“Non
possiamo ignorare che moltissime funzioni, di fatto oggi esercitate
dal Papa attraverso la sua curia, non discendono necessariamente dal
dogma del primato. Bisognerebbe dare giudizi ben ponderati su
ciascuna di esse, sul loro valore, sulla loro utilità e sulla loro
opportunità. Ma è necessario un giudizio previo che riguardi il
loro rapporto con il dogma della fede cattolica sul primato papale,
in modo che là dove non si tratta dei costitutivi essenziali del
primato stesso, il giudizio di opportunità tenga sommamente conto
della possibilità che il ridimensionamento o la eliminazione di un
certo compito oggi esercitato dal Papa renda più praticabile il
cammino dell’unità. Una per tutte, si pensi alla prerogativa della
nomina dei vescovi.
Sembrerebbe
quindi, dato il sommo bene dell’unità della Chiesa, che il papato
limitasse le sue prerogative solo a quelle costitutive del senso
stesso del primato così come esso è creduto nella fede cattolica. “(Don Severino Dianich )
Né
il dogma del Primato del Vescovo di Roma né quello
dell'Infallibilità insomma possono essere portati come
giustificazione dell'abnorme centralizzazione che caratterizza la
Chiesa Cattolica ,la quale costituisce un elemento patologico che
impedisce la giusta autonomia delle chiese locali e blocca il dialogo con le comunità ecclesiali d'Occidente e con le chiese orientali.
E'
necessario ed urgente un radicale ridimensionamento del potere del
Vescovo di Roma e della sua curia affinché questi ultimi siano riportati nei giusti limiti previsti dallo stesso Concilio Vaticano
I.
Il
Pastore eterno e Vescovo delle nostre anime, per rendere perenne la
salutare opera della Redenzione, decise di istituire la santa Chiesa,
nella quale, come nella casa del Dio vivente, tutti i fedeli si
ritrovassero uniti nel vincolo di una sola fede e della carità. Per
questo, prima di essere glorificato, pregò il Padre non solo per gli
Apostoli, ma anche per tutti coloro che avrebbero creduto in Lui
attraverso la loro parola, affinché fossero tutti una cosa sola,
come lo stesso Figlio e il Padre sono una cosa sola. Così dunque
inviò gli Apostoli, che aveva scelto dal mondo, nello stesso modo in
cui Egli stesso era stato inviato dal Padre: volle quindi che nella
sua Chiesa i Pastori e i Dottori fossero presenti fino alla fine dei
secoli.
Perché
poi lo stesso Episcopato fosse uno ed indiviso e l’intera
moltitudine dei credenti, per mezzo dei sacerdoti strettamente uniti
fra di loro, si conservasse nell’unità della fede e della
comunione, anteponendo agli altri Apostoli il Beato Pietro, in lui
volle fondato l’intramontabile principio e il visibile fondamento
della duplice unità: sulla sua forza doveva essere innalzato il
tempio eterno, e la grandezza della Chiesa, nell’immutabilità
della fede, avrebbe potuto ergersi fino al cielo [S. LEO M., Serm.
IV al. III, cap. 2 in diem Natalis sui]. E poiché le porte
dell’inferno si accaniscono sempre più contro il suo fondamento,
voluto da Dio, quasi volessero, se fosse possibile, distruggere la
Chiesa, Noi riteniamo necessario, per la custodia, l’incolumità e
la crescita del gregge cattolico, con l’approvazione del Sacro
Concilio, proporre la dottrina relativa all’istituzione, alla
perennità e alla natura del sacro Primato Apostolico, sul quale si
fondano la forza e la solidità di tutta la Chiesa, come verità di
fede da abbracciare e da difendere da parte di tutti i fedeli,
secondo l’antica e costante credenza della Chiesa universale, e
respingere e condannare gli errori contrari, tanto pericolosi per il
gregge del Signore.
Capitolo
I - Istituzione del Primato Apostolico nel Beato Pietro
Proclamiamo
dunque ed affermiamo, sulla scorta delle testimonianze del Vangelo,
che il primato di giurisdizione sull’intera Chiesa di Dio è
stato promesso e conferito al beato Apostolo Pietro da Cristo Signore
in modo immediato e diretto. Solamente a Simone, infatti, al
quale già si era rivolto: "Tu sarai chiamato Cefa"
(Gv 1,42), dopo che ebbe pronunciata quella sua confessione: "Tu
sei il Cristo, il Figlio del Dio vivo", il Signore indirizzò
queste solenni parole: "Beato sei tu, Simone Bariona; perché
non la carne e il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che è
nei cieli: e io ti dico che tu sei Pietro, e su questa pietra io
edificherò la mia Chiesa, e le porte dell’inferno non prevarranno
contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli: qualunque
cosa avrai legato sulla terra, sarà legata anche nei cieli, e
qualunque cosa avrai sciolto sulla terra, sarà sciolta anche nei
cieli" (Mt 16,16-19). E al solo Simon Pietro, dopo la sua
risurrezione, Gesù conferì la giurisdizione di sommo pastore e di
guida su tutto il suo ovile con le parole: "Pasci i miei
agnelli, pasci le mie pecore" (Gv 21,15-17). A questa chiara
dottrina delle sacre Scritture, come è sempre stata interpretata
dalla Chiesa cattolica, si oppongono senza mezzi termini le malvagie
opinioni di coloro che, stravolgendo la forma di governo decisa da
Cristo Signore nella sua Chiesa, negano che Cristo abbia investito il
solo Pietro del vero e proprio primato di giurisdizione che lo
antepone agli altri Apostoli, sia presi individualmente, sia nel loro
insieme, o di coloro che sostengono un primato non affidato in modo
diretto e immediato al beato Pietro, ma alla Chiesa e, tramite
questa, all’Apostolo come ministro della stessa Chiesa.
Se
qualcuno dunque affermerà che il beato Pietro Apostolo non è stato
costituito da Cristo Signore Principe di tutti gli Apostoli e capo
visibile di tutta la Chiesa militante, o che non abbia ricevuto dallo
stesso Signore Nostro Gesù Cristo un vero e proprio primato di
giurisdizione, ma soltanto di onore: sia anatema.
Capitolo
II - Perpetuità del Primato del Beato Pietro nei Romani Pontefici
Ciò
che dunque il Principe dei pastori, e grande pastore di tutte le
pecore, il Signore Gesù Cristo, ha istituito nel beato Apostolo
Pietro per rendere continua la salvezza e perenne il bene della
Chiesa, è necessario, per volere di chi l’ha istituita, che duri
per sempre nella Chiesa la quale, fondata sulla pietra, si manterrà
salda fino alla fine dei secoli. Nessuno può nutrire dubbi, anzi è
cosa risaputa in tutte le epoche, che il santo e beatissimo Pietro,
Principe e capo degli Apostoli, colonna della fede e fondamento della
Chiesa cattolica, ricevette le chiavi del regno da Nostro Signore
Gesù Cristo, Salvatore e Redentore del genere umano: Egli, fino al
presente e sempre, vive, presiede e giudica nei suoi successori, i
vescovi della santa Sede Romana, da lui fondata e consacrata con il
suo sangue [Cf. EPHESINI CONCILII,Act. III]. Ne consegue che chiunque
succede a Pietro in questa Cattedra, in forza dell’istituzione
dello stesso Cristo, ottiene il Primato di Pietro su tutta la Chiesa.
Non tramonta dunque ciò che la verità ha disposto, e il beato
Pietro, perseverando nella forza che ha ricevuto, di pietra
inoppugnabile, non ha mai distolto la sua mano dal timone della
Chiesa [S. LEO M., Serm. III al. II, cap. 3]. È questo dunque
il motivo per cui le altre Chiese, cioè tutti i fedeli di ogni parte
del mondo, dovevano far capo alla Chiesa di Roma, per la sua
posizione di autorevole preminenza, affinché in tale Sede, dalla
quale si riversano su tutti i diritti della divina comunione, si
articolassero, come membra raccordate alla testa, in un unico corpo
[S. IREN., Adv. haer., I, III, c. 3 et CONC. AQUILEI. a. 381
inter epp. S. Ambros., ep. XI] .
Se
qualcuno dunque affermerà che non è per disposizione dello stesso
Cristo Signore, cioè per diritto divino, che il beato Pietro abbia
per sempre successori nel Primato sulla Chiesa universale, o che il
Romano Pontefice non sia il successore del beato Pietro nello stesso
Primato: sia anatema.
Capitolo
III - Della Forza e della Natura del Primato del Romano Pontefice
Sostenuti
dunque dalle inequivocabili testimonianze delle sacre lettere e in
piena sintonia con i decreti, chiari ed esaurienti, sia dei Romani
Pontefici Nostri Predecessori, sia dei Concili generali, ribadiamo la
definizione del Concilio Ecumenico Fiorentino che impone a tutti i
credenti in Cristo, come verità di fede, che la Santa Sede
Apostolica e il Romano Pontefice detengono il Primato su tutta la
terra, e che lo stesso Romano Pontefice è il successore del beato
Pietro, Principe degli Apostoli, il vero Vicario di Cristo, il capo
di tutta la Chiesa, il padre e il maestro di tutti i cristiani; a
lui, nella persona del beato Pietro, è stato affidato, da nostro
Signore Gesù Cristo, il pieno potere di guidare, reggere e governare
la Chiesa universale. Tutto questo è contenuto anche negli
atti dei Concili ecumenici e nei sacri canoni.
Proclamiamo
quindi e dichiariamo che la Chiesa Romana, per disposizione del
Signore, detiene il primato del potere ordinario su tutte le altre,
e che questo potere di giurisdizione del Romano Pontefice, vero
potere episcopale, è immediato: tutti, pastori e fedeli, di
qualsivoglia rito e dignità, sono vincolati, nei suoi confronti,
dall’obbligo della subordinazione gerarchica e della vera
obbedienza, non solo nelle cose che appartengono alla fede e ai
costumi, ma anche in quelle relative alla disciplina e al governo
della Chiesa, in tutto il mondo. In questo modo, avendo
salvaguardato l’unità della comunione e della professione della
stessa fede con il Romano Pontefice, la Chiesa di Cristo sarà un
solo gregge sotto un solo sommo pastore. Questa è la dottrina della
verità cattolica, dalla quale nessuno può allontanarsi senza
perdita della fede e pericolo della salvezza.
Questo
potere del Sommo Pontefice non pregiudica in alcun modo quello
episcopale di giurisdizione, ordinario e immediato, con il
quale i Vescovi, insediati dallo Spirito Santo al posto degli
Apostoli, come loro successori, guidano e reggono, da veri pastori,
il gregge assegnato a ciascuno di loro, anzi viene confermato,
rafforzato e difeso dal Pastore supremo ed universale, come afferma
solennemente San Gregorio Magno: "Il mio onore è quello
della Chiesa universale. Il mio onore è la solida forza dei miei
fratelli. Io mi sento veramente onorato, quando a ciascuno di loro
non viene negato il dovuto onore" [Ep. ad Eulog.
Alexandrin., I, VIII, ep. XXX].
Dal
supremo potere del Romano Pontefice di governare tutta la Chiesa,
deriva allo stesso anche il diritto di comunicare liberamente,
nell’esercizio di questo suo ufficio, con i pastori e con i greggi
della Chiesa intera, per poterli ammaestrare e indirizzare nella via
della salvezza. Condanniamo quindi e respingiamo le affermazioni di
coloro che ritengono lecito impedire questo rapporto di comunicazione
del capo supremo con i pastori e con i greggi, o lo vogliono
asservire al potere civile, poiché sostengono che le decisioni prese
dalla Sede Apostolica, o per suo volere, per il governo della Chiesa,
non possono avere forza e valore se non vengono confermate dal potere
civile.
E
poiché per il diritto divino del Primato Apostolico il Romano
Pontefice è posto a capo di tutta la Chiesa, proclamiamo anche ed
affermiamo che egli è il supremo giudice dei fedeli
[PII VI, Breve Super soliditate, d. 28 Nov. 1786] e che in ogni
controversia spettante all’esame della Chiesa, si può ricorrere al
suo giudizio [CONC. OECUM. LUGDUN. II]. È evidente che il
giudizio della Sede Apostolica, che detiene la più alta autorità,
non può essere rimesso in questione da alcuno né sottoposto ad
esame da parte di chicchessia [Ep. Nicolai I ad Michaelem
Imperatorem]. Si discosta quindi dal retto sentiero della
verità chi afferma che è possibile fare ricorso al Concilio
Ecumenico, come se fosse investito di un potere superiore, contro le
sentenze dei Romani Pontefici.
Dunque
se qualcuno affermerà che il Romano Pontefice ha semplicemente un
compito ispettivo o direttivo, e non il pieno e supremo potere di
giurisdizione su tutta la Chiesa, non solo per quanto riguarda la
fede e i costumi, ma anche per ciò che concerne la disciplina e il
governo della Chiesa diffusa su tutta la terra; o che è investito
soltanto del ruolo principale e non di tutta la pienezza di questo
supremo potere; o che questo suo potere non è ordinario e diretto
sia su tutte e singole le Chiese, sia su tutti e su ciascun fedele e
pastore: sia anatema.
Capitolo
IV - Del Magistero Infallibile del Romano Pontefice
Questa
Santa Sede ha sempre ritenuto che nello stesso Primato Apostolico,
posseduto dal Romano Pontefice come successore del beato Pietro
Principe degli Apostoli, è contenuto anche il supremo potere
di magistero. Lo conferma la costante tradizione della
Chiesa; lo dichiararono gli stessi Concili Ecumenici e, in modo
particolare, quelli nei quali l’Oriente si accordava con
l’Occidente nel vincolo della fede e della carità. Proprio i Padri
del quarto Concilio di Costantinopoli, ricalcando le orme dei loro
antenati, emanarono questa solenne professione: "La salvezza
consiste anzitutto nel custodire le norme della retta fede. E poiché
non è possibile ignorare la volontà di nostro Signore Gesù Cristo
che proclama: "Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la
mia Chiesa", queste parole trovano conferma nella realtà
delle cose, perché nella Sede Apostolica è sempre stata
conservata pura la religione cattolica, e professata la santa
dottrina. Non volendo quindi, in alcun modo, essere separati
da questa fede e da questa dottrina, nutriamo la speranza di poterci
mantenere nell’unica comunione predicata dalla Sede Apostolica,
perché in lei si trova tutta la vera solidità della religione
cristiana" [Ex formula S. Hormisdae Papae, prout ab Hadriano II
Patribus Concilii Oecumenici VIII, Constantinopolitani IV, proposita
et ab iisdem subscripta est]. Nel momento in cui si approvava il
secondo Concilio di Lione, i Greci dichiararono: "La Santa
Chiesa Romana è insignita del pieno e sommo Primato e Principato
sull’intera Chiesa Cattolica e, con tutta sincerità ed umiltà, si
riconosce che lo ha ricevuto, con la pienezza del potere, dallo
stesso Signore nella persona del beato Pietro, Principe e capo degli
Apostoli, di cui il Romano Pontefice è successore, e poiché spetta
a lei, prima di ogni altra, il compito di difendere la verità della
fede, qualora sorgessero questioni in materia di fede, tocca a lei
definirle con una sua sentenza". Da
ultimo il Concilio Fiorentino emanò questa definizione: "Il
Pontefice Romano, vero Vicario di Cristo, è il capo di tutta la
Chiesa, il padre e il maestro di tutti i Cristiani: a lui, nella
persona del beato Pietro, è stato affidato, da nostro Signore Gesù
Cristo, il supremo potere di reggere e di governare tutta la Chiesa".
Allo
scopo di adempiere questo compito pastorale, i Nostri Predecessori
rivolsero sempre ogni loro preoccupazione a diffondere la salutare
dottrina di Cristo fra tutti i popoli della terra, e con pari
dedizione vigilarono perché si mantenesse genuina e pura come era
stata loro affidata. È per questo che i Vescovi di tutto il mondo,
ora singolarmente ora riuniti in Sinodo, tenendo fede alla lunga
consuetudine delle Chiese e salvaguardando l’iter dell’antica
regola, specie quando si affacciavano pericoli in ordine alla fede,
ricorrevano a questa Sede Apostolica, dove la fede non può venir
meno, perché procedesse in prima persona a riparare i danni [Cf. S.
BERN. Epist. CXC]. Gli stessi Romani Pontefici, come richiedeva
la situazione del momento, ora con la convocazione di Concili
Ecumenici o con un sondaggio per accertarsi del pensiero della Chiesa
sparsa nel mondo, ora con Sinodi particolari o con altri mezzi messi
a disposizione dalla divina Provvidenza, definirono che doveva essere
mantenuto ciò che, con l’aiuto di Dio, avevano riconosciuto
conforme alle sacre Scritture e alle tradizioni Apostoliche. Lo
Spirito Santo infatti, non è stato promesso ai successori di Pietro
per rivelare, con la sua ispirazione, una nuova dottrina, ma per
custodire con scrupolo e per far conoscere con fedeltà, con la sua
assistenza, la rivelazione trasmessa dagli Apostoli, cioè il
deposito della fede. Fu proprio questa dottrina apostolica
che tutti i venerabili Padri abbracciarono e i santi Dottori
ortodossi venerarono e seguirono, ben sapendo che questa Sede di San
Pietro si mantiene sempre immune da ogni errore in forza della divina
promessa fatta dal Signore, nostro Salvatore, al Principe dei suoi
discepoli: "Io ho pregato per te, perché non venga meno la
tua fede, e tu, una volta convertito, conferma i tuoi fratelli".
Questo
indefettibile carisma di verità e di fede fu dunque
divinamente conferito a Pietro e ai suoi successori in questa
Cattedra, perché esercitassero il loro eccelso ufficio per la
salvezza di tutti, perché l’intero gregge di Cristo, distolto dai
velenosi pascoli dell’errore, si alimentasse con il cibo della
celeste dottrina e perché, dopo aver eliminato ciò che porta allo
scisma, tutta la Chiesa si mantenesse una e, appoggiata sul suo
fondamento, resistesse incrollabile contro le porte dell’inferno.
Ma
poiché proprio in questo tempo, nel quale si sente particolarmente
il bisogno della salutare presenza del ministero Apostolico, si
trovano parecchie persone che si oppongono al suo potere, riteniamo
veramente necessario proclamare, in modo solenne, la prerogativa che
l’unigenito Figlio di Dio si è degnato di legare al supremo
ufficio pastorale.
Perciò
Noi, mantenendoci fedeli alla tradizione ricevuta dai primordi della
fede cristiana, per la gloria di Dio nostro Salvatore, per
l’esaltazione della religione Cattolica e per la salvezza dei
popoli cristiani, con l’approvazione del sacro Concilio proclamiamo
e definiamo dogma rivelato da Dio che il Romano
Pontefice, quando parla ex cathedra, cioè quando
esercita il suo supremo ufficio di Pastore e di Dottore di tutti i
cristiani, e in forza del suo supremo potere Apostolico definisce
una dottrina circa la fede e i costumi, vincola tutta la Chiesa,
per la divina assistenza a lui promessa nella persona del beato
Pietro, gode di quell’infallibilità con cui il divino Redentore
volle fosse corredata la sua Chiesa nel definire la dottrina intorno
alla fede e ai costumi: pertanto tali definizioni del Romano
Pontefice sono immutabili per se stesse, e non per il consenso
della Chiesa.
Se
qualcuno quindi avrà la presunzione di opporsi a questa Nostra
definizione, Dio non voglia!: sia anatema.
Dato
a Roma, nella pubblica sessione celebrata solennemente nella Basilica
Vaticana, nell’anno 1870 dell’Incarnazione del Signore, il 18
luglio, venticinquesimo anno del Nostro Pontificato.
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