Due amori dunque diedero origine a due città,
alla terrena l'amor di sé fino all'indifferenza per Iddio, alla celeste l'amore
a Dio fino all'indifferenza per sé. Inoltre quella si gloria in sé, questa nel
Signore. Quella infatti esige la gloria dagli uomini, per questa la più grande
gloria è Dio testimone della coscienza.
Quella leva in alto la testa nella sua gloria,
questa dice a Dio: Tu sei la mia gloria anche perché levi in alto la mia testa . In quella domina la
passione del dominio nei suoi capi e nei popoli che assoggetta, in questa si
scambiano servizi nella carità i capi col deliberare e i sudditi con
l'obbedire. Quella ama la propria forza nei propri eroi, questa dice al suo
Dio: Ti amerò, Signore, mia forza.Quindi nella città terrena i suoi
filosofi, che vivevano secondo l'uomo, hanno dato rilievo al bene o del corpo o
dell'anima o di tutti e due. Coloro poi che poterono conoscere Dio, non lo
adorarono e ringraziarono come Dio, si smarrirono nei propri pensieri e fu
lasciato nell'ombra il loro cuore stolto perché credevano di esser sapienti,
cioè perché dominava in loro la superbia in quanto si esaltavano nella propria
sapienza. Perciò divennero sciocchi e sostituirono alla gloria di Dio non
soggetto a morire l'immagine dell'uomo soggetto a morire e di uccelli e di
quadrupedi e di serpenti e in tali forme di idolatria furono guide o partigiani
della massa. Così si asservirono nel culto alla creatura anziché al Creatore
che è benedetto per sempre . Nella città celeste invece l'unica filosofia
dell'uomo è la religione con cui Dio si adora convenientemente, perché essa
attende il premio nella società degli eletti, non solo uomini ma anche angeli,
affinché Dio sia tutto in tutti.
Agostino da Ippona,De civ. Dei 14, 28
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