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La predestinazione del male



L'abisso del mio peccato, del mio male è tale che io come uomo non posso tirarmene fuori da solo; è soltanto attraverso l'azione della grazia divina che l'uomo può salvarsi. Dunque i peccati sono miei, ma la possibilità di salvarmi non è mia, è di Dio. Dice Agostino: "i peccati sono tuoi, i meriti sono di Dio"; i meriti attraverso i quali mi salvo non vengono da me, perché dall'abisso del mio peccato io non potrò mai tirar fuori gli strumenti per salvarmi, ma vengono da Dio.
 Ecco il problema. Allora: la salvezza è soltanto dono divino. Io sono l'autore del male ma non sono l'autore della mia salvezza. Sono l'autore del male ma non posso salvarmi dal male, solo Dio può salvarmi. Allora si pone il grandissimo problema: ma Dio vuole tutti salvi o no? Vuole tutti salvi o no? E allora siamo di fronte a un bivio: se rispondiamo che Dio vuole tutti salvi, e che alla fine, volendo tutti salvi (ciò che Dio vuole può), ci fa salvi, allora dove andrebbe a finire l'efficacia della mia libertà? Io che pecchi o non pecchi è uguale, il mio destino conclusivo è la salvezza che Dio vuole. Dove sarà l'efficacia della libertà, dove va a finire il problema della libertà? Vi è solo una libertà paradossale di poter peccare? Ma questa libertà poi conta ben poco, perché se Dio vuole tutti salvi io, malgrado l'immensità del mio male, sarò salvo, e quindi la libertà viene annullata. Oppure se è indubbio, come dice Agostino e come ripeterà Tommaso, che non tutti si salvano, allora perché Dio alcuni li salva e altri no? Si risponde: per grazia imperscrutabile "Nessun uomo si salverà se non colui che Egli vuole si salvi", dice Agostino e ripete Tommaso. Ma perché se vuole tutti salvi, non salva tutti e solo alcuni?

 E' il grande tema della predestinazione che domina nella teologia luterana, il grande tema del dibattito tra Lutero ed Erasmo che conclude l'Umanesimo e il Rinascimento europeo: il De libero arbitrio di Erasmo da un lato, il De servo arbitrio di Lutero dall'altro. Dice Lutero: facciamo di Dio un idolo ozioso se lo leghiamo alla necessità (alla necessità di salvarci tutti) e ne eliminiamo la forza predestinante. Ma allora se io faccio il bene è perché Dio mi ha eletto, ha costruito la mia anima in modo tale che possa fare il bene; e altrettanto se pecco, altrettanto se sono un peccatore, cioè se la mia natura è tale che mi costringe a peccare: forza predestinante. Per Lutero ciò segna il crollo di ogni possibile teodicea, che significa: ogni possibile giustificazione di Dio; appunto ogni possibile discorso (nato con Platone) che fa di Dio un innocente. Ogni teodicea risulta impossibile, Dio ci predestina in base a un imperscrutabile disegno: alcune nature sono per peccare, altre nature sono per essere salvate comunque, che pecchino o non pecchino, predestinate alla salvezza.
Se non ragioniamo così facciamo di Dio un idolo ozioso, che ci ha fatti tutti per essere salvi a prescindere appunto da tutto ciò che facciamo, da tutto ciò che commettiamo, da tutto ciò che la nostra natura è, esprime, significa, opera. Ma a questo punto Dio non può più essere in alcun modo detto innocente; è un Dio predestinante, quindi in nessun modo innocente. Ogni discorso volto a giustificare Dio per il male del mondo è condannato appunto all'insensatezza. Ma, appunto, è condannato all'insensatezza proprio perché Dio non può più essere ritenuto, come in Platone ma come, ancora, tutto sommato, in Agostino, innocente, perché per Agostino Dio è origine ma non autore del male. Qui invece Dio è proprio autore della mia anima che è un'anima che pecca, destinata a peccare.

Masimmo Cacciari
http://www.emsf.rai.it/aforismi/aforismi.asp?d=363

Commenti

luca ha detto…
Al ragionamento di Cacciari Maritain avrebbe potuto rispondere degnamente.

Io mi limiti a chiedermi: se Dio vuole che tutti siano salvi, impone anche a tutti di accettare la salvezza?

Perché ha creato anime che non accettano la salvezza? Perché è cattivo? Perché anche quell'anima è preziosa ai suoi occhi e indispensabile al mondo?

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