di Britta Baas
Ci
sono reazioni molto diverse alla recente indagine condotta sui vari
“ambienti sociali” dall'Istituto Sinus.
Conservatori attorno a Wolfgang Ockenfels ritengono che
l'analisi sociologica della Chiesa e dei suoi membri sia superflua. Pensatori postmoderni come Matthias Sellmann trovano invece che i
risultati siano “drammatici”. Certo è che i cattolici tedeschi e
i loro vescovi sono sempre più estranei gli uni agli altri.
Questa volta è tutto molto peggio:
alcune istituzioni cattoliche in Germania hanno commissionato per la
seconda volta un'indagine che è stata condotta nei vari ambienti
sociali (“Milieus”)sull'orientamento religioso ed ecclesiale dei
cattolici. Sembrava passato molto tempo dai risultati del primo
studio nel 2005 che avevano provocato uno choc tra i “clericali”.
A quel tempo l'istituto incaricato, Sinus Sociovision, aveva trovato
una percentuale considerevolmente elevata di persone con un legame
con la Chiesa solo in tre dei dieci “Milieus” in Germania.
Ora
la seconda indagine – che è stata pubblicamente presentata a
Monaco verso la fine di gennaio – chiarisce: non c'è “più
neanche un Milieu identificabile con la Chiesa”, ha detto il
sociologo ricercatore Marc Calmbach del Sinusinstitut di Heidelberg.
Ed ora alla Chiesa cattolica arrivano critiche ben definite “da
tutti i Milieus”. Perfino i “Konservativ-Etablierte” e i
“Traditionelle” sono nel frattempo insoddisfatti delle gerarchie.
nella religione non hanno tutti uguali diritti: tipicamente cattolico
Sembra
che la Chiesa cattolica romana non abbia imparato nulla di essenziale
dalla prima indagine.
Michael
Ebertz, sociologo delle religioni alla Katholische Hochschule di
Friburgo, dal 2005 vede diverse “fasi di ricezione”, che
sarebbero cominciate con una presa di conoscenza critica da parte
della Chiesa e che sarebbero sfociate in un “blocco
nell'attuazione” e nel migliore dei casi in “tentativi di
sperimentazione”. Indica tre motivi fondamentali di tale blocco: in
primo luogo l'alta percentuale di appartenenza allo stesso “Milieu”
delle persone della gerarchia, che quindi cerca solo limitatamente di
raggiungere altri “Milieu”. In secondo luogo “la
monopolizzazione da parte del clero dei beni della salvezza”; in
questo modello concettuale la religione non è affatto qualcosa di
cui molti possano dialogare su un piano di parità. E in terzo luogo
la Chiesa non è affatto interessata ad un “atteggiamento
differenziato verso il cliente”: con una esigenza di salvezza
universale essa fa “un'offerta per tutti”. Che però proprio
questo non funzioni, manifestamente a tutt'oggi non è stato
accettato “in alto”. La tragicità di questa realtà viene
espressa dal consulente aziendale della chiesa cattolica, la
MedienDienstleistungs GmbH, in un convegno dal titolo molto
esplicito: “I cattolici sono diversi da come la chiesa presume.”
“Proprio
così!” verrebbe da dire guardando i risultati della recente
indagine. Essa mostra tra l'altro che lo scandalo degli abusi del
2010 – o meglio la sua insufficiente elaborazione – ha sottratto
alla Chiesa in tutti i dieci “Milieus” (i cui nomi e le cui
suddivisioni sono leggermente cambiati rispetto alla precedente
indagine) dei punti pesanti.
Nonostante
questo, la maggior parte dei cattolici rimane nella Chiesa: perché
in caso di morte vorrebbero essere sepolti cristianamente e “non
semplicemente sotterrati” - e anche in altri momenti significativi
della propria vita vorrebbero poter ricorrere ad una buona “cura
d'anime”. Ma la fede si individualizza ad una velocità folle –
perfino nei “Milieus” conservatori.
Positiva
è l'immagine della Chiesa in due ambiti: in quello caritativo e in
quello della sicurezza del mantenimento di certi valori di una
società impregnata di cultura cristiana. In breve: amore del
prossimo e “regola aurea” (“non fare ad altri ciò che non
vorresti fosse fatto a te”) sono gli articoli di marca della
Chiesa. Però in nessun “Milieu” è stata indicata
un'affermazione teologico-dogmatica come verità di fede sentita
personalmente. Possiamo dire, in base all'indagine Sinus, che
lamediazione di insegnamento dottrinale della Chiesa tra i cattolici
è un fallimento.
i
conservatori caustici: “credo in Gesù, non in Sinus”
Come
si va avanti? Le reazioni interne alla Chiesa seguono il solito
modello – conosciuto già nel 2005: i conservatori estendono con
voluttà il loro risentimento nei confronti dei sociologi. Mettono in
guardia dall'attivismo nel trattare i dati e scomodano la vecchia
affermazione: “Io credo in Gesù, non in Sinus”.
Un
rappresentante estremo di questa linea è lo studioso di etica
sociale Wolfgang Ockenfels. Non serve a niente, dice, che la Chiesa
faccia uso di “mezzo sociologici per chiarire la crisi di fede”,
si dovrebbero “usare meglio quei mezzi finanziari per intraprendere
un costruttivo lavoro mediatico”.
In
altre parole: il nostro prodotto è perfetto, deve solo essere
venduto meglio.
Completamente
diverso è il modo in cui vede la cosa, ad esempio, il teologo
pastorale di Bochum Matthias Sellmann, che ritiene “drammatici” i
risultati della seconda indagine per “Milieus”. “Il divario tra
la percezione della Chiesa come apparato e come solida rete locale di
relazioni” è aumentato dal 2005. Anche l'ambiente della media
borghesia, nel frattempo, non sente più la chiesa come sostegno”.
A suo avviso, i vescovi devono prendere molto sul serio i risultati e
agire in mmaniera innovativa.
Ma
“gli amministratori dei beni di salvezza” (Ebertz), in grande
maggioranza continuano a
segnalare
di poter trasmettere il messaggio “a tutti” e “come sempre”.
Sembra che la loro capacità di apprendimento sia limitata. Una
citazione di una frase della direttrice di una Accademia Cattolica –
diventata di pubblico dominio nei dibattiti svoltisi a Monaco –
illustra bene come si realizza concretamente l'autoemarginazione
della Chiesa: “Ad esempio, io introdurrei nell'attività culturale
una rappresentante del Milieu “edonisti”, che saprebbe come
raggiungere gli edonisti cattolici. Ma non mi è permesso”.
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