di Lorenzo Banducci
Mi
ha fatto molto riflettere il dibattito che si è manifestato negli ultimi mesi
sulla promulgazione, avvenuta nel marzo scorso, da parte del parlamento
ungherese di una nuova Costituzione.
Essa
affronta in modo particolare, rispetto a molti altri Paesi Europei, alcune
tematiche considerate centrali nel dibattito sui cosiddetti “valori non
negoziabili”. Ecco che allora vengono poste al centro della nuova Costituzione
Ungherese, ad esempio, la difesa della vita dal concepimento fino alla sua fine
naturale e la famiglia composta da un uomo e da una donna uniti dal matrimonio.
Tale Costituzione, per questi motivi, è stata elevata agli altari da alcuni
commentatori nostrani che ne hanno elogiato soprattutto quei punti da me citati
in precedenza e che non hanno perso l’occasione per difendere a spada tratta ilpremier, Viktor Orban, che ne ha voluto la promulgazione.
Dall’altra parte molte e aspre sono state le critiche a tale legge costituzionale. Esse vertevano essenzialmente su due aspetti. Il primo di natura procedurale
criticava le modalità con cui tale Costituzione avesse visto la luce, ovvero
fra forzature e colpi di maggioranza (il partito conservatore Fidesz ha in
questo momento la maggioranza in parlamento). Il secondo invece più di tipo
contenutistico. Su questi punti in particolare è stata forte la levata di scudi
da parte delle istituzioni europee che vedono nella nuova Costituzione
ungherese la realizzazione di un progetto di negazione di diritti ritenuti
fondamentali dall’intera Unione Europea.
Tra
le materie elevate a rango costituzionale il
principio dell’attaccamento alle
radici che il Governo sta sviluppando per combattere la cosiddetta “fuga
dei cervelli”. Con la modifica introdotta infatti il finanziamento statale agli
studi superiori e universitari potrà essere subordinato a condizioni dettate
dalla legge tra cui quella appunto dell’obbligo - contenuto in un vero e
proprio contratto sottoscritto dagli studenti - di dichiarare la propria
intenzione di lavorare in Ungheria per un periodo di tempo la cui lunghezza è
anch’essa definita dalla legge. In questo modo, si legge nelle motivazioni
della modifica costituzionale, viene fatto salvo allo stesso tempo l’interesse
individuale e quello della comunità. La
Corte Costituzionale era già intervenuta sull’argomento annullando un decreto
governativo che disciplinava i contratti studenteschi e individuando nella
legge lo strumento più idoneo a regolare la materia. In più, sempre in tema di
istruzione, la recente modifica investe il Governo del controllo diretto degli
aspetti relativi al finanziamento dell’istruzione superiore e universitaria
laddove essi erano demandati alla legge.
Entra
nella Costituzione anche l’impegno dello Stato e delle amministrazioni locali
nel garantire un alloggio dignitoso a senzatetto e senza fissa dimora. Nel
contempo però viene data la possibilità
alla legge ed alle ordinanze locali di dichiarare illegale il soggiorno in
luoghi pubblici per ragioni di ordine, sicurezza e salute pubblica, misura
la cui incompatibilità con la Legge Fondamentale era già stata sentenziata nel
mese di novembre dalla Corte Costituzionale.
Novità
sensibili anche nei rapporti tra Stato e Chiese. In particolare viene delegata ad una legge cardinale la
disciplina del conferimento dello status di
Chiesa ad associazioni religiose che dimostrino di operare ormai da molto tempo
e che abbiano un comprovato sostegno sociale. La Corte Costituzionale aveva già annullato
per incostituzionalità una delle Disposizioni Transitorie che assegnava al
Parlamento il compito di decidere il riconoscimento delle Chiese così come
altre disposizioni della legge sulle Chiese, impugnata da 17 comunità religiose
che lamentavano il loro declassamento sulla base di un giudizio politico che
peraltro era inappellabile.
Torna
ad essere difforme dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale la scelta di
inserire nella Legge Fondamentale l’obbligo
di trasmissione di messaggi di propaganda politica solo su radio e televisioni
del servizio pubblico. La Corte già nel mese di gennaio aveva qualificato come
un ostacolo gravemente sproporzionato alla libertà di stampa il fatto che una
norma del genere fosse prevista nella legge sul procedimento elettorale.
Alle
disposizioni più “politiche” di questa quarta riforma alla Legge Fondamentale
si aggiungono quelle sicuramente più
contestate e che interessano i rapporti tra i poteri dello Stato essendo esse
rivolte alla Corte Costituzionale. Con la revisione vengono annullate retroattivamente tutte le sentenze adottate dalla
Corte prima dell’entrata in vigore della nuova Costituzione in data 1 gennaio
2012. Tuttavia le sentenze coinvolte non perdono i propri effetti
giuridici. La commissione affari costituzionali motiva così il nuovo articolo:
alla Corte non è preclusa la possibilità di decidere conformemente a passate
sentenze, piuttosto ne viene arricchito lo spazio di manovra potendo d’ora in
poi pronunciarsi anche in maniera difforme da esse. La
Corte poi non potrà controllare in futuro la Legge Fondamentale e le modifiche
ad essa se non dal punto di vista delle procedure che ne regolano la creazione
e la pubblicazione. Ne consegue anche che il Presidente della Repubblica
potrà richiedere l’intervento della Corte solo nel caso in cui ritenga
l’Assemblea Nazionale colpevole di sole mancanze procedurali.
Risulta dunque chiaro come tale
Costituzione manifesti una certa ostilità nei confronti della separazione dei
poteri dello Stato, della libertà di informazione e della dignità della persona
umana. E’ su questi tre principi e in particolare sugli ultimi
due che si stanno concentrando le critiche più aspre al governo ungherese.
Senza
entrare nel merito della questione e delle scelte di un Paese membro dell’Unione
Europea tutta questa vicenda mi ha fatto riflettere su alcune posizioni
ecclesiastiche in materia di valori non negoziabili. Siamo sempre stati educati,
come cattolici interessati al futuro del nostro Paese, a valutare, al momento
dell’espressione del nostro diritto di voto, quali forze politiche tutelassero
maggiormente la difesa dei valori non negoziabili, perché senza di essi era impossibile
ed impensabile pretendere che vi fosse la tutela di ogni altro valore sociale
per l’individuo e per la comunità.
Detto questo in un paese come l’Ungheria,
dove di fatto sta avvenendo il contrario, ovvero sono tutelati i valori non
negoziabili ma da essi non discendono direttamente principi che tutelino la
dignità di tutte le persone o la libertà di stampa e di espressione, resta
ancora valido il ragionamento delle nostre gerarchie ecclesiastiche? Provo a
sollevare tale questione senza pretendere che vi siano cambiamenti di
orientamento su tematiche fondamentali quali la difesa della vita o della
famiglia, ma domandandomi se l’approccio delle gerarchie quello adeguato. Provo
a spiegarmi meglio: la famiglia viene tutelata davvero se ci limitiamo a dire
che ne esiste solo una, di un unico tipo e fondata sul matrimonio oppure se
pretendiamo innanzitutto che siano fatte norme affinchè mettere su famiglia sia
realmente conveniente per i giovani? A mio parere è dal secondo passaggio che
ne può derivare il primo e dunque dalla norma di stampo sociale (la tutela
concreta della famiglia) ne deriverà il principio (la famiglia è quella fondata sul matrimonio) senza che sia negata a tutti comunque la
libertà di scegliere.
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