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Cattolici, non adeguatevi!


Brani tratti da una tavola rotonda che Giancarlo Zizola organizzò nella sede romana de 'Il Giorno' nel dicembre 1969 in cui Pasolini propone un ideale di spiritualità che rivaluta la tradizione e la bellezza "popolari" della fede e chiede di non conformarsi alla modernità.

Pasolini:  "La domanda è questa: se quello che si esprime at­traverso la liturgia è il popolo
che voi dite come soggetto, mi pare non arriviamo a una distinzione classista in senso, diciamo, ormai or­todosso e convenzionale della paro­la. Cioè, quando voi parlate di popo­lo e borghesia fate una distinzione ancora psicologica o sociologica, ma non sociale e non classista ancora.
Ora, quando voi criticate il borghese, come sarei io ad esempio, che richie­derebbe alla messa - almeno in linea teorica perché in effetti io non vado a messa - il suo mistero, il suo mo­mento estatico, il silenzio o il mistero di una lingua incomprensibile, voi fate un rimprovero massimalistico al borghese; lo chiamate borghese indi­vidualista e, in un certo senso, guar­date un po' ironicamente questa sua esigenza misticheggiante, che è an­che estetizzante. Ma allora vorrei citare una frase di Mircea Eliade che è abbastanza tipica. Egli dice che il po­polo vive la ritualità in concreto, completamente, esistenzialmente, corporalmente; il popolo inteso in un senso vago della parola, cioè il popolo come era nelle civiltà conta­dine, nelle civiltà agrarie, nell'ambito in cui è nata la religione cristiana, vi­ve il rito in concreto e la sua esperienza rituale –dice proprio così- equivale alla più intima esperienza privata, personale dell'uomo moderno. Cioè con questo si istituisce una specie di analogia tra l'esperienza e­stetica, perché no, di un uomo mo­derno e l'esperienza religiosa del po­polo antico, contadino, preindustriale. Ora, secondo me, questa analogia ha una certa ragione d'essere. Non è che si possa buttar via tacciandola di estetismo e basta. E questa analogia, che si può trovare tra il popolo di og­gi, tra l'uomo borghese moderno di oggi e il popolo preindustriale, è un fatto che si ripete oggi nelle chiese, perché in un certo senso il popolo è rimasto quello di allora; in parte è ancora in qualche modo come i preindustriali, vive ancora un'espe­rienza religiosa di tipo contadino, di tipo magico. E allora le donnette si trovano accanto, alla messa, un bor­ghese colto, estetizzante. Quindi nella messa convivono queste due situazioni che sono analoghe».


 Balducci: «Noi rischiamo sempre di dimenticare che la nostra fede si de­ve riferire a un convivio, e non ad un banchetto religioso o magico, ma ad un banchetto normale, che conteneva l'intenzione salvifica del Signore.
Secondo me, proprio gli uomini per così dire meno religiosi, si trovano meglio nella liturgia rinnovata. E' una liturgia che domani sarà molto più a­datta all'operaio secolarizzato che non al borghese colto, il quale dovrà umiliare la propria religione, il pro­prio soggettivismo, se vuol essere un credente».

Marsili: «La liturgia come l'abbiamo fatta finora poteva essere ed è alie­nante, appunto perché espressione di una religione carica di un atavi­smo più o meno magico. Nel medioevo tutte le messe erano da morto e certi cattolici arrivavano al colmo dicendo che durante la messa l'anima, per la quale la messa era applicata, veniva liberata dal purgatorio.
Lutero li rimproverava di non fare la messa per i vivi, di non invitare la gente alla cena, ma di fare sacrifici per i defunti. E' in questo senso che oggi dobbiamo distaccarci da questo tipo di liturgia. Bisogna che cominciamo a diventare antitridentini e antimedievali, per fare la riforma. Il medioevo è stata la rovina della Chiesa cattolica, perché è stato la prostrazione della fede, riempita di tutto il magismo nordico. Quando sentiamo Ross definire il medioevo come il tempo delle cattedrali, dico che Ross non ha capito niente, per­ché quelle cattedrali sono per noi la moltiplicazione del tempio di Geru­salemme. Non deve restare pietra su pietra, arte o non arte che sia...».

Pasolini: Arte e religione sono due fenomeni coesistenti e strettamente unitari».

Marsili: «Sì, ma non è più fede, non è più cristianesimo...».

Pasolini: «Il fatto è che gli edifici delle chiese - arte e religione - erano bel­li!»

Marsili: «È un altro discorso. Cristo annuncia la distruzione di un tem­pio e la ricostruzione in sé stesso, proprio per creare una forma nuova alla base della quale c'è solo la con­versione. "Convertitevi!": Cristo non lo ha detto ai pagani, ma agli ebrei, che erano attaccatissimi alla religione».

Pasolini: «Lo so, ma essere antime­dievali e antitridentini significa esse­re alla retroguardia, cioè bisogna trovare qualcosa di più...».

Balducci: «Per Pasolini, è chiaro, la Chiesa non può vivere solo se ha questa alimentazione "religiosa" . Non può ammettere la distinzione che noi ammettiamo tra fede e religione. Credo che egli ci chieda come possa domani esistere ancora la
Chiesa quando ipotizza il superamento di queste forme religiose».

Burgalassi: «Ma io proprio come so­ciologo - a parte il fatto religioso - di­rei che la Chiesa può esprimere anche in futuro valori di profezia riscoprendo l'uomo.

Pasolini: Ma l'uomo del futuro sarà un uomo alienato…

Burgalassi: La liturgia di oggi, nella misura in cui permette la riscoperta dei valori umani –la spontaneità, la comunità, la comunione, l'amore- guarda al futuro, cioè scopre l'uomo e favorisce la crescita dell'uomo. ­

Pasolini: Lo scopre nel momento in cui l'uomo sta, come mai è avvenuto nella sua storia, per venire alienato… La nuova liturgia in un certo senso borghesizza il rapporto tra sacerdote e fedele. Mentre prima era un rapporto feudale: la messa in latino era un rapporto feudale tra un popolo preindustriale e una élite di tipo feudale. Quindi la Chiesa era alienante in quanto il sacro era un abituare il popolo alla rassegnazione, al 'memento morI' come dice Marcuse. Adesso invece il rapporto non è più tra feudatari o piccole élites di potenti e un grande popolo di tipo preindustriale, adesso il rapporto è tra piccola borghesia e classe dominante, un borghese di tipo capitalistico e un popolo che si sta rapidamente evolvendo. La liturgia abolendo il latino, dando questa forma di democrazia alla Chiesa, si adegua ai tempi. Io faccio un discorso puramente esteriore, non lo faccio dal 'interno della Chiesa. A questo punto l'unico at­teggiamento della Chie­sa, se vuole salvare l'uo­mo attraverso i valori u­mani di cui voi mi parla­te, è l'opposizione totale, radicale alla borghesia, che va verso una trasformazione completamen­te alienante dell'uomo. E infatti se voi osservate le società borghesi più progredite di quella italiana - per esempio in A­merica - il loro tipo di religiosità è u­na religiosità completamente alie­nante. Tutte queste forme di religiosità - per esempio gli hyppies- sono tutte di tipo repressivo e alienante. Ora il futuro immediato, anche in Italia è questo qui».

Balducci: «Se il compito del Vangelo è quello di li­berare completamente l'uomo, allora si tratterà ­di vedere via via quali sono le forme alienanti e l'importante è che la Chiesa non si allinei».

Pasolini: Allora questa Chiesa dovrà essere radicalmente, massimalisticamente antiborghese.

Balducci: «Io direi che il momento liturgico dovrebbe essere - una volta realizzato al di fuori degli involucri sacrali che ancora lo inceppano - il momento della massima responsabilizzazione dell'uomo. Per noi la ri­flessione col mistero del Cristo è una riflessione che non può essere consi­derata per definizione alienante. Ma se noi crediamo che l'uomo abbia la possibilità, mediante la fede, di trascendere le forze storiche che lo dominano, allora il cre­dente diventa non l'uomo che volta le spalle alla storia per rivolgersi a Dio, ma l'uomo che si pone in faccia alla storia in una situazione di responsabilizzazione massima, che poi viene data dalla parola profetica. In ogni modo tutte le forze che responsabilizzano l'uomo per noi sono forze evangeliche».­

Pasolini: "Anch'io penso che il Vangelo sia uno dei modi di responsabi­lizzazione autentica… Ma allora co­me ottenere questo? Perché ad un certo punto l'uomo potrà non essere più in grado di capirvi».

Marsili: "L'uomo capisce sé stesso, l'uomo capirà sé stesso, capirà il proprio bisogno in quanto l'uomo cerca di superare sempre la situazione at­tuale».


Pasolini: «È un' altra osservazione ottimistica, devo dire. Ma facciamo un' osservazione pessimistica: ad un certo punto l'uomo non sarà più in grado di capire sé stesso. Avrà una tale falsa idea di sé, che non sarà più in grado di capirsi.
Da quello che posso presupporre come uno che si interessa un po' di psicologia vedo davanti a me un tipo di società in cui sarà diffi­cile fare un discorso religioso, cioè autentico, perché o sarà incapace di avvertire un discorso religioso per­ché occupato soltanto dalla soteriologia terrena perché semplicemente non ci sarà più teismo ma neppure antiteismo. E' logico che la società si configuri così... Oppure può darsi che le forme religiose future, che stanno crescendo come dice Paolo VI, siano però del tipo alienante che si diceva».

Balducci: «Comunque la cosa paradossale è che il più religioso è stato Pasolini». 

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