A
partire dagli anni Settanta del secolo scorso, studiosi come Geza
Vermes, James H. Charlesworth, E.P. Sanders e Jacob Neusner hanno
fatto capire bene l’importanza cruciale di vedere Gesù all’interno
e come parte del mondo vivo e vitale del giudaismo palestinese del I
secolo.
Sfortunatamente,
la reazione di troppi accademici americani è stata un’adesione
puramente formale. È sufficiente sfogliare le pagine dei molti libri
su Gesù che racchiudono nel titolo la parola “ebreo” o la
strombazzano nelle loro prefazioni per cogliere il divario fra la
retorica e la realtà. Naturalmente, molti libri americani sul Gesù
storico evitano ora le denigranti parodie della Torah o dei Farisei
incorporate nei più vecchi tomi tedeschi. Al posto di tali
parodie, si incontra uno spostamento d’accento politicamente
corretto, dal Gesù che attacca la Legge, perlomeno nella sua
interpretazione farisaica, al Gesù che attacca la gerarchia, il
sacerdozio e il tempio – che ricevono il ruolo dei cattivi nella
nostra epoca più illuminata.
Il
risultato di questa ridefinizione politicamente corretta non è
un’analisi dettagliata né della natura e del ruolo della Torah
nella Palestina del I secolo, né della complessa posizione di Gesù
verso di essa. L’intricato tema della Torah è invece
liquidato, vuoi per ignoranza vuoi per pigrizia, con alcuni insipidi
commenti sul fatto che Gesù era un ebreo osservante della Legge. I
singoli pronunciamenti che egli espresse in proposito, e la loro
relazione con le concezioni dei gruppi ebraici contemporanei, possono
ricevere qualche cenno di cortesia, ma niente di più. Da questi
libri sarebbe difficile indovinare che i ritrovamenti di Qumran e il
rinnovato studio degli pseudepigrafi dell’Antico Testamento hanno
costretto gli studiosi a ripensare le concezioni legali del giudaismo
al volgere dell’era. È significativo, ad esempio, che la
ricca scorta di materiali halakhici proveniente dalla Grotta 4 di
Qumran sia raramente menzionata, e mai analizzata in profondità.
Quali
che siano gli errori contenuti nel Volume 4 di Un ebreo
marginale, e senza dubbio sono numerosi, perlomeno queste
pagine respingono un grave errore scientifico della ricerca su
Gesù: quello di riempirsi la bocca di parole riguardose nei
confronti dell’ebraicità di Gesù, evitando al tempo stesso come
la peste il cuore pulsante di tale ebraicità: la Torah in tutta la
sua complessità.
Per
quanto sconcertanti siano le posizioni che assume talvolta, Gesù
emerge da questo volume nei tratti d’un ebreo palestinese impegnato
nelle discussioni e nei dibattiti legali tipici del suo tempo e dei
suoi luoghi. È la Torah, e soltanto la Torah, che tramuta in una
persona in carne e ossa la spettrale figura di “Gesù
l’ebreo”. Niente Gesù halakhico, niente Gesù storico. È
per questa ragione che molti libri americani sul Gesù storico
possono essere liquidati su due piedi: la loro presentazione del
giudaismo del I secolo, e in particolare della Legge ebraica, o è
andata dispersa o è così disperatamente fuorviante da deformare sin
dall’inizio qualunque ritratto dell’ebreo Gesù.
È
strano che gli studiosi americani abbiano avuto bisogno di tanto
tempo per assorbire questa idea fondamentale: o si prende sul serio e
si comprende correttamente la Legge ebraica, o si deve abbandonare
del tutto la ricerca del Gesù storico. Non è necessario sgobbare
giorno e notte sui rotoli di Qumran per afferrare questo punto. È
semplicemente ragionevole ritenere che qualunque ebreo scegliesse di
calcare la scena pubblica nella Palestina della prima parte del I
secolo, e di presentare se stesso come un maestro religioso (come un
“rabbino” nel senso lato della parola), dovesse ritrovarsi a
trattare e a dibattere la Torah, sia nel suo complesso che nelle sue
parti. Strano a dirsi, quanto più i libri americani su Gesù si
sforzano di essere dei tomi “rilevanti” e all’avanguardia, che
creano “un nuovo paradigma”, tanto più tendono a perdere di
vista questa ovvietà.
A
questo punto, il paziente lettore del Volume 4 di Un ebreo
marginale potrebbe essere stufo marcio del mantra «il Gesù
storico è il Gesù halakhico». Perlomeno, però, tale lettore è
stato vaccinato per tutta la vita contro il virus che induce amnesia
giuridica nella maggior parte della letteratura americana su Gesù.
La dimensione halakhica del Gesù storico non è mai emozionante, ma
è sempre essenziale. Essa è, fortunatamente, una delle
principali ragioni per cui il Gesù storico non è, e non sarà mai,
il Gesù americano.
John
P. Meier
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