di Barbara Marchica
Gli
adolescenti desiderano educatori che sappiano guidarli in modo autentico alla
ricerca della vera interiorità. La formazione degli adulti diventa così un
passaggio fondamentale.
Il lavoro di analisi sul
documento della Cei Educare alla vita buona del Vangelo ha permesso agli
studenti di un liceo classico del centro storico di Milano di riflettere e di
confrontarsi sugli Orientamenti pastorali, proposti dall'episcopato italiano.
Nel primo articolo gli adolescenti si sono concentrati sul capitolo intitolato Educare
in un mondo che cambia; nell'articolo successivo si sono cimentati con il
capitolo Gesù, il maestro, soffermandosi in modo particolare sul
paragrafo n. 20, La Chiesa discepola, madre e maestra.
Quest'ultimo articolo (i
primi due sono apparsi su Sett. n. 11/11, p. 6 e n. 21/11, p.11), vede le
riflessioni degli studenti sul terzo capitolo Educare, cammino di relazione e
fiducia. In qualità di insegnante di religione cattolica, avendo proposto
questo tipo di lavoro sul testo, ritengo che sia stata per loro un'occasione di
ricchezza sia per essersi confrontarti con argomenti spesso ignorati, sia
perché la condivisione del proprio pensiero ha dato loro modo di dialogare con
i propri coetanei.
Questi articoli possono
servire anche a noi adulti per conoscere maggiormente il mondo giovanile e
comprenderne i bisogni esistenziali.
In linea generale quasi
tutti gli studenti hanno apprezzato quanto hanno affermato i vescovi, nel terzo
capitolo, a proposito dell'adolescenza e cosa vive l'adolescente in questa fase
assai complessa e delicata. Molti si sono stupiti che i vescovi potessero
trattare tali argomenti, visto che per loro questi dovrebbero occuparsi solo di
cose della Chiesa.
Se negli altri due articoli
è emersa dalle loro riflessioni una certa spaccatura, non senza punte
polemiche, tra Chiesa intesa come istituzione e Chiesa vista come comunità
cristiana, qui ci troviamo di fronte ad un'altra spaccatura - forse più
insidiosa - tra pubblico e privato, tra fede personale e religione, tra essere
e agire.
Proviamo ad addentrarci in
questa tortuosa questione, attraverso le risposte anonime degli stessi
studenti.
L'educazione
sessuale non spetta solo agli specialisti
«Pensi sia importante una
sana educazione affettiva-sessuale? La Chiesa può essere utile? Può fornire
delle linee guida importanti per te adolescente?».
A partire da queste domande
sono emerse diverse posizioni e riflessioni in merito, ma il comune
denominatore potrebbe essere riassunto con questa battuta: solo lo specialista
può parlare di sessualità e dare le linee guida, gli altri no (compresa la
Chiesa).
Vediamo alcune risposte.
«Per quanto riguarda l'aspetto affettivo penso che la Chiesa possa trasmettere
dei valori forti e importanti. Invece per quanto riguarda l'aspetto sessuale
non penso che possa fornire delle linee guida». E ancora «No, la Chiesa in
questo caso dovrebbe stare fuori; sarebbe più utile uno specialista».
«Nell'educazione affettiva sessuale - ha scritto uno studente - ritengo che la
Chiesa non possa essere d'aiuto: molte delle idee in questo campo sono, secondo
me, antiquate». «Penso che sia importante ricevere un'educazione sessuale
adeguata per eliminare il più possibile rischi e imprudenze. Penso però che la
Chiesa non debba cercare di educare in questo senso perché è un ambito
scientifico e sociologico. Inoltre, fornire divieti, come l'uso del
preservativo, può portare a malattie anche gravi e limitare i rapporti sessuali
che invece sono una cosa sana e naturale». Un altro studente ha dichiarato che
«è importante avere tante informazioni sia dalla Chiesa che non, ma ognuno deve
fare come si sente». «Sì, penso sia importante perché, se si hanno rapporti, è
bene essere preparati anche sulle conseguenze. Non credo che la Chiesa possa
essere utile, perché preferirei parlare con un medico o con un esperto di
questi argomenti».
Da
quest'ultima risposta - ma anche da altre non riportate per questione di spazio
- affiora l'idea che l'esperienza sessuale sia strettamente connessa con gli
aspetti tecnici di un rapporto sessuale, escludendo l'aspetto
affettivo-relazionale che inevitabilmente entra in gioco. Sembra che l'aspetto
sessuale sia qualcosa di staccato dal mondo interiore, come se riguardasse
solamente un incontro di corpi. Dunque, qualcosa che ti coinvolge in parte,
anzi qualcosa - l'esperienza sessuale - che puoi vivere a distanza, perché non
ti implica totalmente, non ti lega a niente e a nessuno.
Questo è il messaggio che
respiriamo quotidianamente e culturalmente. Purtroppo, anche le giovani generazioni
sono vittime di tali messaggi, ritenuti fondati e veritieri perché pensati da
tutti, o almeno così ci fanno credere. Ecco perché risultano necessari adulti
appassionati di educazione, come suggerisce il paragrafo n. 31: «In questa fase
[gli adolescenti] hanno bisogno di educatori pazienti e disponibili, che li
aiutino a riordinare il loro mondo interiore e gli insegnamenti ricevuti,
secondo una progressiva scelta di libertà e responsabilità». I primi a volte a
non affrontare il tema tanto delicato della sessualità sono proprio i genitori
e gli insegnati che delegano ad altri il compito di in-formare a livello
nozionistico l'adolescente, catechizzandolo bene sui rischi a cui può andare
incontro.
È
fondamentale, inoltre, aiutare l'adolescente a riconoscere la sessualità come
mistero affascinante e al contempo fragile dell'esperienza umana che coinvolge
tutta la persona (mente, anima e corpo) e ne caratterizza l'identità. Dunque, è
importante educare a considerare la sessualità come qualcosa di bello, pulito,
coinvolgente e, allo stesso tempo, è altrettanto importante saper attendere la
maturazione di tutta la persona e della sua capacità di amare, coltivandola in
modo saggio senza precipitare nell'istintività e nell'inesperienza.
Questioni
esistenziali, certezze, punti di riferimento
Danno l'idea, a volte,
questi giovani di essere in un altro mondo. Di non essere colpiti da niente e
da nessuno. Di essere al di sopra di tutti. Forse questa copertura l'abbiamo
spesso utilizzata anche noi alla loro età. Forse per paura di essere toccati là
dove le domande diventano dolorose e ti tolgono l'aria, dove le incertezze e le
inadeguatezze emergono tutte insieme. Eppure i giovani pensano e le loro
risposte dicono che hanno bisogno di adulti che sappiano prendersene cura,
ascoltando e dialogando con loro senza paura di essere provocati, ma stando
nella provocazione.
Analizzando il paragrafo n.
32, riporto alcune riflessioni interessanti. «I giovani di adesso sono
difficili da educare rispetto alle generazioni passate in quanto sono
circondati da un mondo che non offre grandi valori educativi. Inoltre,
contribuisce il fatto che ora più che mai i giovani siano lontani dalla Chiesa
e dalla religione, la quale è un ottimo strumento educativo».
Un adolescente ha scritto:
«Credo che sia importante avere delle guide valide durante l'adolescenza.
Purtroppo, non è sempre facile incontrare persone di questo tipo, pronte ad
ascoltarci». E un altro: «Credo che quello che è scritto sia giusto e sarebbe
da attuare. Non basta scrivere o parlare di valori corretti, bisogna insegnarli
nel modo migliore valorizzando i giovani. La Chiesa ha un 'immagine antiquata,
sbagliata per il mondo di oggi, e per attirare di più dovrebbe inviare i propri
messaggi in un modo diverso, più coinvolgente e con più capacità attrattiva».
Altri hanno scritto: «Per poter rendere i giovani una risorsa preziosa per il
rinnovamento della Chiesa è necessario seguirli nella loro vita privata, a
scuola, nei momenti difficili aiutandoli ad essere uomini migliori». «Penso che
i giovani vadano capiti e guidati in base alle loro difficoltà e non bisogna
invece cercare di scontrarsi sempre con loro». «I ragazzi hanno certamente
bisogno di crescere in ambienti positivi. E importante che l'educatore li aiuti
a trovare il loro equilibrio».
Da queste risposte, sembra
emergere una certa consapevolezza: i giovani percepiscono il bisogno di
educatori validi, di adulti in grado di confrontarsi e di dialogare con loro.
Commenti