di
Lorenzo Banducci
Dire che quella di ieri sia
stata una giornata difficile per Papa Benedetto è davvero un eufemismo. Una sua
azione e le parole di un suo messaggio hanno prodotto una risposta travolgente contro
di lui da parte sia dei social network sia dei mezzi di comunicazione.
Già dalla mattinata infatti
compariva sui social network la notizia secondo cui il Pontefice il giorno
prima avrebbe benedetto una certa Rebecca Kadaga la promotrice di una legge
ugandese, che sarà discussa oggi, e che intende introdurre il concetto di
malattia mentale per l’omosessualità e la pena di morte o l’ergastolo per i gay
recidivi.
Come se non bastasse nel
primo pomeriggio viene diffuso il messaggio per la giornata mondiale della pace
per il 2013 e le agenzie di stampa - rispetto alle parole del Papa, come al solito articolate e
complesse - hanno deciso di porre l’accetto sulle affermazioni secondo cui l’aborto,
l’eutanasia e il matrimonio omosessuale sarebbero “un’offesa contro la verità
della persona umana” e “una ferita grave inflitta alla giustizia e alla pace”.
Ci sono stati addirittura
quotidiani, come il Fatto Quotidiano, che hanno deciso di mettere insieme ledue notizie (slegate e nettamente distinte fra loro), ma, si sa, sparare
addosso al Papa in modo gratuito spesso rende molto sul piano della tiratura.
Noi andremo per ordine.
La prima la potremo definire
una pura e semplice notizia diffamatoria. Innanzitutto il Papa non ha
incontrato né benedetto solo la signora Kadaga (e tantomeno quella legge così
insulsa e vergognosa), ma un’intera delegazione di parlamentari ugandesi. Vi
dirò di più la Chiesa in Uganda fin dal 2010 è impegnata nel combattere questa
proposta di legge avendo raccolto in pochi giorni ben 350.000 firme, affinché
fosse scongiurato tale pericolo. Questo lo stralcio di un articolo comparso su Radio Vaticana nel febbraio del 2010: “I vescovi ugandesi si erano pronunciati il 23
dicembre scorso, ricordando l’intransigente insegnamento della Chiesa in
materia ma invitando al “rispetto, alla compassione e alla sensibilità. Le
persone omosessuali hanno bisogno di aiuto, comprensione e amore come tutti
coloro che si sforzano di diventare membri del Regno di Dio”. Perciò la pena di
morte per le persone omosessuali contrasta con il Vangelo: “La recente
‘anti-homosexuality bill’ – affermavano - non può essere presa a modello di un
approccio cristiano alla questione. L’introduzione della pena di morte e del
carcere per atti omosessuali colpisce le persone invece di cercare di
aiutarle”. Anche il Consiglio mondiale delle Chiese e la Chiesa anglicana hanno
avuto parole di ferma condanna nei confronti del provvedimento. La petizione
sarà consegnata al Presidente Museveni e al Parlamento da personaggi di rilievo
della società civile ugandese e delle Chiese.”
Il Papa sul tema si era già espresso nel dicembre del 2009, facendo
presente addirittura alle Nazioni Unite dell’ ingiusta discriminazione nei
confronti dei gay e delle lesbiche in Uganda.
Ecco dunque che se la falsa
notizia (“il Papa benedice le nozze gay”) risulta così smontata resta la
domanda sul perché il Pontefice abbia voluto incontrare quella delegazione. Io
personalmente non vedo del tutto malvagia anche questa scelta. Chi ci dice
infatti che Benedetto XVI non abbia voluto fare un tentativo di far desistere i
parlamentari ugandesi dall’approvare l’ “anti-homosexuality bill”? Vedremo gli
esiti eventuali anche di questa proposta di legge ugandese.
Anche la seconda notizia ha
scatenato nel mondo virtuale di internet una serie di reazioni forti nei
confronti di Benedetto XVI. Prima di parlare delle parti incriminate del
messaggio per la giornata mondiale della pace del 2013 invito i nostri lettori
a prendere visione dell’intero documento affinché possano rendersi conto della
complessità e dell’articolazione di tutto il discorso.
Ci tengo comunque a
riportare in questo articolo il paragrafo che ha scatenato le reazioni più
irruenti:
“Via di realizzazione del bene
comune e della pace è anzitutto il rispetto per la vita umana, considerata
nella molteplicità dei suoi aspetti, a cominciare dal suo concepimento, nel suo
svilupparsi, e sino alla sua fine naturale. Veri operatori di pace sono,
allora, coloro che amano, difendono e promuovono la vita umana in tutte le sue dimensioni:
personale, comunitaria e trascendente. La vita in pienezza è il vertice della
pace. Chi vuole la pace non può tollerare attentati e delitti contro la vita. Coloro
che non apprezzano a sufficienza il valore della vita umana e, per conseguenza,
sostengono per esempio la liberalizzazione dell’aborto, forse non si rendono
conto che in tal modo propongono l’inseguimento di una pace illusoria. La fuga
dalle responsabilità, che svilisce la persona umana, e tanto più l’uccisione di
un essere inerme e innocente, non potranno mai produrre felicità o pace. Come
si può, infatti, pensare di realizzare la pace, lo sviluppo integrale dei
popoli o la stessa salvaguardia dell’ambiente, senza che sia tutelato il
diritto alla vita dei più deboli, a cominciare dai nascituri? Ogni lesione alla
vita, specie nella sua origine, provoca inevitabilmente danni irreparabili allo
sviluppo, alla pace, all’ambiente. Nemmeno è giusto codificare in maniera
subdola falsi diritti o arbitrii, che, basati su una visione riduttiva e relativistica
dell’essere umano e sull’abile utilizzo di espressioni ambigue, volte a
favorire un preteso diritto all’aborto e all’eutanasia, minacciano il diritto
fondamentale alla vita. Anche la struttura naturale del matrimonio va
riconosciuta e promossa, quale unione fra un uomo e una donna, rispetto ai
tentativi di renderla giuridicamente equivalente a forme radicalmente diverse
di unione che, in realtà, la danneggiano e contribuiscono alla sua destabilizzazione,
oscurando il suo carattere particolare e il suo insostituibile ruolo sociale. Questi
principi non sono verità di fede, né sono solo una derivazione del diritto alla
libertà religiosa. Essi sono inscritti nella natura umana stessa, riconoscibili
con la ragione, e quindi sono comuni a tutta l’umanità. L’azione della Chiesa
nel promuoverli non ha dunque carattere confessionale, ma è rivolta a tutte le
persone, prescindendo dalla loro affiliazione religiosa. Tale azione è tanto
più necessaria quanto più questi principi vengono negati o mal compresi, perché
ciò costituisce un’offesa contro la verità della persona umana, una ferita
grave inflitta alla giustizia e alla pace.”
Più
sotto nel messaggio vengono sottolineate (ma nessuno le ha citate), come
ulteriori necessità fondamentali per la ricerca della giustizia e della pace,
anche il diritto al lavoro, la libertà religiosa e il NO al profitto fine a se
stesso.
Sono
dunque tre i punti sui quali vorrei soffermarmi a riguardo di tutta questa
vicenda.
Innanzitutto i media hanno deciso di porre particolare attenzione su
un solo passaggio delle parole del Papa esclusivamente perché siamo entrati in
campagna elettorale e perché le parole del Pontefice vengono utilizzate e
strumentalizzate da destra e da sinistra secondo i comodi di ciascuno.
L’altro
aspetto che volevo far emergere è invece una piccola critica nella modalità in
cui Benedetto XVI ha deciso di sollevare la questione (non da oggi, ma da
sempre). Già mi risulta difficile immaginare il modo in cui, ad esempio, le
unioni omosessuali possano essere un rischio per la famiglia tradizionale dato
che le persone con tendenze omosessuali difficilmente vorranno formare una
famiglia con una persona di un altro sesso rispetto al proprio, ma mi risulta
ancor più difficile capire come questo tipo di unioni possano mettere a repentaglio
la pace e la giustizia (non si capirebbe altrimenti il perché in Siria, dove l’omosessualità
è vietata dal codice penale, è in corso un conflitto di una portata enorme, o
il perché da quando in Europa sono stati sdoganati alcuni “diritti” quali l’aborto
e l’eutanasia non vi siano più guerre).
E’ vero che il concetto di pace espresso dal
cristianesimo è più ampio rispetto alla semplice “assenza di guerre”, ma
occorre essere “addetti ai lavori” per conoscere a fondo questi pensieri ed
anche il Papa dovrebbe sapere che spesso quando parla lo fa a veri e
propri sprovveduti su certe tematiche.
Arrivo infine al terzo ed
ultimo spunto di riflessione che comprende entrambe le notizie: Benedetto XVI è sì entrato questa
settimana su twitter e prova con gran fatica a far entrare la Chiesa nell’era
del mondo digitale, ma spesso le sue azioni e i suoi messaggi risultano
difficili da essere assorbiti dalla nostra società e in particolar modo dai
giovani. Ci vorrebbe, e lo dico da anni, un salto di qualità nella capacità
della Chiesa di saper parlare un nuovo linguaggio aperto a tutti e un nuovo
atteggiamento più aperto e trasparente. Era davvero necessario inserire aborto,
eutanasia e matrimonio gay in un messaggio che doveva centrare il tema della
pace? Perché poi incontrare una delegazione del parlamento ugandese e la sua
speaker a due giorni dall’approvazione di una legge che il Papa e i Vescovi
hanno fortemente osteggiato senza che uscisse una riga di comunicato stampa che
lo ribadisse? Senza le risposte a questo tipo di domande la
Chiesa rischia di diventare preda di pesci ben più grossi nel mare dell’informazione,
pronti a divorarla e a farla a brandelli
per questa sua riconosciuta difficoltà
di comunicare al mondo di oggi il messaggio evangelico. Nel frattempo tocca a noi fedeli supplire a questo compito
facendoci portatori - all’interno dei nostri ambienti di lavoro, di studio e di
associazione - del "lieto annuncio" nella speranza che anche a Roma le cose cambino
presto.
(Lorenzo Banducci)
Commenti
La prima riguarda la racconta delle 350.000 firme raccolte contro l'«Anti-homosexual bill» promosso in Oldanda da diversi parlamentari. Non sono state raccolte dalla chiesa e tanto meno dalla chiesa ugandese, ma dall'associazione indipendente Avaaz.
La seconda riguarda l'atteggiamento della chiesa ugandese nei confronti della «Anti-homosexual bill» che non è di opposizione tout court, ma di rifiuto della pena di morte. Tra l'altro il documento a cui fa riferimento il sito della Radio Vaticana è un documento congiunto della chiesa cattolica ugandese e di tutte le congregazioni cristiane che fanno parte del Consiglio ecumenico delle chiese e, pur ribadendo la contrarietà di quelle chiese alla pena di morte per le persone che hanno rapporti omosessuali, non contesta il fatto che in Uganda ci siano (come del resto ci sono già) leggi che condannano l'omosessualità.
La saluto e le esprimo il mio apprezzamento per il suo articolo.
Lorenzo
La ringrazio Sig. Banducci
Sul problema di comunicazione della Santa Sede, sono d'accordo. In questo ambito non si può pensare a veicolare principi complessi come quelli teologici e questioni di magistero pensando di parlare a persone che sono in grado di comprenderti perché usano il tuo stesso "codice" interpretativo.
Per come va oggi il settore della Comunicazione/Informazione (distinguo non a caso) è necessario che anche la Chiesa (dalla locale alla Santa Sede) giochi conoscendo le regole e volgendole a suo favore.
Esempio: i discorsi di un Vescovo o del Papa devono essere analizzati anche dal punto di vista della percezione da parte del grande pubblico, ma soprattutto come possono essere "interpretati" nelle redazioni degli organi di stampa. Lavorare su questi piani, mi rendo conto, è complesso ma con un po' di pazienza e furbizia...
D'altronde «Ecco: io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe» (Mt 10,16)... :-)