Ciò
che unisce i membri della Chiesa è la carità, che si estende non
solo ai vivi, ma anche ai morti che muoiono nella carità, la quale,
come dice S. Paolo [1 Cor 13, 8], non finisce con la vita del corpo:
«La carità non avrà mai fine». Inoltre i morti vivono nella
memoria dei vivi: per cui l‘intenzione di questi ultimi può
indirizzarsi a beneficio di quelli. Per cui tali suffragi possono
giovare ai morti in due modi, come anche ai vivi: per l‘unione
nella carità e per l‘intenzione ad essi diretta. Non bisogna
credere però che i suffragi dei vivi valgano a mutare lo stato di
miseria in quello di felicità, o viceversa. Essi valgono solo per
ottenere una diminuzione della pena, o qualcosa del genere, senza che
lo stato dei morti venga mutato. suffragi gli siano validi dopo la
morte. Per cui se questi gli giovano anche allora, è sempre in
dipendenza da ciò che egli ha fatto mentre era nel corpo.
(…)
La
pena del purgatorio supplisce a quella soddisfazione che non fu
completata mentre l‘anima era nel corpo. Ora, essendo chiaro in
base a quanto si è detto che le opere di uno possono valere a
soddisfare per altri, sia vivi che morti, non c‘è dubbio che i
suffragi fatti dai vivi giovano alle anime del purgatorio.
Non
c‘è alcun inconveniente nel fatto che la pena delle anime purganti
venga completamente annullata per il moltiplicarsi dei suffragi. Da
ciò non segue infatti che i peccati restino impuniti, poiché la
pena dovuta è accettata ed espiata da un altro sotto forma di
soddisfazione.
La purificazione dell‘anima nel purgatorio
consiste nell‘espiazione del reato che impedisce il conseguimento
della gloria. Ma poiché la pena che uno subisce può espiare il
reato di un altro, come si è visto [nel corpo], nulla impedisce che
uno venga purificato grazie alla soddisfazione offerta da un altro.
Tommaso D'Aquino,Summa theologiae
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