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Commento al vangelo 13 luglio 2018: Mt 10,16-23


Risultati immagini per matthew 10 16Lupi da un lato; pecore, serpenti e colombe dall'altro. Ne basterebbe uno, di lupo, a scompigliare il nostro gregge; qui invece manda me, pecorella, proprio in mezzo al branco di lupi... come farò? Rendendomi disponibile a dare il mio corpo come cibo e vestito in vita e, ancor più pienamente, nella serenità della morte: tutta la mia esistenza in dono sino ad arrestare il male, portandolo su di me per spegnerlo. Che io lo faccia sempre perché mandato dal Bel Pastore, però, e che non mi cacci nella tana del lupo per imprudenza, ingenuità o spavalderia, scappando dal gregge senza motivo! La testimonianza del martirio non è incasinarmi la vita per il gusto masochistico di perderla, ma avere la certezza che ho tutte le forze di affrontare tutti i casini della vita, perché sono in buone mani. Per essere pecora in mezzo ai lupi, devo essere sia serpente che conosce bene il terreno reale su cui si muove, sia colomba in grado di spiccare il volo verso l'alto. La colomba è più carina da prendere come esempio... gioisce nella vita in comune e tuba con gemiti piacevoli da ascoltare; quando poi le capita di litigare con le altre colombe, lo fa sempre pacificamente, senza nuocere a nessuno, ma volando insieme. Tuttavia non basta la sua semplicità: la bontà potrebbe diventare sdolcinato buonismo! Allora devo essere anche quel serpente che, pur consapevole della possibilità di avvelenare gli altri, si inserisce nella fenditura (la porta stretta) e ha la capacità di rinnovare la pelle (rivestitevi di Cristo); più che attaccare, evita il pericolo e, quando viene colpito, fa di tutto per preservare la vita, esponendo tutto il corpo ma difendendo la propria testa, il proprio capo, che nel nostro caso è l'unità con Cristo: ecco il segreto per non ricevere alcun danno. Persino dal serpente, che sembra così cattivo, possiamo imparare qualcosa, perché ci riporta con i piedi per terra. Quindi è necessaria una prudenza che, per non sfociare nel "cattivismo", sia temperata dalla bontà; necessaria è anche una semplicità che, per non sfociare nel "buonismo", sia temperata dalla ragione. Dobbiamo essere sì innocentemente bambini quanto a candore, ma responsabilmente adulti nell'attento discernimento, dice Paolo: è tutto qui il sano realismo cristiano. Agostino ricorda che «la colomba ama anche quando colpisce, il lupo invece odia anche quando accarezza». In questa dialettica che innalza il bene presente in tutto e in tutti, affrontiamo la giornata! 

PS: Una precisazione mi è stata richiesta, e mi scuso se sarò un poco più tecnico, a proposito del loghion di Mt 10,23: «Quando sarete perseguitati in una città, fuggite in un’altra; in verità io vi dico: non avrete finito di percorrere le città d’Israele, prima che venga il Figlio dell’uomo». Un versetto non facile, che il compianto J. Glinka interpretava così: «La missione di Gesù all'Israele non avrà fine, ma rimarrà un impegno continuo», perché Israele abbia sempre una possibilità di salvarsi (cfr. P. Bonnard). Anziché soccombere, il consiglio è quello, nel rifiuto, di spostarsi di città in città, dove ci sarà senz'altro lavoro infinito da fare, tanto che Gesù arriverà nel bel mezzo dell'impegno missionario. Questo è più che altro un limite di tempo posto come incoraggiamento e istruzione per affrontare persecuzioni e stanchezza. C'è chi, con un approccio canonico, dice che la venuta del Figlio dell'Uomo sarebbe la Resurrezione (cfr. L. Sabourin), ma effettivamente il richiamo è alla Parusia; Matteo, poi, nella redazione finale poteva pensare ad una "parusia prolettica", con riferimento alla scena finale del suo vangelo, con il ritorno del Risorto come Figlio dell'Uomo glorificato alla sua Chiesa. C'è chi nondimeno ritiene questo versetto risalente al Gesù storico, in quanto imbarazzante "profezia non realizzata": Gesù forse pensava imminente la fine dei tempi e la chiesa ha dovuto fare poi i conti con questa concezione per correggere tale millenarismo (cfr. A. Schweitzer)? Continuano a sostenere l'autenticità gesuana M. Küntzi e G. Beasley-Murray, con argomenti non troppo solidi. Il testo, invece, sembra quasi tutto post-pasquale, anche per via dei versetti precedenti che dettagliano la persecuzione dei primi cristiani del I secolo: quindi quel "limite temporale" divenne imbarazzante all'epoca patristica, mentre proporlo alla prima generazione di cristiani poteva essere un'aggiunta del tutto coerente e motivante (cfr. J.P. Meier). Ecco allora Davies e Allison: «Richiede che la missione continui sino alla Parusia. Infatti, incoraggia i missionari giudaici ad essere attaccati all'impegno dell'evangelizzare la propria gente, a prescindere dalle difficoltà. In altre parole, rispecchia la preoccupazione matteana che la missione verso il popolo di Dio, Israele, non sarà abbandonata». Escatologicamente, è pure il conforto che, prima dell'ultimo rigetto finale, il Figlio dell'Uomo verrà per salvarci.

Venerdì 13 luglio 2018
+ Dal Vangelo secondo Matteo
Mt 10,16-23
In quel tempo, disse Gesù ai suoi apostoli: «Ecco: io vi mando come pecore in mezzo a lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe. Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti a governatori e re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. Ma, quando vi consegneranno, non preoccupatevi di come o di che cosa direte, perché vi sarà dato in quell’ora ciò che dovrete dire: infatti non siete voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi. Il fratello farà morire il fratello e il padre il figlio, e i figli si alzeranno ad accusare i genitori e li uccideranno. Sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma chi avrà perseverato fino alla fine sarà salvato. Quando sarete perseguitati in una città, fuggite in un’altra; in verità io vi dico: non avrete finito di percorrere le città d’Israele, prima che venga il Figlio dell’uomo».
commento a cura di Piotr Zygulski

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