di Lorenzo Banducci
Sono giorni che sui giornali non si parla altro che di spending review. Riduzione di sprechi e taglio della spesa pubblica sono nell’agenda del governo in questa sua ultima fase operativa con lo scopo di sventare il temutissimo aumento dell’IVA che potrebbe di fatto aggravare la già pesante situazione di recessione.
Sono giorni che sui giornali non si parla altro che di spending review. Riduzione di sprechi e taglio della spesa pubblica sono nell’agenda del governo in questa sua ultima fase operativa con lo scopo di sventare il temutissimo aumento dell’IVA che potrebbe di fatto aggravare la già pesante situazione di recessione.
Su questo tema si sono scatenati gli ormai soliti dibattiti sul tema trito e ritrito del confronto fra pubblico e privato, fra dirigismo economico e neoliberismo, fra intervento dello Stato per regolarizzare il mercato e libertà del mercato stesso.
Ma siamo così sicuri che nel XXI secolo sia ancora attuale un dibattito come questo? Come possiamo provare ad uscire da questo conflitto che ci fossilizza da anni?
La risposta ha provato a darcela l’economista Massimo D’Antoni su “L’Unità” in un interessantissimo commento sul tema. Il superamento di questo conflitto si basa su 4 punti chiave:
1- Occorre abbandonare l’idea che il pubblico sia un ostacolo allo sviluppo di un’economia di mercato. Se storicamente l’estensione del ruolo del pubblico è andata di pari passo con la crescita economica è perché, al contrario, il primo è stato un ingrediente essenziale del secondo.
2- Bisognerebbe evitare di parlare del pubblico in generale. La raccolta dei rifiuti, la manutenzione delle strade, la sanità e l’istruzione non sono la stessa cosa. Diverse sono le motivazioni per il coinvolgimento del pubblico, diverse quindi le risposte e le modalità con cui il pubblico può esercitare la propria responsabilità nei confronti dei cittadini. Anche a questo riguardo, pensare in termini di contrapposizione è fuorviante: la responsabilità pubblica non coincide con la gestione pubblica diretta, ma può limitarsi in molti casi al ruolo di regolazione, avvalendosi dell’iniziativa e delle competenze degli operatori privati.
3- Occorre evitare di ridurre l’economia a bilancio. La nozione di efficienza economica è ben più ampia di quella contabile di contenimento del bilancio pubblico.
4- Occorre superare l’idea che parlando di pubblico la questione dei diritti riguardi primariamente il lavoro pubblico e non invece l’utenza, i cittadini in quanto fruitori di servizi. Senza partire dalla funzione svolta, dal servizio fornito, c’è il rischio che ogni battaglia sia intesa come difesa dell’occupazione pubblica invece che difesa di beni e servizi forniti a vantaggio di tutti. In special modo di chi non avrebbe possibilità di provvedere alle proprie necessità acquistando quei beni sul mercato, cioè coloro che, in ultima analisi, finiscono per pagare in misura maggiore sia il cattivo funzionamento della pubblica amministrazione che un suo ridimensionamento senza criterio.
Mi piacerebbe adesso immaginare che una forza politica mettesse questo schema al centro di un suo programma politico per il riassetto dell’amministrazione pubblica. Chissà se Matteo Renzi, vincendo le primarie per la leadership del Partito Democratico, ci riuscirà. Presto lo vedremo anche noi…
(Lorenzo Banducci)
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