i1. Cosa
ne pensa di questa nuova stagione della chiesa? Il nuovo papa
Francesco ha dato alcuni segnali, ma ancora una volta i conservatori
insistono sul fatto che nulla è cambiato, i progressisti lo
vedrebbero già fare passi anche troppo avanti… È un po’ sempre
la stessa storia che si ripete o no?
Naturalmente ognuno
esamina ogni parola del nuovo papa per vedere se è dalla “nostra
parte” o meno. Questo è profondamente ingiusto. Francesco ha
bisogno di tempo per scoprire la strada davanti a sé, ascoltando il
parere dei suoi consiglieri e confidando nella preghiera. Egli
scoprirà lentamente nei mesi quanto grande sia la necessità di un
cambiamento.
Spero vivamente che sarà un momento di
cambiamento radicale. Papa Francesco sottolinea sempre che egli è
soprattutto il vescovo di Roma, e fin dalla prima sera affacciandosi
sul balcone ha definito subito il suo predecessore, vescovo-emerito.
Io ritengo che lui stia cercando di spostarci oltre l'idea, che ha
governato la chiesa per secoli, che il papato sia una sorta di
monarchia. Lui sta cercando di posizionare il nuovo papato
all’interno del collegio universale dei vescovi. Vuole una chiesa,
almeno questa è la mia opinione, che sia più dialogica tra le sue
componenti.
Non dobbiamo però esagerare nel sottolineare le
differenze tra papa Francesco e il suo predecessore Benedetto. Papa
Benedetto ha creduto fermamente nell'importanza del dialogo, e sulla
necessità di rapporti di reciprocità all’interno della chiesa. Ha
parlato spesso di una chiesa che dovrebbe riflettere l'amore della
Trinità, che è uguale e reciproco tra i suoi membri. Alcune scelte
che papa Francesco sta compiendo potrebbero rivelarsi proprio
l'attuazione della visione teologica del suo predecessore. È come se
considerassimo che ciascuno ha il proprio dono: l’uno di formulare
la visione teologica, l'altro di incarnarla.
2. Lei
ha vissuto a Roma per nove anni (1992-2001) come maestro dell’Ordine
dei Predicatori e conosce bene il centro della chiesa, ma è anche di
origine inglese, vive a Oxford e conosce altrettanto bene il mondo:
che cosa può significare per la chiesa un papa
latino-americano?
Dai miei viaggi in tutto il mondo, ho
imparato che la chiesa è l'istituzione più globale del pianeta. E
così per me è perfettamente naturale avere un papa che proviene
dall’America Latina. Il maestro precedente dell'Ordine Domenicano
proveniva dall'Argentina, e quello attuale è il primo nella storia
ad essere di origine africana.
Certo questo potrebbe
costituire una sorpresa per gli europei che non conoscono la chiesa
così bene. Ma sono convinto che l’elezione di papa Francesco
sfiderà davvero una visione eurocentrica della chiesa. E questo è
un fatto formidabile. Abbiamo bisogno più che mai della vitalità
dei cattolici di altri continenti, dove le comunità sono spesso più
giovani e piene di vitalità. La chiesa cattolica in Inghilterra, per
esempio, ha ottenuto nuove forze dai cattolici provenienti
dalla Polonia e dalla Nigeria. Essi rappresentano per noi una
benedizione.
Ma spero che l’elezione di questo papa avrà
una conseguenza positiva anche in America Latina dove vive oggi il
maggior numero di cattolici. Spesso la chiesa è stata minata dalla
crescita delle chiese pentecostali, che attaccano il cattolicesimo
come delle sette, in quanto si basano molto su una forte esperienza
religiosa; tuttavia molti convertiti al movimento pentecostale non
durano a lungo, e spesso finiscono per rinunciare del tutto ad una
scelta religiosa dopo pochi anni. E così accade che la conversione
ad una chiesa pentecostale rappresenti spesso il primo passo verso la
totale perdita della fede. E quindi spero vivamente che un papa
latino-americano darà fiducia ai cattolici di quelle terre perché
trovino la forza di vivere la loro fede con gioia e
creatività.
3. Il rabbino capo Saks ha detto
che l'Europa è morta, nel senso che non è più il centro della
cultura e della religione nel mondo: pensa che gli europei siano
consapevoli della perdita di centralità delle nazioni europee? Che
ruolo dovrebbero adottare le popolazioni europee e cristiane del
mondo? (Non dimentichiamo che gli europei hanno una lunga storia e
hanno familiarità con le guerre di religione, il che ci potrebbe
insegnare a non ripetere gli errori… )
Conosco e ammiro
il rabbino capo, che è un amico. Ma se egli ha effettivamente detto
che l'Europa è morta, allora non sono d'accordo. È vero: siamo
affetti da una crisi economica, e assistiamo all'ascesa di altre
potenze economiche, Brasile, India e Cina (BRIC), ma questo non
significa affatto che noi siamo morti! L'Europa è ancora il luogo di
incontro di culture molto diverse. In questa relativamente piccola
area del mondo, si dispone di una straordinaria diversità di
culture, dalle ricche tradizioni latine di Italia e Spagna, eredi
della cultura romana, alle tradizioni germaniche con la loro musica e
filosofia, alle culture celtiche con la loro spiritualità e arte, a
quelle scandinave con le loro antiche mitologie e le loro tradizioni
di estrema tolleranza. E anche la cultura britannica, direi che è
meravigliosamente diversificata!
Gli Stati Uniti sono,
ovviamente, ancora oggi la superpotenza dominante. È difficile dire
se questo continuerà in futuro, come alcuni prevedono, o diminuirà,
come pensano altri. Ma l'Europa ha certamente ancora molto da dare,
proprio perché è un luogo di incontro di tante culture. Le nostre
città sono piene di persone provenienti da tutto il mondo, anche
dalla Cina. La metà delle persone che studiano per il dottorato in
matematica a Oxford provengono dalla Cina! E così, anche se forse
abbiamo perso il primato del potere economico, tuttavia abbiamo un
ruolo vitale nell'aiutare le culture a comprendersi tra di
loro.
Questo può arricchire anche il cristianesimo, perché
Cristo è colui che raccoglie tutta l'umanità in se stesso, e in cui
«non c'è più Giudeo né Greco; non c’è schiavo né libero; non
c’è maschio né femmina». Abbiamo imparato così tanto sulla
tolleranza e convivenza reciproche che dobbiamo essere in grado di
insegnarle agli altri.
Inoltre, come papa Benedetto ha
spiegato a più riprese così bene, abbiamo una ricca tradizione
filosofica, che è penetrata profondamente nel cristianesimo, e lo ha
fatto fin dall'inizio. La chiesa è l'erede di due grandi tradizioni,
la fede ebraica e la filosofia greca. Mi auguro che i cristiani
europei possano condividere questa ricchezza filosofica da persone
che vivono sul nostro pianeta sempre più piccolo e s’impegnino per
comprendere le sfide del futuro e che cosa significa essere
uomini.
4. Nell'anno 2017 ricorre il 500°
anniversario della Riforma di Lutero: si è parlato negli scorsi mesi
di ipotesi di ammissione di errori da entrambe le parti, ma le
difficoltà da superare saranno enormi. Ritiene che dovrà essere
fatto qualcosa per dare testimonianza dell'unità dei
cristiani?
Questa è una meravigliosa opportunità di
lavorare per l'unità di tutti i cristiani. Per noi, come cattolici,
questa deve essere considerata una priorità speciale. Il
cattolicesimo dà una grande importanza all'unità della chiesa
come segno e sacramento di unità di tutta l'umanità in Cristo nel
Regno, come è stato espresso in Lumen Gentium (1).
Abbiamo
già fatto molto ammettendo gli errori da entrambe le parti, e per
riscoprire la nostra fondamentale unità della fede. Luterani e
cattolici sono giunti all’accordo che non esistono di fatto
divisioni sulla questione della salvezza per sola fede.
La
grande sfida per noi sarà allora quella di capire il senso
dell’unità. Per i cattolici, abbiamo bisogno di trovare un modo in
cui la figura del papa possa servire all'unità di tutti i cristiani,
invece di essere visto come un ostacolo. Papa Giovanni Paolo II era
profondamente consapevole di questa sfida e ci ha chiesto di
riflettere su di essa. Il papato non può portarci insieme verso
l’unità, se è visto come una sorta di monarchia. Come ho
detto sopra, credo che papa Francesco stia cercando di portarci al di
là della concezione di una monarchia papale. E questo potrebbe
davvero essere un segno di speranza ecumenica per l'unità dei
cristiani.
D'altra parte, penso che le altre chiese cristiane
abbiano bisogno di capire l'importanza dell'unità dottrinale. In
molte chiese vige ancora il presupposto sbagliato secondo il quale
dottrine e dogmi siano arroganti e intolleranti. Abbiamo bisogno
invece di mostrare la bellezza della nostra dottrina, come
liberatoria nei confronti delle nostre menti alla continua ricerca di
una maggior comprensione del mistero di Dio e della salvezza.
5. Se
le capitasse di redigere l’Agenda del papa circa le azioni da
compiere per rivitalizzare la chiesa, cosa metterebbe ai primi tre
posti?
Credo che occorrerebbe spostare il centro di
gravità della chiesa più verso le Chiese locali. I vescovi hanno
bisogno di vedersi riconosciuta la fiducia di prendere decisioni
senza sentirsi sempre guardati da sopra da parte di Roma.
In
secondo luogo, nella chiesa antica c'era un fortissimo senso che il
vescovo doveva provenire dalla chiesa locale: scelto dalla chiesa
locale e accettato da essa. In effetti, per molti secoli, sarebbe
stato del tutto impensabile che i vescovi avessero potuto essere
semplicemente nominati da Roma senza il consenso della chiesa locale.
Certo, so bene che l’abbandono di questa tradizione sia stato in
qualche misura causato dalla lotta della chiesa per mantenere la sua
libertà di fronte al desiderio di re e imperatori, e negli ultimi
decenni del secolo scorso dei governi comunisti, tutti intenti ad
ottenere il controllo sulla chiesa e privarla della sua libertà. Una
certa qual centralizzazione era necessaria perché la chiesa
rimanesse libera. Ma ora credo proprio che sia giunto il momento di
tornare al ruolo determinante della chiesa locale nella scelta del
proprio vescovo. Mi chiedo anche se sia un bene per i vescovi
l’essere spostati da una diocesi all'altra. Indossano un anello che
è un segno del loro essere “sposati” alla diocesi, ma sono
spesso separati dalle loro diocesi originali e sposati ad altre
diocesi. Se sapessero invece di rimanere nella loro diocesi, allora
potrebbero prestare la loro intera attenzione. È davvero strano che
si permetta ai vescovi di essere divorziati dalle loro diocesi, ma
non alle persone unite in matrimonio!
E al terzo posto abbiamo
bisogno di recuperare la forma di governo che era tipica dei primi
secoli del cattolicesimo, che era una forma tipicamente sinodale. Per
secoli le decisioni importanti sono state prese all’interno di
sinodi. Sì, dobbiamo riscoprire una gestione sinodale della
chiesa.
6. Che cosa potrebbe portare una
maggiore collegialità all'interno della chiesa? Tra papa e vescovi,
ma anche con i laici, che hanno ancora il diritto di esprimersi come
battezzati e figli di Dio…
La chiesa non è una
monarchia e non è una democrazia. È la comunità di coloro che sono
convocati in comunità dalla Parola del Signore. Abbiamo bisogno di
individuare modalità di ascolto comunitario della Parola di Dio:
ascoltando il Signore e prestando ascolto reciproco gli uni gli
altri. Il beato John Henry Newman, uno dei teologi preferiti da papa
Benedetto XVI, ha parlato delle varie autorità nella chiesa, quella
della gerarchia, della ragione e della esperienza di Dio nella
preghiera. Tutto questo ci guida quando ascoltiamo insieme la Parola
del Signore.
Quindi abbiamo bisogno di far rivivere l'antica
tradizione dei sinodi, in cui tutto il popolo di Dio si radunava per
ascoltarsi l’un l'altro, così come insieme si cercava di
discernere la volontà di Dio.
7. Se lei
potesse formulare una richiesta a ciascuna di queste persone cosa
direbbe: al papa, ai vescovi, religiosi, sacerdoti, teologi, laici
(famiglie, donne, giovani…)
Io non pretendo certo di
fare richieste, ma solo di esprimere la mia speranza. Papa Francesco
è un uomo meraviglioso, e siamo stati tutti benedetti dalla sua
elezione. La mia speranza è che lui continuerà così come ha
cominciato, e che manterrà viva la sua gioia.
La mia speranza
è che i vescovi ascoltino lo Spirito Santo che si riversa su tutto
il popolo di Dio. I vescovi sono ordinati per insegnare, e un buon
insegnamento implica sempre un ascolto profondo, sia nei confronti di
Dio che del suo popolo.
Per i preti, la mia speranza è che ci
accorgiamo giorno dopo giorno di essere ministri della vita piena di
Cristo, e che quindi abbiamo bisogno di lasciarci toccare dai drammi
della vita quotidiana delle persone. Dobbiamo, come ha detto il papa,
sentire l'odore delle nostre pecore.
La mia speranza è che i
teologi rimangano sempre aperti nei confronti di coloro con cui non
condividono le opinioni, mostrando la grandezza del loro cuore e
delle loro menti. Non c'è verità senza carità, né carità senza
verità.
La mia speranza è che i laici crescano nella
consapevolezza della bellezza della loro vocazione di battezzati. Non
c'è vocazione più alta. Ecco perché ho scritto il mio ultimo
libro, Prendi il largo!
8. Cosa ritiene che
dovrebbe essere fatto per rilanciare la chiesa e il cristianesimo in
un'epoca di pluralismo culturale e religioso che si configura quasi
come un supermarket delle fedi?
Al centro della nostra
fede non sta una scelta da consumatori, bensì la scoperta
sorprendente che siamo stati “scelti”. San Giovanni scrive: «In
questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che
ha amato noi e ha mandato il suo Figlio come vittima di espiazione
per i nostri peccati» (1 Giovanni 4,10).
9. Il
ruolo dei poveri, la chiesa dei poveri sono le parole del papa, ma
non sono altro che l’insegnamento del Vangelo e tutto il magistero.
Come è possibile che ora sembri così tutto nuovo ed eccitante?
Per
la prima volta da decenni, siamo ancora di fronte all’autentica
povertà in Europa. In Gran Bretagna, un Paese economicamente buono,
mezzo milione di persone devono contare su banchi solidaristi
alimentari per sopravvivere. E tuttavia si assiste ad una crescente
tendenza a disprezzare i poveri. Di fronte all’effettiva carenza di
posti di lavoro, l’opinione pubblica ha l'impressione che sia colpa
loro, che non vogliono lavorare, che sono pigri. E così la chiesa ha
la straordinaria missione di aprire gli occhi di tutti sulla dignità
dei poveri, che sono la nostra carne e il nostro sangue, e aprire le
nostre orecchie per ascoltare ciò che dicono e come vivono. In caso
contrario, la società europea potrebbe davvero finire per
sgretolarsi, e le conseguenze sarebbero terribili.
10. La
chiesa è spesso vista come un organismo che promuove battaglie
morali o politiche: come restituire alla testimonianza evangelica
l’essere lievito nella società? (La gente si chiede se è così
importante contrastare i matrimoni gay: se uno non lo approva non lo
chiede… sembra così semplice!)
La chiesa deve reggere
una precisa visione morale, ma ha bisogno di trovare un modo per non
apparire ai più di essere sulla difensiva contro la modernità e in
un certo qual modo “escludente” di ogni modernità per l’uomo.
Questo è difficile da raggiungere. Solo se siamo visti stringere
amicizia con le persone, essere aperti a tutto ciò che esse vivono,
le loro speranze e le loro lotte, saremo in grado di trovare una
parola di novità e saremo in grado di parlare di Dio alle persone.
Ad esempio, potremo parlare di omosessualità e di matrimonio gay,
solo nella misura in cui saremo visti come accoglienti verso le
persone omosessuali, ascoltando e godendo della loro profonda
amicizia. Solo in un momento successivo avremo così l’opportunità
di andare alla ricerca di parole che allo stesso tempo siano fedeli
al Vangelo e autentiche per la vita delle persone, che le sentiranno
come proprie.ret
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