e Pilato - che nessuno probabilmente udì - per coinvolgerci in un confronto sulla regalità di Cristo. Da un lato, la prospettiva imperiale: il “re dei giudei” crea problemi politici. Ma il pericoloso rivoluzionario è proprio quell’uomo consegnatogli dai giudei? Il governatore Pilato, che giudeo non vuol essere, ne dubita: «Tu, indifeso persino dai tuoi amici, proprio tu saresti il re dei giudei? Cosa avresti fatto? Ci sono davvero delle prove credibili contro di te?». Non ci crede. Gesù, insomma, non gli pare affatto un pretendente al trono. Dall’altro lato, Gesù domanda chi gli ha suggerito che lui sarebbe sovrano. Lo Spirito di Dio o l’Accusatore? Entrambi lo sanno! I Romani che temono una congiura contro Cesare o i sommi sacerdoti che temono il Messia che renderà vano il loro ruolo? I primi stiano tranquilli, gli altri un po’ meno... Gesù dice che il suo regno non è un regno come gli altri che si estendono geogr...