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L'intelligenza extraterrestre come sfida alla fede cristiana


L'interrogativo se l'umanità sia o meno l'unica forma di vita intelligente nell'universo rappresenta una costante del pensiero umano. Nell'antichità la tesi di una pluralità di mondi è stata sostenuta da Epicuro e recisamente negata da Aristotele. In epoca moderna essa è stata affermata tanto da pensatori cristiani (Cusano) quanto da critici del cristianesimo (Bruno) in base ad argomenti non troppo dissimili, ma anche negata da molti altri. Dalla fine del XVIII secolo in poi hanno fatto la loro comparsa autori che riferiscono di incontri con forme di vita aliena intelligente, talora assimilate ad esistenze angeliche o demoniche, mentre a partire dalla seconda metà del Novecento, con l'avvio dell'era dell'astronautica, si sono moltiplicate le testimonianze di avvistamenti di UFO e i racconti, conditi con dettagli più o meno fantasiosi, di contatti con E.T. 

La presa di possesso da parte della fiction cinematografica di questo tema nell'ultimo cinquantennio ha contribuito moltissimo a renderlo di dominio comune, ma nella maggior parte dei casi ha finito per dare di esso un'immagine caricaturale e quindi per privarlo di una serietà scientifica, rendendolo sospetto ai più. In effetti, la contraddittorietà e l'implausibilità di molti racconti di contatti con extraterrestri così come la nebulosità in cui rimane avvolta la questione degli UFO rende questo tema giustamente sospetto, eppure non sono pochi gli scienziati che continuano a interrogarsi su di esso. È il caso del fisico matematico P. Davies che negli anni Novanta, in un noto libro intitolato Siamo soli?, rifletteva sulle probabilità dell'esistenza di intelligenza extraterrestri prevalentemente a partire dai dati della esobiologia (cioè della scienza che valuta la possibilità di formazione della vita in pianeti diversi dalla Terra) e sulla base di essi legittimava la continuazione del progetto SETI, ovvero del sistema di ricezione di eventuali messaggi radio provenienti dall'universo avviatosi negli Stati Uniti a partire dagli anni Settanta. Più recentemente l'italiano G. Genta, del Politecnico di Torino, ha rilanciato il tema in un testo dal titolo Incontri lontani. Alla ricerca delle intelligenze extraterrestri.
Il tema è stato preso in considerazione ripetutamente anche da parte della teologia cristiana, sebbene, fino ad oggi, in modo piuttosto occasionale. Alcuni teologi del Novecento (fra loro T. de Chardin, P. Tillich, K. Rahner) ne hanno avvertito la portata, ma l'atteggiamento teologico prevalente, a parte alcune eccezioni, continua ad oscillare fra un malcelato scetticismo, non scevro da un certo sarcasmo, e una tattica attendista che aspetta effettive evidenze dell'esistenza di intelligenze extraterrestri per dare una risposta plausibile ai problemi che esso porrebbe. Fra questi il più scottante è quello che riguarda il significato dell'incarnazione di Gesù Cristo per eventuali specie viventi non umane e quello della sua singolarità o meno. Il recente libro di A. Kreiner Gesù, gli UFO e gli alieni. L'intelligenza extraterrestre come sfida alla teologia cristiana (Queriniana, Brescia 2012, a cura di A. Aguti) rappresenta una prima elaborazione sistematica di questo tema dal punto di vista della teologia fondamentale. L'autore, docente nella Facoltà di teologia cattolica di Monaco di Baviera, affronta con chiarezza e rigore il problema della compatibilità o meno della teologia cristiana con l'esistenza di esseri intelligenti non umani e probabilmente dotati di una loro religiosità. Il merito del testo, nella sua prima parte, è di ricostruire i diversi livelli dell'interrogazione umana circa l'esistenza di intelligenze extraterrestri, un'interrogazione intellettualmente affascinante e teoreticamente consistente a prescindere dalla problematicità delle testimonianze che concernono presunti contatti con alieni. Anche Kreiner, come gli altri autori sopra menzionati, ritiene che esista una buona probabilità dell'esistenza di intelligenze extraterrestri e di conseguenza sia legittimo da parte della teologia cristiana interrogarsi sul problema che tale esistenza pone, sebbene quest'ultima sia ritenuta come meramente possibile.
Nella seconda parte del testo Kreiner prende in considerazione la principale obiezione che l'esistenza di esseri intelligenti verrebbe a porre alla teologia cristiana, quella circa la singolarità dell'incarnazione di Dio in Gesù Cristo. L'opera di Thomas Paine L'età della ragione (1776) è l'antesignana di questa tendenza che vede un'incompatibilità dell'esistenza degli extraterrestri non con il teismo in generale, cioè con la rappresentazione di un Dio personale e creatore dell'universo, ma appunto con la comprensione cristiana di Dio, cioè con quella comprensione di Dio che lo vede incarnarsi, una volta per tutte, nella figura storica di Gesù di Nazaret per redimere non soltanto l'umanità, ma il cosmo intero riconciliandolo con se stesso. 
Al fondo di questo problema sta la formulazione di un'alternativa: o si ammette l'esistenza di intelligenze extraterrestri, e allora sembra perdersi il significato cosmico dell'evento singolare di Cristo, oppure non la si ammette, e allora quest'ultimo può essere mantenuto. Kreiner tenta di superare questa rigida alternativa concependo il problema posto dall'esistenza di extraterrestri intelligenti e della loro probabile religione alla stregua di quello che impegna la teologia cristiana con le religioni non cristiane. In particolare, la proposta di Kreiner passa per un ripensamento del concetto teologico di “incarnazione” e in particolare della tesi anselmiana della necessità dell'incarnazione di Dio in Gesù Cristo a motivo del peccato umano. Seguendo l'indirizzo di altri teologi medioevali come S. Bonaventura e Duns Scoto, egli propone di concepire l'incarnazione come il compimento del rapporto tra Dio e il mondo, dunque come un evento non collegato alla contingenza del peccato umano, ma al disegno complessivo di Dio sulla sua creazione. Ammesso questo, diviene plausibile pensare che un'incarnazione, ovvero una manifestazione di sé, come quella avvenuta in Gesù Cristo, sia realizzata da Dio anche in altri luoghi rispetto alla Terra, soltanto in forme diverse. In modo simile a quanto sostenuto dalla posizione pluralistica all'interno dell'attuale teologia delle religioni, la singolarità dell'evento di Cristo non entrerebbe in contrasto, così, con la manifestazione di Dio in altre religioni, ma rappresenterebbe una delle forme di tale manifestazione cosmica di Dio. Si tratta di una tesi che naturalmente è discutibile sotto diversi profili – come il curatore del testo evidenzia nell'Editoriale – ma che rappresenta un risposta non banale o elusiva ad un problema tanto affascinante intellettualmente quanto potenzialmente dirompente per la teologia cristiana.

Andrea Aguti

Commenti

Anonimo ha detto…
Geremia
Non mi sembra che il problema, comunque lo si voglia considerare, possa avere effetti dirompenti per la teologia cristiana. La teologia classica forse si è eccessivamente soffermata sulla interpretazione simbolistica dei fatti e degli eventi anche narrati dalla Bibbia. Ciò in verità per l'influsso, spesso falsamente talmudistico", del concetto di molteplicità semantica dei termini verbali che si prestano a costruzioni allegoriche talvolta arzigogolate ed anche arbitrarie.
Alcuni episodi sono talmente espliciti (come per esempio quelli che narrano di esseri palesemente non terrestri che fungono da messaggeri o visitatori) che lasciano perplessi (vedasi per esempio le opere di Marco Biglino). Cristo si è fatto uomo? E allora? è stato per portare la salvezza agli uomini privilegiandoli con la priorità della sua predicazione. Se arriveranno i Marziani o i Venusiani e chissà chi e verranno in contatto con gli umani si vedrà. Sono già scesi sulla terra? Ma se ci sono decine di opere pittoriche che raffigurano "dischi volanti" da secoli?
Io non mi farei problemi perché implicano il rischio di chi, al tempo di Galileo Galilei si scandalizzarono perché il telescopio aveva svelato che la macchie lunari non erano trasparenze della "quinta essenza" aristotelica.

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