La
prima corruzione dell'anima razionale risiede nel voler fare ciò che
la verità somma ed intima vieta. Per questo motivo l'uomo fu
cacciato dal paradiso in questo mondo, passando così dall'eternità
alla vita temporale, dall'abbondanza all'indigenza, dalla stabilità
all'instabilità; cioè non dal bene sostanziale al male sostanziale,
perché nessuna sostanza è male, ma dal bene eterno al bene
temporale, dal bene spirituale al bene carnale, dal bene
intelligibile al bene sensibile, dal bene sommo al bene infimo. C'è
dunque un certo bene, amando il quale, l'anima razionale pecca,
perché è di ordine inferiore ad essa; perciò è il peccato in sé
che è male e non la sostanza che, peccando, si ama . Non è allora
male quell'albero che, come è scritto, era piantato nel centro del
paradiso , ma la trasgressione del comando divino. E quando questa
trasgressione subì, come conseguenza, la meritata condanna, da
quell'albero, che era stato toccato contro il divieto, scaturì il
criterio di discernimento tra il bene e il male. L'anima infatti,
dopo essere incorsa nel peccato, mediante l'espiazione della pena
apprende quale differenza ci sia tra il comando che si è rifiutata
di rispettare e il peccato che ha compiuto. In tal modo, facendone
l'esperienza, impara a conoscere il male che non ha appreso con
l'evitarlo e, in virtù del confronto, ama con maggior ardore il bene
che amava di meno discostandosene.
La
corruzione dell'anima è in ciò che ha fatto e la limitazione che
gliene deriva rappresenta la punizione che ne subisce: in questo
consiste tutto il male. Fare e subire insomma non è una sostanza;
perciò la sostanza non è male. Così non sono male né l'acqua né
l'animale che vive nell'aria: queste infatti sono sostanze; male
invece è gettarsi volontariamente nell'acqua e l'asfissia che
subisce chi vi è immerso. Lo stilo di ferro, con una parte per
scrivere e l'altra per cancellare, non solo è fatto con maestria, ma
è anche bello nel suo genere e adatto al nostro uso. Ma se qualcuno
volesse scrivere con la parte con cui si cancella e cancellare con
quella con cui si scrive, in nessun modo farebbe dello stilo un male,
anche se a buon diritto il fatto in sé sarebbe criticato. E infatti,
una volta corretto l'uso, dove sarà il male? Se qualcuno fissa
all'improvviso il sole di mezzogiorno, gli occhi ne saranno colpiti e
abbagliati: forse per questo il sole o gli occhi saranno un male? No
affatto, perché sono sostanze. Il male invece è nel fatto che lo
sguardo ha trasgredito l'ordine e nell'abbagliamento che ne consegue;
esso tuttavia scomparirà quando gli occhi si saranno riposati e
guarderanno una luce adeguata. Né diviene in se stessa male la luce
che è fatta per gli occhi, quando è venerata al posto della luce
della sapienza, che è fatta per la mente; il male è la
trasgressione per la quale si serve la creatura piuttosto che il
Creatore . Questo male non esisterà più quando l'anima,
riconosciuto il Creatore, sarà sottomessa a Lui soltanto e avrà
chiaramente percepito che tutte le altre cose le sono sottomesse per
virtù di Lui.
Così
ogni creatura corporea, nella misura in cui sia posseduta da un'anima
che ama Dio, è un bene, infimo ma bello nel suo genere, perché è
costituita secondo una forma e una bellezza. Se poi è amata da
un'anima che non si cura di Dio, neppure in tal caso essa di per sé
diventa un male; ma, dal momento che il male è il peccato per il
quale viene così amata, essa diventa causa di pena per colui che la
ama: lo getta nelle tribolazioni e, ingannandolo, lo nutre di piaceri
che non durano e non appagano, ma sono fonte di acuti tormenti.
Infatti, quando l'avvicendarsi dei tempi ha concluso il suo mirabile
corso, la bellezza desiderata abbandona colui che la ama, si
allontana dai suoi sensi tormentandolo e lo getta nello smarrimento.
Così egli considera come prima bellezza quella che è la più bassa
di tutte, ovvero quella di natura corporea, che la carne, con un
perverso compiacimento, gli ha fatto conoscere attraverso gli
ingannevoli sensi: per cui, quando pensa qualcosa, crede di
comprendere; in realtà è ingannato dalle ombre delle sue fantasie.
Se poi talora, senza rispettare integralmente l'ordine della divina
Provvidenza pur credendo di farlo, si sforza di resistere alla carne,
perviene all'immagine delle cose visibili e con il pensiero si
costruisce, attraverso questa luce che vede circoscritta entro limiti
precisi, spazi immensi. Ma lo fa inutilmente; infatti si immagina che
questa sia la sua futura dimora e non si rende conto invece che è
trascinato dalla concupiscenza degli occhi e che vuole andare oltre
il mondo con questo mondo. Pertanto non si avvede che si tratta dello
stesso mondo, dal momento che, con il suo ingannevole modo di
pensare, ne ha esteso all'infinito la parte più luminosa. Tutto ciò
si può fare con la massima facilità non solo per questa luce, ma
anche per l'acqua, il vino, il miele, l'oro, l'argento e anche per la
carne, per il sangue, per le ossa di qualsiasi animale e per altre
cose di questo genere. Tra le realtà corporee infatti non c'è
nessuna che, anche quando ne sia stato visto un solo esemplare, non
possa essere moltiplicata all'infinito col pensiero; oppure che,
vista in un piccolo spazio, non possa essere estesa all'infinito
dalla medesima capacità di immaginazione Ma, se è cosa facilissima
maledire la carne, cosa molto difficile invece è non giudicare
secondo la carne.
È
dunque per questa perversione dell'anima, che scaturisce dal peccato
e dalla pena, che ogni realtà corporea diviene, come dice Salomone,
vanità di uomini vani e tutto è vanità: quale utilità ricava
l'uomo da tutto l'affanno per cui fatica sotto il sole? . Non per
niente infatti è stato aggiunto di uomini vani, perché, se togli
costoro, che inseguono le cose più basse come se fossero le più
alte, la creatura corporea cesserà di essere vanità e, nel suo
genere, mostrerà una bellezza senza alcun difetto, benché minima.
La molteplicità delle bellezze temporali, infatti, ha dilacerato,
attraverso i sensi carnali, l'uomo distaccatosi dall'unità con Dio
e, con la sua instabile varietà, ne ha moltiplicato i desideri: da
qui è scaturita una faticosa abbondanza e, se si può dire, una
copiosa povertà, per cui egli persegue ora una cosa ora l'altra,
senza che niente resti con lui. Così, dopo il tempo del frumento,
del vino e dell'olio, egli si è disperso, in modo che non ritrova
più se stesso , cioè la natura immutabile ed unica seguendo la
quale non errerebbe e, raggiungendola, non proverebbe più dolore. Di
conseguenza, sarà redento anche il suo corpo e non si corromperà
più . Ora, invero, un corpo corruttibile appesantisce l'anima e la
dimora terrena grava la mente che corre dietro a molti pensieri ,
perché la bellezza dei corpi, per quanto di minimo grado, viene
coinvolta nell'ordine della successione temporale. Essa è in grado
minimo perché non può possedere tutte le cose insieme, ma, mentre
alcune vengono meno ed altre subentrano al loro posto, tutte
contribuiscono a comporre in un'unica bellezza l'armonia delle forme
temporali.
Agostino da Ippona,La vera religione
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