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Vita civile e associazioni: un legame possibile


di Pierfrancesco Sesto Rubino
“Del resto , noi sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno”  Rm 8,28

E’ con queste parole che S.Paolo chiama i suoi confratelli della comunità di Roma a confidare nell’amore di Dio che si esprime attraverso l’azione dello Spirito Santo nella nostra vita e quindi a contribuire all’edificazione del Regno. Tutto concorre, anche i piccoli gesti.

Proprio quest’ultimo aspetto ci può illuminare per dare un senso nuovo a questi anni che stiamo vivendo, caratterizzati da un forte ripensamento di valori sociali presi come assodati (individualismo, competizione, ambizione personale, libertà individuale, etc.) ed alla base dei comportamenti individuali.

Credo che questa crisi non sia solo negativa, quanto piuttosto un’occasione di profondo cambiamento interiore e della qualità delle relazioni interpersonali a cominciare dal rapporto che ognuno di noi ha con la comunità in cui è inserito. Palpabile è l’incapacità e lo smarrimento di ciascuno nel poter dare un valido ed efficace contributo al c.d. bene comune, perché si pensa che ci siano questioni e problemi così complessi e lontani dalla nostra sfera di azione.

Perché allora non proviamo a pensare che  tutto concorre al bene anche le nostre piccole azioni, che la salvezza non dipende dalle nostre opere, ma dall’Amore di Dio che è già operante in mezzo a noi, cerchiamo quindi di fare tutto, proprio tutto, quello che possiamo per concorrere al bene, come ci esorta Paolo. La partecipazione alla vita civile potrebbe così essere vista in altra maniera: dovremmo trovare un modo affinché, anche facendo ciascuno piccoli gesti, magari in relazione con gli altri, possa essere utile alla vita della comunità.

Questi piccoli gesti potrebbero essere il prendersi cura dei beni della comunità, quei luoghi che ci aiutano a vivere insieme quali cortili, piazze, scuole, ma anche beni immateriali quali la legalità, la fiducia reciproca, che migliorano il nostro vivere insieme attraverso il contributo di ciascuno, non sono qualcosa di eroico, ma se vengono fatti da tanti possono veramente cambiare una cultura.

Ecco, perciò, che le occasioni di partecipazione dei cittadini alla vita civile mirano a cambiare sia le relazioni tra le persone, ma anche con le istituzioni, ricordiamoci che gli enti pubblici hanno oggi due limiti: uno finanziario dovuto alla mancanza di fondi da destinare alla vita comune, l’altro di concreta difficoltà di rispondere alle molteplici e complesse esigenze dei cittadini, perché allora non lasciare più spazio al contributo della cittadinanza che, attraverso le proprie risorse anche immateriali, recupera un proprio ruolo nell’azione amministrativa, smettendo di delegare tutto agli eletti? Le nostre comunità sperimentano già esperienze di questo tipo con le associazioni di volontariato, occorre però fare un salto di qualità, capace di mettere a sistema questa sussidiarietà in modo che diventi un modo semplice ed efficace di governo del territorio.

Il mondo cattolico ha molto da condividere e credo che dovrebbe essere un protagonista del cambiamento attraverso le sue associazioni, le parrocchie, le misericordie, il volontariato piuttosto che fornendo soltanto alcune persone della classe dirigente. Credo che è nostro compito sostenere i percorsi partecipativi in atto, perché non hanno colore politico, sono dei cittadini che ci partecipano, riusciremmo così a smarcarci finalmente dal dover scegliere una parte politica.

Mi farebbe piacere che cogliessimo le occasioni offerte dai bilanci partecipati o dai regolamenti sulla partecipazione di alcuni comuni della nostra provincia per proporre qualche progetto concreto sulla vita delle nostre comunità: ad esempio sull’educazione al bene comune o alla convivenza, sulla tutela ambientale, sulla cura dei beni pubblici.

Solo a titolo di esempio: il comune dove abito – Lucca – sta ripensando il regolamento sulla partecipazione dove, in particolare, sono previsti gli Organismi Territoriali di Partecipazione (una volta c’erano le circoscrizioni), in cui è richiesta una rappresentanza delle associazioni presenti sul territorio; tali nuove realtà rappresentative potrebbero essere il luogo dove promuovere e coordinare la partecipazione dei cittadini. Nel corso dei prossimi mesi è previsto un percorso “costituente” per progettare struttura, finalità e composizione di questi organi di partecipazione, credo sia importante che il mondo cattolico organizzato dia un suo contributo e partecipi a questa esperienza, non tanto per appoggiare un progetto di parte, quanto per portare una sensibilità unica e vivere concretamente il proprio essere cristiani nel mondo (ne parleremo insieme con Movimento Ecclesiale Impegno Culturale e Azione cattolica presso il Villaggio Solidale il 12/04/2013 dalle ore 16 alle ore 18).

La partecipazione dei cittadini non può finire qui, ci vuole un supplemento di creatività, si potrebbero creare – applicando il principio di sussidiarietà – realtà associative no profit per occuparsi dei beni della comunità, cercando di formare una rete (anche utilizzando il web) tra le varie realtà di cittadini, in cui ciascun nodo della rete diffonde la cultura della partecipazione attraverso azioni concrete compiute dalle persone stesse con lo stile del learning by doing (imparare facendo). Ecco, quindi, che si arriva ad un altro punto nodale quello della educazione alla partecipazione: è necessaria un’attenzione specifica perché si deve far recuperare alla gente la voglia e la fiducia di occuparsi del bene comune, di essere cittadini attivi in maniera semplice e diretta.

Questi obiettivi di partecipazione dovrebbero coinvolgere anche gli amministratori pubblici, che si dovrebbero vedere come facilitatori e registi di un crescente protagonismo civico, mettendo in forte discussione il loro ruolo fin qui svolto.

Serve veramente un nuovo protagonismo civico da parte del mondo cattolico anche e soprattutto per mettersi sulla stessa lunghezza d’onda delle donne e degli uomini di oggi.

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