di
Bruno Forte
da “Il Sole 24 Ore” del 28 aprile 2013
Era il 28 aprile 1973,
esattamente come oggi, quarant'anni fa. A Tolosa, in una delle baracche abitate
allora dai Piccoli Fratelli di Gesù, cui aveva voluto unirsi dopo la morte
dell'amatissima moglie Raïssa, Jacques Maritain - pensatore di fama mondiale -
morirà povero, come aveva scelto di essere nel desiderio di imitare il più
possibile il Signor Gesù, da lui seguito con intensissimo amore dal giorno del
suo ingresso da adulto nella Chiesa cattolica.
I quarant'anni trascorsi da
quell'ultimo addio permettono di osservare con obiettività come non siano
affatto morte le sue idee, che sembrano anzi più vive e attuali che mai a partire
dagli scenari che l'umanità sta attraversando, e in particolare da quelli del
nostro Paese, provato da un'evidente, sconcertante crisi della sua
classe politica. Vorrei mostrare perché, muovendo da una singolare pagina, in
cui il grande e umile Maritain così presentava se stesso: «Chi sono io dunque?
Un professore? Non lo credo; ho insegnato per necessità. Uno scrittore? Forse.
Un filosofo? Lo spero. Ma anche una specie di
romantico della giustizia troppo pronto a immaginarsi, ad ogni combattimento, che fra gli
uomini sorgerà senz'altro il giorno della giustizia come della verità. Forse sono anche una specie
di rabdomante con l'orecchio incollato alla terra, per captare il mormorio
delle sorgenti nascoste, l'impercettibile fruscio delle germinazioni invisibili.
E forse, come qualsiasi cristiano, nonostante le paralizzanti miserie e
debolezze e tutte le grazie tradite di cui prendo consapevolezza alla sera
della mia vita, sono anche un mendicante del cielo travestito da uomo del
nostro secolo, una specie di agente segreto del Re dei Re nei territori del
principe di questo mondo...».
Un "romantico della
giustizia", "una specie di rabdomante", "un mendicante del
cielo": su queste tre affermazioni vorrei brevemente fermarmi, per
cogliere quanto esse dovrebbero (e potrebbero!) essere decisive, se ognuno dei
nostri politici provasse a realizzarle nella propria vita. Per dare, tuttavia,
un sapore di levità alle mie parole, non le presenterò in forma di precetti e
doveri, ma in quella molto più modesta di un desiderio o anche soltanto di un
sogno.
Sogno dunque politici che
siano "romantici della giustizia", donne e uomini che si dedichino al
servizio del bene comune e all'urgente superamento della stanchezza, delle
divisioni e della pericolosa debolezza del Paese, perché mossi da uno sguardo
capace di spingersi in alto e lontano.
La paura e l'abdicazione si
vincono solo puntando a mete grandi, ardue, ma possibili. Occorrono persone
appassionate, veri e propri prigionieri della speranza, che diano soffio e
slancio all'azione sociale e politica del Parlamento e dell'intera Nazione,
sapendo tener fisso lo sguardo della mente e del cuore alla giustizia maggiore
possibile e a una Patria, che sia veramente tale anzitutto per i piccoli e i
deboli. Occorrono donne e uomini capaci di pensare in grande, di osare per una
meta bella e alta, di pagare il prezzo anche a livello personale per il
conseguimento di un fine che valga la pena perché giusto e buono per tutti,
persone libere e sufficientemente forti per non arrendersi di fronte alle
esigenze - spesso brutali -della "Realpolitik" o agli interessi di
corto raggio degli egoismi personali o collettivi. La speranza dei grandi
orizzonti di giustizia e di pace per tutti dovrebbe essere la molla ispiratrice di chi
voglia impegnarsi al servizio della cosa pubblica. In un tempo di crisi delle
ideologie, di eclissi degli ideali, abbiamo bisogno di chi - da vero
"romantico della giustizia" - sappia ancora credere a una beatitudine
come quella proclamata anni fa dal "vescovo dei poveri", il brasiliano
dom Helder Camara: «Beati coloro che sognano: porteranno speranza a molti cuori
e correranno il dolce rischio di vedere il loro sogno realizzato». Con Maritain
non temo di affermare che il sogno di un "umanesimo integrale",
libero da catture ideologiche, è ancora possibile e che ne è voce affidabile
proprio la dottrina sociale della Chiesa.
Sogno politici che siano
"rabdomanti", «con l'orecchio incollato alla terra, per captare il mormorio
delle sorgenti nascoste», capaci cioè di leggere i segni dei tempi, di
avvertire le urgenze reali, di corrispondere al grido silenzioso dei poveri, e
di perseguire non astratti progetti ideologici, ma piani di equità e di
crescita, in cui l'esigenza dei conti in regola non sacrifichi mai l'ambito
vitale dei deboli, doni audacia al possibile e chieda sacrificio soprattutto a
chi già ha di più. Sogno inoltre che questi "rabdomanti" sappiano
riconoscere «l'impercettibile fruscio delle germinazioni invisibili», accorgendosi
del nuovo che sta nascendo, liberandosi dalla ripetitività di modelli morti e
infecondi, intuendo le potenzialità latenti in tante componenti del nostro
popolo e dell'intero Paese, e le sfide che invitano la politica a scommettere
coraggiosamente per un futuro diverso, migliore per tutti.
Non basta che questi
"rabdomanti" sappiano gridare i loro "no": occorre che
siano anche propositivi e umili, rispettosi della democrazia che vorrebbero
sanare e che non si ripara a colpi d'ascia, ma nel rispetto delle istituzioni,
della legalità e di ogni persona umana, a cominciare dall'avversario politico.
Con Maritain non rinuncio a credere nelle possibilità dell'intelligenza umana e
nella dignità di ogni uomo o donna che eserciti i propri diritti e faccia le
sue scelte in piena libertà.
Sogno, infine, politici che
non rinuncino a essere "mendicanti del cielo", che sappiano cioè
coniugare la fedeltà al
mondo presente a quella dovuta al mondo che deve venire, che non si limitino a
formulare giudizi meramente pragmatici circa le scelte da fare e uniscano la
tattica dei piccoli passi alla strategia delle grandi mete, dei sogni e delle
speranze collettive. C'è bisogno di protagonisti capaci di misurarsi costantemente
con l'assolutezza dei giudizi etici, con le esigenze dell'amore di Dio e del
prossimo. Non si vive di solo pane: occorre promuovere con la vita la verità della
vita, con il soddisfacimento dei bisogni materiali la cura delle esigenze
spirituali e morali.
Affermava il gesuita tedesco
Alfred Delp, morto martire della barbarie nazista in campo di
concentramento: «Il pane è
importante, la libertà è più importante, ma la cosa più importante di tutte è
la fedeltà mai tradita e l'adorazione vera».
C'è bisogno di uomini e
donne impegnati in politica, pronti a non cedere al compromesso morale, decisi
nel rifiutare la menzogna e il vantaggio egoistico, esercitati nel misurarsi
costantemente sul giudizio morale, che non sbandierino valori non vissuti da loro,
almeno sul piano della tensione e dello sforzo onesto. Come Maritain ritengo
che l'apertura della mente e del cuore al Trascendente non solo non tolga nulla
di vero, di giusto e di bello alla vita, ma renda migliori le nostre scelte, fortifichi
i nostri cuori e ci aiuti a tirare nell'oggi del mondo qualcosa della futura
giustizia di Dio. Il pensiero e la testimonianza di Jacques Maritain sono
dunque, a quarant'anni dalla sua morte, una proposta e una sfida ancora aperte.
Farne tesoro potrebbe essere per chi voglia impegnarsi in politica una riserva
dalle notevoli potenzialità da mettere al servizio del bene comune.
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