Continua
da parte nostra la condivisione di articoli dal sito francese www.temoignagechretien.fr del 14
ottobre 2012 (traduzione: www.finesettimana.org).
Oggi
pubblichiamo un testo di Anna Soupa che traccia il cammino compiuto insieme dal
clero e dai laici a partire dal Concilio fino ai giorni nostri.
Sono quasi nozze d'oro tra preti e laici
quelle che si festeggiano in questi giorni. E infatti, sotto le ali della
colomba dello Spirito Santo, proprio dietro il baldacchino di San Pietro, clero
e laici si sono uniti, per volontà dei Padri conciliari stessi, per costruire
insieme la loro Chiesa.
I documenti conciliari pongono le basi di
questo lavoro con un certo entusiasmo. La Costituzione Lumen Gentium dedica
ai laici un intero capitolo, mentre il Decreto sull'apostolato dei laici afferma
che “i laici hanno la loro parte attiva nella vita e nell'azione della Chiesa”
(§ 10). Senza troppi complimenti, i Padri spazzano via così la distinzione
classica: il clero per la Chiesa e i laici per il mondo. Un nuovo “sistema”
sarebbe stato messo in atto nella Chiesa.
Poi, nel 1988, nell'esortazione apostolica Christifideles
laici, Giovanni Paolo II definisce perfino lo spazio della
corresponsabilità dei fedeli laici nella Chiesa-Missione (cap. 2), invitando i
fedeli laici ad essere “eccellenti amministratori della grazia multiforme di
Dio”, svolgendo un ruolo attivo nella “formazione di comunità ecclesiali”
(cap. 2, § 34). E infatti i laici si sono impegnati in gran numero in compiti
fino ad allora svolti da preti o religiosi. La sociologa Céline Béraud racconta
la forte soddisfazione che ha accompagnato questo investimento (1). Sì, c'è
gioia ad annunciare il Vangelo, sì, i prodigiosi tesori del cristianesimo
affascinano...
Quanti sono questi laici, in tutta la
Francia? Ahimè, le statistiche mancano. E le situazioni sono molto diverse. Ma
si mormora pure che l'istituzione si mostri riluttante a mettere in piena luce l'ampiezza
del contributo laico. Un solo esempio: come potrebbe sopravvivere la diocesi di
Chalons-en-Champagne con i suoi soli 33 preti? Così cambia la Chiesa, anche se
non bisogna dirlo, come nota Céline Béraud. In cinquant'anni, la Chiesa
francese è veramente passata da un'amministrazione clericale ad
un'amministrazione laica. Un'autentica rivoluzione.
È contro questo cambiamento che si leva la corrente
restauratrice attuale. Qual è la sua
preoccupazione maggiore? Trovare preti, anche
a costo di disconoscere l'investimento laico anteriore. Sembra che sia questa
focalizzazione disordinata ed irrealistica sull' “atteso ricambio” (di preti)
che ha sconvolto e deteriorato i rapporti tra clero e laici. Oggi, il prete non
si aspetta più niente dal laico, se non che gli fornisca preti, cioè che
moltiplichi la sua immagine. Quanto al laico, continua a vedere nel prete un
padre di cui vorrebbe prendere il posto. Crisi d'identità da una parte, crisi
di crescita dall'altra. Quale coppia resisterebbe in acque tanto agitate?
Non è molto difficile vedere che centrale,
nelle rimostranze reciproche degli uni e degli altri, è la questione del
potere. La corrente restauratrice vuole mostrare che il potere appartiene al
clero, poiché quasi mille anni lo attestano (2). E il clero lo esercita...
Effettivamente, alla Conferenza cattolica dei battezzati francofoni riceviamo
quotidianamente le proteste di parrocchiani allontanati in maniera
discrezionale, di donne escluse dalla distribuzione della comunione, di persone
divorziate o omosessuali a cui la si rifiuta. Senza che siano dichiarati i
motivi, se non, a volte, in nome dell' “intima convinzione”! Tutto questo
ricorda molto il ripudio senza motivo denunciato da Gesù (Matteo 19,3)...
Come uscire da questa impasse? La risposta
della conferenza dei battezzati/battezzate è chiara: per salvare il rapporto
tra preti e laici bisogna rifiutare la guerra degli uni contro gli altri e
privilegiare ciò che hanno in comune: il battesimo, cioè la fede, manifestata
attraverso il Credo. Senza dimenticare di analizzare tutte le componenti del
problema di fondo, quello del potere. Il potere non è forse ceduto, prima di
essere preso? In altri termini, lo spirito di sottomissione che ancora troppo spesso
anima i laici davanti ai preti, è qualcosa di cui i laici devono liberarsi,
aiutandosi in questo sforzo reciprocamente.
La seconda liberazione del laicato consiste,
secondo me, nel marcare nettamente la propria differenza. Rendersi amabili
(cosa indispensabile) per essere di nuovo amati. Coltivando, ad esempio, lo spirito
d'invenzione. Da parte dei preti, la parola da ricordare mi
sembra sia quella di Gesù: è perdendosi che ci si trova.
La crisi d'identità dei preti non troverà
soluzione se non in un'analisi serena dei bisogni spirituali degli uomini e
delle donne di oggi e nel desiderio di aiutarli. Servizio che, del resto, era
già inscritto nei documenti conciliari. Per gli uni come per gli altri, questo
è il prezzo della rinascita.
(1) “Prêtres, diacres, laïcs. Révolution silencieuse dans
le catholicisme français”,
PUF, 2007
(2) Si
tratta di tre “funzioni”: governo, santificazione e insegnamento.
* Anne Soupa è biblista. Con Christine
Pedotti, ha fondato la “Conférence catholique des baptisés francophones” (CCBF).
Ha appena pubblicato “Dieu aime-t-il les femmes?”, Médiaspaul.
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