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Quale sessualità nel fidanzamento?


So che la parola "fidanzamento" non è attuale. Non si usa più dire il mio fidanzato o la mia fidanzata, ma il mio ragazzo o la mia ragazza. Questo spostamento del nome include certamente anche un certo spostamento nel concepire e nel vivere il periodo che precede il matrimonio. Però mi pare di poter affermare che, pur con delle variazioni più o meno consistenti, esiste anche oggi nei giovani, dopo una prima stagione di rapporti amicali e anche allargati, la voglia e il desiderio di un rapporto intenso di esperienza d'amore a due, la quale pur essendo aperta a tutto, e quindi anche alla sua dissoluzione, tenda ad esprimersi nell'intimità, nella fedeltà, nella crescita dei due attraverso il dialogo amoroso che li interroghi e li stimoli. Quale posto può occupare il corpo in questo cammino di intimità e di crescita? E' una realtà da estraniare in maniera totale e radicale perché inquinante il rapporto affettivo o pericolosa perché non facilmente dominabile?
E' su questi interrogativi, più o meno chiari, che vorrebbero svilupparsi queste mie riflessioni senza alcuna pretesa né di completezza, né di assolutezza.

Il tema del significato del corpo nell'affettività è un tema nuovo e anche un tema delicato. E' un tema nuovo perché discendiamo non da anni, ma da secoli di sospetto sul corpo e sulla sessualità, se non addirittura di disprezzo e di rifiuto. E' sempre fonte di domande e di disagiata meraviglia che la Chiesa abbia "sposato" le idee platoniche sulla negatività del corpo. La filosofia ha prevalso sulla Parola di Dio. La Parola di Dio è chiarissima. Vi sono immagini splendide che annunciano la positività del corpo e la bontà del sesso. E' Dio che con le sue mani crea il corpo di Adamo, è Dio che con le sue mani crea il corpo di Eva. E ciò che Dio crea non può essere che bene, che positività. E non solo il corpo è positivo, ma anche la sessualità. "Maschio e femmina li creò, a sua immagine li creò" In che senso la sessualità è immagine di Dio? Anche quest’interrogativo porterebbe a grandi e nuovi orizzonti.
E' un tema delicato perché oggi assistiamo ad un abbassamento del tono della sessualità, quasi ad una sua banalizzazione. Banalizzare la sessualità vuol dire non dare, o non scoprire tutta l'importanza e il significato che risiedono in essa. Banalizzare vuol dire svuotare l'incontro sessuale della densità del suo significato. Esso, invece, è il momento più intenso e più denso dell'incontro con l'alterità dell'altro, con il suo mistero. E' una penetrazione non solo fisica, ma anche interiore, psicologica, morale. E' un incontro con il mistero dell'altro. Per questo non può essere sbrigativo, possessivo, invadente, presuntuoso. E' un incontro con un altro che ha altre sensibilità, altri tempi, altre attese. Dovrebbe esprimere l'incontro di due persone più che di due corpi, il dialogo di due storie, di due persone, di due promesse, di due futuri. E' il momento decisivo in cui due vite intendono mescolarsi senza confondersi, coniugarsi senza perdere la propria identità. E' l'alleanza che si esprime nel "sangue e nella carne". "Attraverso la sessualità il soggetto entra in relazione con ciò che è assolutamente altro" (Levinas). Oggi c'è il rischio di abbassare il valore, la qualità di questo rapporto; è facile genitalizzarlo impedendo, così, che esso diventi il segno della comunione e della condivisione ad ampio respiro.
Pur riconoscendo, quindi, di addentrarci in un problema estremamente intricato in cui risuonano paure e sospetti del passato, avidi permissivismi del presente che riducono il sesso ad un incontro senza coinvolgimento delle persone, ritengo tuttavia doveroso riflettere su questo problema perché da esso dipende gran parte della vitalità e della freschezza della vita di coppia. Non si deve vedere la sessualità solo sotto il profilo generativo. Essa è il luogo in cui i due si rigenerano.
A questo riguardo, lungo la storia, si sono intrecciate o s’intrecciano alcune tesi o affermazioni.
C'è chi afferma o ha affermato, che il corpo è una realtà inquinante l'amore. Vi si suggerisce l'idea che sarebbe meglio amarsi senza il corpo; quasi che staccandosi dal corpo l'amore diventa più vero, più autentico. Più l'amore è spirituale più sarebbe vero. Questa è la linea anche di S. Agostino: "L'amore cresce nella misura in cui si distacca dalla corporeità".
E' proprio vero che il corpo è pericoloso per l'amore, che ne abbassa il tono, offende la sua dignità? E' condividibile l'idea che più l'amore è interiore, spirituale e più è gratuito, vero?
Rispondere affermativamente a questi interrogativi condurrebbe inevitabilmente a considerare il corpo come un fatto negativo. E questo sarebbe un allinearsi con la filosofia greca che da sempre ha guardato il corpo come una "prigione" e un "ostacolo". Questa posizione però non si incontrerebbe con il pensiero della Bibbia dove le cose, il corpo, la materia cantano nella loro bellezza e positività.
Ci sono altri che affermano, invece, la possibilità comunicativa del corpo. Il corpo avrebbe la funzione trasmettitrice dell'amore. Esso sarebbe un "luogo epifanico" perché l'amore vi si rivela e si comunica.
Questa concezione riscatta certamente la corporeità da tutta una congerie di sospetti e di tabù, ma forse non scopre e non esalta ancora sufficientemente la potenzialità unitiva e rigenerativa contenuta nel corpo. Il corpo è visto ancora come un oggetto (ho un corpo) e non come soggetto (sono un corpo). Il corpo non può essere considerato un oggetto, uno strumento dello spirito. Noi siamo spinti ancora a pensare che sia l'anima l'unica sede generatrice di pensieri, di suggestioni, di prospettive, che poi si comunicherebbero attraverso il corpo. Questo sarebbe uno strumento passivo e non attivo, secondario e non primario, esecutivo e non creativo.
E se invece anche il corpo, alla pari dell'anima, pur con differenti venature e sottolineature, contribuisse a dare pensieri, sensazioni, intuizioni? Il condividere una situazione, il provare nella propria carne alcuni lancinanti problemi o alcune esaltanti gioie non generano o non possono generare conoscenza, indicare prospettive impossibili ad aversi senza il coinvolgimento corporeo?
Nella vitalità del corpo e nelle pulsioni fisiche si svegliano la fantasia, i sogni, lo stupore. L'intelligenza è fredda, calcolatrice, dominatrice, più tesa alla conservazione che alla innovazione.
L'istintualità è più audace, più avventurosa. E questa istintualità è legata al corpo. Certamente questa energia istintuale e passionale va coniugata con l'intelligenza che la deve guidare e arginare, ma rimane pur sempre un'energia positiva e feconda da non perdere.
Il corpo non è quindi oggetto, ma soggetto, non solo trasmettitore, ma alimentatore dell'amore.
Oggi c'è un'altra e più avanzata concezione che si sta imponendo. Questa concezione si fonda sul fatto che il corpo sarebbe il luogo della purificazione e dell'autenticazione dell'amore.
Questa posizione, forse, può disorientare molti. Com'è possibile che il corpo diventi il luogo della verifica dell'amore e, quindi, di una sua possibile crescita e autenticazione?
Invece, il credere di amare e di amarsi è un rischio sempre presente anche nella coppia. La vischiosità dell'io si infiltra anche nell'amore. Come si fa a cogliere fino a che punto si cerca se stessi nell'altro o si cerca l'altro in quanto altro?
Nell'incontro sessuale i due si trovano "nudi", senza maschere, senza veli, possono guardarsi con trasparenza e profondità. Da come uno si atteggia si può scoprire se uno ama l'altro o ricerca se stesso, se sa attendere e rispettare le esigenze dell'altro o se è attento solo alle proprie, se nell'incontro si investe globalmente o se lo vive come un fatto laterale.
Il rischio nell'amore, poi, non è solo l'egoismo (la ricerca di sé), ma anche e soprattutto l'idealizzazione. Costruirsi l'immagine dell'altro e amare quell'immagine è una tentazione costante. Questa immagine è una proiezione delle proprie attese, è un partire da se, è una derivazione del proprio egoismo.
L'incontro sessuale obbliga ad uscire da sé per incontrare l'altro nella sua realtà. Certamente anche questo incontro può subire il fascino della idealizzazione, però essendo corporeo obbliga, prima o poi, a lasciare le proprie idee e a correggere le proprie idealizzazioni perché si è di fronte alla realtà dell'altro. E' il momento in cui la differenza dell'altro si impone. Essa può essere intuita se non pienamente conosciuta. L'incontro sessuale è il modo non unico, ma certamente il più denso e penetrante, di rapporto con l'altro, di entrare nella sua sfera e, quindi, di amarlo come è e di lasciarsi amare come si è.
Questa ultima concezione potrà sembrare ad alcuni lontana dalla dottrina della Chiesa, ma, di fatto, non lo è. Se leggiamo alcune espressioni del Concilio Vat. II vi troveremo con sorpresa che questa posizione, pur non sviluppata, è totalmente presente: "Gli atti coniugali con cui gli sposi si uniscono in casta intimità sono onorabili e degni, e, compiuti in modo veramente umano, favoriscono la mutua donazione.... Questo amore è espresso e reso perfetto in maniera tutta particolare nell'esercizio degli atti che sono propri del matrimonio" (G.S. 49).
Il corpo, quindi, non solo non è inquinante, ma è luogo dove l'amore "si rende perfetto", perché è il luogo dell'apprendimento dell'alterità dell'altro.
Questa ampia visione mi sembra necessaria per introdurci nel senso e anche nelle modalità delle espressioni corporee nel fidanzamento. Si possono cogliere gli atteggiamenti da vivere anche in termini di affettività, senza avere una prospettiva ampia del significato della corporeità nell'amore?
Sollecitato da questo sguardo panoramico mi sembra di poter trarre, per quanto riguarda il fidanzamento, alcuni orientamenti.

1) Non estraniare il corpo nel cammino di amore e di conoscenza propri del fidanzamento. Come si è accennato, il corpo è anche soggettuale nella vita della persona e nella relazione interpersonale. Quindi il cammino di due fidanzati non può avvenire senza il coinvolgimento, anche se parziale, del corpo. In esso risiedono energie e spinte che portano a conoscere l'altro, ad interessarsi di lui, a condividerne pensieri, affetti, speranze. Non può essere solo un rapporto di fredda intelligenza; l'emotività, l'affettuosità, che provengono dal corpo non sono indifferenti alla conoscenza dell'altro e, soprattutto, ad entrare nell'orizzonte dell'altro. "Le sensazioni corporee sono il modo più vero per conoscersi e per relazionarsi" (S.Weil).
E qui nasce il problema etico oggi particolarmente discusso. La posizione della morale tradizionale è chiaramente negativa per quanto riguarda il rapporto completo, mentre presenta oscillazioni consistenti quando si riferisce ad atti parziali. 1
Il criterio di fondo che deve stare alla base nel giudicare la sessualità, in tutti i suoi momenti e nelle sue diverse manifestazioni è il criterio dell'amore. "E' come dire che il comportamento sessuale dei due fidanzati deve essere in primo luogo giudicato per la capacità che esso ha di esprimere e di approfondire la comunione interpersonale, la quale si compie nella reciproca donazione".
Allora nel crescere della relazione umana, il gesto sessuale andrà valutato sulla base della possibilità che esso ha di esprimere, in modo coerente, il livello di maturazione dell'incontro.
E chi potrà giudicare il grado di amore presente nella gestualità affettiva? Indubbiamente si deve far ricorso alla coscienza dei due. Nessuno dall'esterno può misurare tale presenza o assenza. E' importante, però, che i due fidanzati vivano e giudichino questa loro realtà affettiva non come un'obbedienza ad una legge esterna, ma come obbedienza all'amore. Più il gesto esprime l'amore, più lo fa crescere, più il gesto esprime il possesso, più lo mortifica, fino anche a spegnerlo. Il discernimento che i due sono chiamati ad operare non deve fondarsi sulla paura di trasgredire delle leggi esterne, ma sul desiderio di non spegnere l'amore. Gesti vuoti o prematuri non aiutano a far crescere il rapporto amoroso.

2) Il valore della castità. La sessualità, come si è già affermato, è un valore, però non si può osservare che sta rafforzandosi il rischio di una "mercificazione del sesso". Il sesso può diventare un bene di consumo, trasformandosi così da momento privilegiato del dono in un momento di possesso, da luogo del dialogo a luogo di scontro. La sessualità non va demonizzata, ma neppure divinizzata; essa è, e deve rimanere, una realtà umana da vivere per la crescita dell'amore. Parlare di castità non è rinverdire il sospetto sul sesso, ma è richiamare la vigilanza perché il corpo non diventi così assorbente da impedire una vera e globale comunione.
Scrive lucidamente il teologo Gründel: "La castità è la disponibilità interiore dell'uomo ad affermare pienamente la propria sessualità, a riconoscere e a vivere gli impulsi sessuali nel loro carattere integralmente personale e sociale, e a inserirli in maniera ricca di senso nella globalità della vita umana"
E quasi a commento di questa espressione cito alcuni pensieri di Germano Pattaro: "La castità avverte che ogni gesto sessuale deve essere un gesto d'amore che esprima il dono delle persone e non solo l'emotività dei corpi. Un luogo-atto dove si esce dalla logica del possesso, per entrare in quella dell'incontro e del dialogo. Il gesto d'amore è la "parola-segno" dove la persona si concentra al massimo della sua identità, così che l'io e il tu di questo incontro diventano "noi" di una nuova personalità comunionale".
Potremmo definire la castità come disciplina della sessualità. E disciplina deriva dal latino "discere" che vuol dire "imparare". Imparare a conoscere i propri impulsi, le proprie tensioni, imparare a conoscere le pulsioni e gli stimoli dell'altro in modo che l'incontro sia rispettoso delle propria e altrui sensibilità. La maturazione e lo sviluppo della sessualità esige questa disciplina che potrà essere uno degli impegni e delle attenzioni da vivere sempre, ma soprattutto nel fidanzamento in cui deve affinarsi l'attitudine a vivere il rapporto sessuale nel suo spessore di rispetto e di comunione.

3) Ridare al rapporto sessuale completo il suo senso pieno. Esso esprime la decisione di spartire con l'altro la propria vita. E' il momento della scelta radicale e definitiva. E questa scelta dovrebbe avvenire nel momento in cui anche istituzionalmente ci si impegna. L'amore non è un fatto privato. Certamente, se questo rapporto pur segnato dall'irrevocabile decisione di spartire per sempre la propria vita con l'altro, non coincidesse anche con il momento istituzionale per motivi non sempre superabili (problema della casa, del lavoro, condizionamenti familiari) non deve essere moralmente colorato da quella negatività che è propria, invece, dei rapporti occasionali e disimpegnati in cui non c'è nessun, o quasi, investimento personale.
Occorre sempre tener presente che il male più grande è di fare l'amore senza amore (inteso come condivisione, impegno di crescita, assumersi la responsabilità dell'altro) e questo può avvenire tra i fidanzati, ma anche tra gli sposi.

(Dal sito della pastorale giovanile della Diocesi di Vicenza)

Commenti

Anonimo ha detto…
Le parole sono di altissimo livello adatte per persone di alto livello....Durante il fidanzamento
ci sono poche cose da chiedere l'un l'altro:1)Siamo consapevoli che il matrimonio è un "tirare insieme la carretta della vita"? 2)Siamo disposti serenamente ad invecchiare insieme? 3)Penso che "LUI" o "LEI" saranno dei buoni genitori dei nostri figli? ...Superato questo test, i due sono pronti anche per il rapporto sessuale e naturalmente per il matrimonio come sacramento ecc. Provare per credere...
Anonimo ha detto…
Modo molto ambiguo e pericoloso di trattare una tematica profondamente delicata e sopratutto attaccata dalla "cultura" secolarizzata. Alla domanda "Quale sessualità nel fidanzamento" la risposta è semplicissima, senza dover ricamarci sopra mille inutili pseudo-dissertazioni: nessuna, è peccato mortale. ("425. É un gran peccato l’impurità?
È un peccato gravissimo ed abominevole innanzi a Dio ed agli uomini; avvilisce l’uomo alla condizione dei bruti, lo trascina a molti altri peccati e vizi, e provoca i più terribili castighi in questa vita e nell’altra." Cit. dal Catechismo Maggiore). Fine di qualsivoglia dissertazione.
Nipoti di Maritain ha detto…
Impurità? Ma lei è soggetto\a ancora alle leggi della purità veterotestamentarie?
E' ebreo\a ?
Anonimo ha detto…
No, sono cattolico.
E tanto per chiarirci, le leggi della purità veterotestamentarie si riferivano ad atteggiamenti esterni da compiere in determinate circostanze (ad es. lavarsi fino ai gomiti prima di mangiare), abolite da NSGC. Parlavo ovviamente (farò finta di non notare la sottile ironia) di tutto ciò che concerne fornicazione e dintorni, ossia rapporti sessuali tra persone non sposate, che mai fu "liberalizzata" nella Nuova Alleanza e mai lo sarà. Se cercate delle scuse per farvi una chiavata pre-matrimoniale prendetevi le vostre responsabilità e apostatate, che sarebbe uno scandalo minore rispetto al farla passare come accettabile dal punto di vista della morale cattolica.
Nipoti di Maritain ha detto…
A parte che trattare di "fornicazione" e "impurità" termini adatti a manuali di teologia morale di due secoli fa legati ad una visione della sessualità ridotta all'ambito procreativo e coperta da tabù sessuofobici ci sarebbe da chiedersi che senso abbia, l'articolo afferma che all'unione sessuale debba corrispondere la volontà irrevocabile di spartire per sempre la propria vita con l'altro\a, volontà che si deve esprimere nel riconoscimento sociale dell'unione stessa(matrimonio).
Ma la sessualità non si limita solo all'aspetto genitale ma come dice il Catechismo "esercita un'influenza su tutti gli aspetti della persona umana, nell'unità del suo corpo e della sua anima": credere di escluderla la dimensione sessuale (in senso esteso) dal fidanzamento è inumano. Poi ovviamente la sessualità in senso stretto (cioè la genitalità) deve esprimere un unione definitiva e per la vita ma per arrivarci è necessario un periodo di transizione e di passaggio graduale qual è il fidanzamento.
Poi è necessario distinguere , dal punto di vista pastorale, fra rapporti occasionali (che sono sempre immorali) e rapporti fra fidanzati che non possono sposarsi( che in certi casi possono essere scusati in virtù dell'epikeia).
Anonimo ha detto…
"termini adatti a manuali di teologia morale di due secoli fa"
Perchè mai "aggiornare" certi termini, quando le verità che vi stanno alle spalle sono immutabili?
"legati ad una visione della sessualità ridotta all'ambito procreativo"
Forse perchè è l'unico ambito in cui la sessualità assume un senso e ottiene uno scopo?
"come dice il Catechismo"
Se è per questo il CCC afferma anche che: 2353 La fornicazione è l'unione carnale tra un uomo e una donna liberi, al di fuori del matrimonio. Essa è gravemente contraria alla dignità delle persone e della sessualità umana naturalmente ordinata sia al bene degli sposi, sia alla generazione e all'educazione dei figli. Inoltre è un grave scandalo quando vi sia corruzione dei giovani.
"ma per arrivarci è necessario un periodo di transizione e di passaggio graduale qual è il fidanzamento."
= prima del matrimonio è bene che si "allenino" durante il fidanzamento con un rapporto di tanto in tanto? Spero di sbagliarmi, perchè non vorrei dover prendere atto che in un sito gestito da gente che si definisce cattolica si inneggi a violare il sesto.
"Poi è necessario distinguere fra rapporti occasionali (che sono sempre immorali) e rapporti fra fidanzati che non possono sposarsi( che in certi casi possono essere scusati in virtù dell'epikeia)."
Ma è così difficile insegnare a tener chiuse le gambe, invece di cercare improbabili scuse per giustificare una non-accettazione di base della morale cattolica?
Nipoti di Maritain ha detto…
"Perchè mai "aggiornare" certi termini, quando le verità che vi stanno alle spalle sono immutabili?"
La fornicazione è il rapporto sessuale fra due persone non sposate che non hanno preso voti (se no sarebbe "sacrilegio") né che sono minorenni( se no sarebbe "stupro" ) e che hanno rapporti sessuali "vaginali" (in caso contrario sarebbe "atto contro natura" ).
Questa, se non erro, è la distinzione "tradizionale".
I rapporti prematrimoniali rientrano male in questo schema e poi la "fornicatio" non dice niente della relazione di coppia concentrandosi solo sull'aspetto "procreativo" e ignorando quello personalista.
"Forse perché è l'unico ambito in cui la sessualità assume un senso e ottiene uno scopo?"
La finalità procreativa è una delle finalità delle sessualità; accanto ad essa ne esistono altre più specificamente umane come finalità spirituali, relazionali, ludiche, oblative etc.
"= prima del matrimonio è bene che si "allenino" durante il fidanzamento con un rapporto di tanto in tanto? "
Se abbracci, baci e coccole non sono intesi come pura ricerca di soddisfazione sessuale, ma come prova dell'accessibilità erotica del partner e come dimostrazione d'amore, non si possono respingere a priori.
Come regola per le forme di comportamento prematrimoniale dovrebbe valere che è significativa e permessa quel tanto di manifestazione di amore erotico-sessuale quanto effettivamente la persona è pronto a dare nel suo intimo.
"Ma è così difficile insegnare a tener chiuse le gambe, invece di cercare improbabili scuse per giustificare una non-accettazione di base della morale cattolica?"
Oggi l'età media dei matrimoni è sopra i 30 per la difficoltà di trovare un'occupazione stabile: pretendere l'astinenza da 14-16 anni a 30 anni per tutti è una richiesta utopica.
Servirà un'attenzione pastorale per saper distinguere fra vari casi e varie situazioni proponendo come obiettivo non tanto e non solo l'astinenza ma la capacità di creare relazioni d'amore solide e piene.
Il dovere di astenersi dai rapporti sessuali-genitali fuori dal matrimonio andrà bilanciata con altre esigenze e tenendo conto delle situazioni concrete.
Il fine ultimo deve essere quello di formare persone capaci di donarsi in modo totalizzante e definitivo alla persona che amano sul modello di Cristo e la Sua Chiesa in modo tale da diventare una sola carne con essa.
Anonimo ha detto…
Vabè, è inutile continuare. Non rimane che pregare per la vostra conversione, perchè se continuate così dopo che tirerete le cuoia il girone dei fornicatori sarà il primo che vi faranno visitare prima di infilarvi in quello degli eretici "per infinita saecula saeculorum".
Nipoti di Maritain ha detto…
Oh basta trollare...vai a farti un giro..è una bella stagione
Anonimo ha detto…
Bellissimo articolo. Inutile negare, cari amici, che non corrisponde esattamente all'insegnamento della Chiesa. D'altra parte la Chiesa ha sbagliato nella storia e continua a farlo, in misura minore, e speriamo sempre minore, oggi. Non dovete/dobbiamo avere paura di dirlo. L'atto sessuale è l'atto sostantivo dell'amore relazionale, che è quello che Giovanni nella sua prima lettera indica, data l'invisibilità e l'inconoscibilità di Dio in questo mondo. L'articolo è perfetto. L'inciviltà volgare e reazionaria del commento precedente, formalistica ed antiumana ci rammenta come nella nostra Chiesa persistano ancora atteggiamenti che speravamo per sempre superati.
Anonimo ha detto…
Bello e giusto poi il rammentare la carnalità della Parola di Dio.
Fabrizio ha detto…
"La procreazione è uno dei fini della sessualità".

Nossignore. E' l'unico fine.
Si fa tanto appello all'accettazione dell'evoluzione biologica in ambito teologico e religioso per poi tradirlo. Ovviamente non mi oppongo affatto all'accettazione dato che è da Aristotele (passando per Tommaso) che si considera l'essere umano come 'forma intellettiva collocata in una forma animale in atto (realizzazione)' (Tommaso d'Aquino. Unità dell'intelletto contro gli averroisti, I, 44). Ma proprio rimanendo nella visione di 'animale + anima razionale' che si comprende la fallacia di chi sostiene che la sessualità sia non finalizzata solamente alla procreazione. Essa riguarda la parte 'animale' dell'essere umano con lo scopo essenzialmente di conservare la specie. Siccome non dipende in senso ontologico dalla forma intellettiva (che ha dentro di se anche la morale e la spiritualità) allora la sessualità ha come unico fine, appunto, di far proseguire la specie. E la morale sessuale si basa sul rispetto di questa finalità e di non utilizzare un mezzo (il sesso) come fine.

Sento parlare di petting, prova di amore, di escamotage per far passare il sesso prematrimoniale come moralmente accettabile. Ma siamo realisti, sono giovane anche io, secondo voi veramente alla gioventù di oggi interessa il sesso come compimento di amore o come semplice ricerca del piacere?

Conosco fin troppe persone che hanno dimostrato il solo desiderio di fornicare. Questo vostro sofismo è semplicemente surreale e non tiene conto che viviamo in una fase storico-culturale in cui il sesso è fondamentalmente una merce di scambio. Un 'do ut des'. Mi unisco all'anonimo: meglio scopare e fare peccato che sopprimere il peccato stesso. Almeno nel primo caso c'è un metro con cui misurarsi e chiedere perdono. Nel secondo caso tutto diventa lecito.

Non è affatto un odio sessuofobo, ma non è che astraendo la realtà delle cose che si riesce ad affrontare il problema. Non credo che sia una buona idea che la Chiesa si pieghi dal momento che occorre capire verso cosa. Siamo certi che la mentalità dominante è quella giusta? Sia moralmente accettabile? Abbia un senso? I compromessi sono inaccettabili dal momento che si rende complici di una mentalità che vede gli uomini e le donne come oggetto e non come soggetto.

Insomma, ribadisco, inutile sofismo.

Fabrizio ha detto…
Ritornando al mio post precedente, non sono stato preciso sopratutto per il fine della sessualità. Esso non solo è procreativo ma anche unitivo ma all'interno del rapporto coniugale. Ma questo vale essenzialmente per i cattolici. Il mio approccio tendeva ad essere 'laico'.
Anonimo ha detto…
Ma è proprio la visione dualistica "animale + anima razionale" che è sbagliata. Non "animale + anima razionale" ma semplicemente anima + corpo, e anima e corpo non riguardano parti separate della persona, ma riguardano entrambi l'interezza della persona. Anche l'intelletto insomma, come la scienza dimostra inequivocabilmente, è corpo. Si pecca quando non si sceglie il bene. Ma che fare sesso, coniugale o meno, non sia bene, è opinione -ebbene sì- sessuofobica.
Quando scopriremo la bellezza, l'importanza e la centralità del primato della coscienza sarà sempre troppo tardi.
Anonimo ha detto…
Intendo dire che anche la visione di San Tommaso non mi pare quella di animale + anima razionale, ma quella di animale dotato di ragione, nel quale la ragione è interna e non esterna.
Nipoti di Maritain ha detto…
Il senso della sessualità è essere dono integrale di sé aperto alla vita in una relazione definitiva; se non assume questo senso, essa non è morale.
Anonimo ha detto…
Sappiamo bene che la definitività di una relazione è un auspicio non sempre esaudibile. Ad ogni modo ti chiedo, non polemicamente, il motivo reale dell'immoralità della sessualità in una relazione non formalizzata o non necessariamente definitiva. Davvero mi sfugge.
Anonimo ha detto…
http://www.cuoripuri.it/Informazioni/index.html

testimonianze
http://www.cuoripuri.it/Testimonianze/index.html
Nipoti di Maritain ha detto…
Per la dottrina cattolica il matrimonio rato e consumato è indissolubile: nessuna autorità umana può sciogliere un matrimonio o detto in altri termini se ci si dona in modo definitivo ad una persona, non si può più tornare indietro perché ormai si appartiene a lei.
I rapporti prematrimoniali impegnano tutto se stessi senza presupporre un unione piena e definitiva; il rapporto sessuale è per sua natura integrale e totale ma se a questa integralità e totalità non corrisponde un unione piena e altrettanto totale qual è il matrimonio, esso quindi è inganno, furto e contraddizione: c'è una contraddizione fra un atto che di unione totale e il suo significato che non è quello di un unione per la vita.
Non ci si può donare più volte totalmente a persone diverse senza contrarre unioni definitive; non a caso fornicazione e idolatria erano legate nel VT
Anonimo ha detto…
Probabile che sia io a non aver colto il senso di una posizione sostenuta dai gestori del blog, quindi correggetemi se sbaglio. Ad ogni modo, io leggo:
"Oggi l'età media dei matrimoni è sopra i 30 per la difficoltà di trovare un'occupazione stabile: pretendere l'astinenza da 14-16 anni a 30 anni per tutti è una richiesta utopica."
A me sembra che modificare una legge di fronte alla difficoltà nel rispettarla (quindi in un ultima analisi alla debolezza intrinseca dell'uomo) sia poco realistico; adottando un simile ragionamento, cosa rimarrebbe moralmente illecito?
Per il resto, trovo che vi siano articoli sullo stesso argomento molto più formativi rispetto a questo, come ad esempio http://www.campariedemaistre.com/2012/07/castita-prematrimoniale-perche-la.html , oppure qualche considerazione a riguardo di Padre Angelo Bellon tipo questa http://www.amicidomenicani.it/leggi_sacerdote.php?id=96
thebirillo67 ha detto…
"modificare una legge di fronte alla difficoltà nel rispettarla (quindi in un ultima analisi alla debolezza intrinseca dell'uomo) sia poco realistico; adottando un simile ragionamento, cosa rimarrebbe moralmente illecito?"
SACROSANTO!
Unknown ha detto…
Ormai è un dato assodato che i fidanzati, anche se cattolici, fanno tranquillamente l'amore senza attendere il matrimonio. E per conto mio va benissimo così.

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C’è un momento strano nel cammino scout Agesci ed è quello del noviziato: sì, il nome riprende proprio il linguaggio monastico; sì, l’ispirazione è proprio quella; sì, è un periodo di introduzione e studio.  Si tratta del primo momento nella branca rover e scolte, i più grandi nel nostro scoutismo: dura un anno. Di noviziato in Agesci si parla  –  e si sparla  –  in continuazione, non c’è un tema altrettanto trattato e maltrattato, anche nella prassi.È speciale e irrinunciabile e può essere una fonte di riflessione importante anche al di fuori dell’associazione. Cercherò ora di dare a questa riflessione un taglio ecclesiale, per plasmare un avvio di confronto su temi scoutisticamente ed ecclesialmente poco trattati. Il noviziato è un tempo e come tutti i tempi è prezioso. Lo è il nostro, figuriamoci quello dei ragazzi. Con un po’ di ironia, potremmo dire che l’importanza del tempo l’ha capita anche il Papa: in Evangelii Gaudium Francesco scrive che «i...

Commento al Vangelo 25 novembre 2018 - Cristo Re: Gv 18,33-37

Il quarto vangelo coglie l’occasione del colloquio tra Gesù e Pilato - che nessuno probabilmente udì - per coinvolgerci in un confronto sulla regalità di Cristo. Da un lato, la prospettiva imperiale: il “re dei giudei” crea problemi politici. Ma il pericoloso rivoluzionario è proprio quell’uomo consegnatogli dai giudei? Il governatore Pilato, che giudeo non vuol essere, ne dubita: «Tu, indifeso persino dai tuoi amici, proprio tu saresti il re dei giudei? Cosa avresti fatto? Ci sono davvero delle prove credibili contro di te?». Non ci crede. Gesù, insomma, non gli pare affatto un pretendente al trono. Dall’altro lato, Gesù domanda chi gli ha suggerito che lui sarebbe sovrano. Lo Spirito di Dio o l’Accusatore? Entrambi lo sanno! I Romani che temono una congiura contro Cesare o i sommi sacerdoti che temono il Messia che renderà vano il loro ruolo? I primi stiano tranquilli, gli altri un po’ meno... Gesù dice che il suo regno non è un regno come gli altri che si estendono geogr...