Condividiamo dal sito www.temoignagechretien.fr un articolo del 14 ottobre 2012 (traduzione ad opera di www.finesettimana.org) in cui Christine Pedotti ci racconta di quanto siano cambiate in cinquant'anni le domeniche cattoliche in Francia e non solo per la sostituzione del latino con il francese. Due racconti, neanche tanto immaginari, di celebrazioni di prima e dopo i cambiamenti conciliari, che valgono da risposta a tutti gli scettici sul tema della riforma liturgica e ai nostalgici di vecchi messali.
1960. In attesa della “messa
grande”
Domenica 9 ottobre, ore 7.
Nella luce grigia che precede l'alba, alcune figure si affrettano verso la
porta laterale della Chiesa Notre-Dame des Anges. La prima messa sarà della
alla 7h15. Ma non vi assisteranno tutti. Ad esempio, quella donna di una certa
età che esce dal confessionale col velo in testa. Si inginocchia davanti alla
balaustra, dove c'è la cancellata che separa il coro dall'altare. In sacrestia,
il giovane abate Roussel è già pronto. Ha infilato al di sopra della tonaca una
semplice tunica bianca. Indossa la stola, di cui bacia la croce dorata, si
inchina davanti al ciborio che afferra e fa segno a Christian, il chierichetto
che sbadiglia ancora, di precederlo. La signora aspetta, con gli occhi
semichiusi. All'arrivo del prete e del bambino, tira fuori la lingua. “Corpus
Christi”. Fa la
comunione. Gilbert Roussel
la conosce bene, è la moglie del farmacista. Una persona devota. Ogni domenica,
viene a fare la comunione molto presto, subito dopo essersi confessata. Resta
inginocchiata alcuni istanti, poi velocemente lascia la chiesa. Tornerà alcune
ore dopo per la “messa grande”, al braccio del marito, con vestito elegante,
cappello e guanti.
7h15, prima messa bassa. Il
vicario mormora in latino. Christian è già abituato a quell'esercizio, anche
insonnolito mormora qualche “et cum spiritu tuo”. Il pubblico è composto da una
quindicina di fedeli, in maggioranza donne. Certi leggono il loro messale,
altri recitano il rosario. Al momento della consacrazione, Christian agita il
campanello, tutti i fedeli in ginocchio abbassano il capo. Saranno poi in sei
ad avvicinarsi per la comunione.
7h45, la messa è finita. I
parrocchiani dell'alba potranno andare a fare colazione. Gilbert Roussel,
invece, non mangia e non beve niente. Essendo primo vicario, dirà ancora la
messa dei catechisti alle 10h. Si
sistema in uno dei confessionali, con la porta aperta, e comincia a leggere il
breviario in attesa di un penitente. Il secondo vicario, a quel punto, esce dal
confessionale dove confessava dall'apertura della chiesa alle 6h30. Si prepara
per la messa delle 8h. Arriva una signora alquanto trafelata e si inginocchia.
Gilbert la confessa
rapidamente. Quando si unisce alla trentina scarsa di fedeli della seconda
messa, il velo sul calice non è ancora stato tolto, la messa è ancora valida.
Questa volta si conta una decina di persone che fanno la comunione. Per quelli
a cui piace dormire, quella delle 9 sarà l'ultima messa della giornata dove
sarà possibile fare la comunione, in virtù di una recente disposizione presa da
Monsignor Arciprete che vorrebbe che i suoi parrocchiani facessero la comunione
più spesso.
La messa delle 10h, detta
dei catechisti, rimane una delle funzioni più frequentate della parrocchia. È
in quella messa che si è espressa la volontà di riforma dell'arciprete René
Demaison. Pensa che i fedeli debbano essere spronati a partecipare di più. Per
prima cosa, si tratta di una messa dialogata, in cui tutti sono invitati a
rispondere al prete e non più solo il chierichetto. Poi, l'epistola e il
vangelo sono riletti in francese ai piedi degli scalini dell'altare dal giovane
sottodiacono dopo che il celebrante li ha pronunciati all'altare in latino.
René Demaison spera che il Concilio che papa Giovanni XXIII ha convocato arrivi
a permettere che una parte della messa venga detta in francese, almeno per le
messe a cui assistono bambini. Allora, fin da adesso, fa qualche esperienza,
per preparare le persone al cambiamento. E sembra proprio che la cosa piaccia.
La “messa grande” delle 11h
è quella con maggiore affluenza. Qui è importante farsi vedere. Mentre alle
altre messe, la maggior parte delle donne estrae dalla tasca un foulard un po'
spiegazzato e se lo annoda sotto il mento, le signore vestite a festa fanno
sfoggio di eleganza e mostrano i loro cappellini. Non manca niente, organo e
incenso a volontà, il coro parrocchiale canta un gregoriano accettabile e il
signor Marcel, il sacrestano in grande uniforme, baffi al vento, percorre la
navata imponendo con lo sguardo feroce il silenzio ai chiaccheroni.
Mezzogiorno. sul sagrato, la
gente parla. In fondo alla navata, comincia l'ultima messa, bassa, per i
ritardatari e per quelli a cui piace dormire fino a tardi. Venticinque minuti
dopo, Ite Missa est! Il sacrestano chiude la chiesa fino ai vespri del pomeriggio.
2012. “La Parola di Dio è
viva”
Domenica 14 ottobre, 10h45.
Le campane della chiesa Notre-Dame des Anges suonano a distesa. Entrambi i
battenti del portone centrale sono aperti, dappertutto nella chiesa ci si dà da
fare. La corale prova ancora una volta i canti sotto la guida di Marie, che
regolarmente si volta verso la navata per far riprendere i ritornelli dai
parrocchiani già presenti. Fa un gesto all'organista perché permetta a Hortence
al violoncello e a Jérémie al violino di prender posto. Bisogna che tutto sia
bello, è una domenica di festa, si celebra l'anniversario dell'apertura del
Concilio da parte di papa Giovanni XXIII, cinquant'anni fa.
Eccezionalmente, sarà
l'unica messa della grande parrocchia “degli angeli e delle campagne”, che comprende
una quindicina di campanili, ossia una dozzina di paesi attorno al grosso
borgo. Per questo, padre Olivier Legrand, il parroco, è calmo e sorridente: di
solito arriva all'ultimo momento facendo stridere i pneumatici, da uno dei
paesi vicini dove è andato a celebrare l'eucaristia. È un pezzo d'uomo di
cinquant'anni, caloroso e simpatico. In questo momento accoglie a braccia
aperte due vecchi preti che guida verso la sacrestia. Mons. Gilbert Roussel è
stato vicario e poi parroco nella parrocchia negli anni sessanta. Vent'anni
dopo, è diventato vescovo in una diocesi vicina, ma una volta in pensione è
tornato al paese. Ha solo ottant'anni e dà ancora generosamente un grande
aiuto. Quello accanto a lui è Padre Michel Charpentier: è un po' più giovane, e
prestava servizio anche lui in questa parrocchia durante il Concilio.
Padre Legrand ha voluto
invitare tutte le persone che hanno fatto vivere la parrocchia da
cinquant'anni: membri delle
équipe pastorali, catechiste e catechisti, animatrici i e animatori liturgici,
responsabili dell'insegnamento religioso e assistenti dei gruppi di azione
cattolica, coloro che hanno accompagnato i matrimoni, i funerali, i battesimi.
Philippe Dumas, il diacono
permanente, ha spulciato gli archivi con sua moglie, e ha steso una lista
impressionante di diverse centinaia di nomi. Certo, non tutti risponderanno.
Alcuni sono morti o sono molto anziani, altri sono andati ad abitare altrove,
molti hanno i capelli bianchi, ma, come dice Padre Legrand accogliendoli
all'inizio della celebrazione: “Voi siete la Chiesa, voi siete il corpo
presente e vivo di Cristo in mezzo agli uomini. Guardatevi gli uni gli altri,
vedete come è bella la Chiesa.” Tutti applaudono, molti hanno le lacrime agli
occhi. Con fervore si chiede perdono: “Signore, abbi pietà di noi, siamo spesso
così incapaci di accogliere coloro che bussano alla nostra porta.” Poi il
Gloria a Dio, cantato a gran voce dall'assemblea, sale verso le volte.
Sono proclamate le letture,
prima una donna, poi un uomo, dopo il salmo cantato da tutti. Il
diacono, dotato di una bella
voce, canta il Vangelo. Il parroco fa una breve omelia, alcune parole, come san
Paolo all'inizio delle sue lettere: “Rendo grazie a causa di voi...”. Poi, in
relazione alle letture del giorno, ricorda che il Concilio ha dato la Parola di
Dio da ascoltare e meditare a tutti i cattolici: “La Parola di Dio è viva...”.
Per la liturgia eucaristica,
i tre preti si ritrovano attorno al grande altare di pietra, il diacono si
mette un po' in disparte. Al momento del Padre Nostro, i bambini vengono
invitati ad andare nel coro e vi rimangono fino al momento dello scambio del
gesto di pace. Il momento della comunione sembra un po' lungo. Anche se ci sono
tre preti e due laici, oggi la chiesa è affollata. La fine della messa appare
alquanto confusa. In fondo, ci sono due famiglie che aspettano con i loro figli
che saranno battezzati. La gente chiacchera. Il diacono viene a far avvicinare
genitori, padrini e madrine, lungo la navata centrale. I futuri battezzati
vengono presentati ai parrocchiani e segnati col segno della croce tra le
esclamazioni di gioia. “I vostri figli sono le pietre vive della Chiesa”,
proclama Padre
Legrand. “Alleluia!” È quasi
mezzogiorno e mezzo, il tempo è passato in fretta. Il sole d'autunno illumina
dolcemente il sagrato dove i parrocchiani ancora si attardano.
*
Christine Pedotti, saggista e autrice di romanzi, ha da poco
pubblicato Faut-il faire Vatican III?
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