Per
quanto riguarda la prima origine, la vita stessa, se di vita si deve
parlare, piena di tanti e grandi mali, attesta che tutta la
discendenza di esseri soggetti alla morte fu condannata. Che altro
significa infatti un certo abisso dell'ignoranza, da cui promana
l'errore che ha accolto tutti i figli di Adamo in una specie di
baratro tenebroso sicché l'uomo non se ne può liberare senza
fatica, sofferenze, timore? Che cosa sta ad indicare l'amore di tante
cose inutili e nocive? Da esso infatti derivano le preoccupazioni
affannose, i turbamenti, le afflizioni, i timori, le pazze gioie, le
discordie, le liti, le guerre, i tradimenti, i furori, le inimicizie,
l'inganno, l'adulazione, la frode, il furto, la rapina, la slealtà,
la superbia, l'ambizione, l'invidia, gli omicidi, i parricidi, la
crudeltà, la spietatezza, l'ingiustizia, la lussuria, l'insolenza,
la sfrontatezza, l'impudicizia, le fornicazioni, gli adultèri, gli
incesti e contro la natura dell'uno e dell'altro sesso i tanti stupri
e atti impuri che è vergogna perfino parlarne, i sacrilegi, le
eresie, le bestemmie, gli spergiuri, le oppressioni degli innocenti,
le calunnie, gli inganni, le concussioni, le false testimonianze, le
condanne ingiuste, le violenze, i furti e ogni altro tipo di
malvagità che non viene in mente e tuttavia non scompare dalla vita
umana nel tempo. Per la verità sono colpe proprie degli uomini
malvagi, ma provengono da quella radice dell'errore e dell'amore
pervertito, con cui nasce ogni figlio di Adamo. Difatti chi ignora
con quanta ignoranza della verità, che è già palese nei bambini, e
con quale eccesso di cattiva inclinazione, che comincia già ad
apparire nei fanciulli, l'uomo viene all'esistenza? Perciò se gli si
consente di vivere come vuole e di fare tutto ciò che vuole, giunge
a tutti o a molti di questi delitti che ho enumerato o che non mi è
stato possibile di enumerare.
Ma
in virtù dell'ordinamento divino, che non abbandona completamente i
colpevoli e nella bontà di Dio, che non trattiene nella propria ira
gli atti della sua benignità, la correzione e l'apprendimento
vegliano sulle facoltà stesse del genere umano contro le tenebre,
nelle quali veniamo all'esistenza e, sebbene anch'essi siano pieni di
affanni e di dolori, si oppongono agli impulsi. Che cosa infatti
vogliono ottenere i molteplici spauracchi, che si adoperano per
reprimere la frivolezza dei piccoli, che cosa vogliono raggiungere
gli educatori, gli insegnanti, le bacchette, le sferze, gli scudisci,
che cosa il castigo con cui la sacra Scrittura dice che si devono
battere le costole dell'amato figliolo affinché non cresca senza
essere corretto, poiché in seguito, restio a essere corretto, o lo
potrebbe con difficoltà o non lo potrebbe affatto?. Che cosa si
vuole ottenere con tutte queste punizioni, se non che sia debellata
l'ignoranza e frenata la cattiva inclinazione, mali con i quali
veniamo al mondo? Cosa significa infatti che ricordiamo con fatica,
dimentichiamo con facilità, apprendiamo con fatica, senza fatica
rimaniamo ignoranti, con fatica siamo intraprendenti, senza fatica
inerti?. Da questi fatti non si evidenzia forse in quale senso e come
per un peso sia incline e incurvata la natura viziata e di quale
soccorso abbia bisogno per essere liberata? L'accidia, l'indolenza,
la pigrizia, la negligenza sono certamente vizi con cui si evita il
lavoro poiché il lavoro, anche quello che dà profitto, è una
punizione.
Ma
oltre alle punizioni dei fanciulli, senza le quali non si può
apprendere quel che vogliono gli anziani, i quali non del tutto
utilmente vogliono qualcosa, chi può esporre a parole con quante e
grandi pene, che non riguardano la malvagità e la cattiveria dei
disonesti, ma la infelice condizione di tutti, sia sconvolto l'uman
genere? Chi lo può esprimere col pensiero? Provengono grande paura e
disgrazia dal pianto dovuto alle perdite, dai danni e condanne, dagli
inganni e imposture degli uomini, dai falsi sospetti, da tutti i
misfatti e delitti della violenza degli altri. Avvengono quindi il
saccheggio e l'asservimento, i ceppi e le prigioni, gli esili e le
torture, l'amputazione di membra e la privazione di sensi, la
violenza carnale per appagare l'oscena passione di chi usa violenza e
molti altri fatti raccapriccianti. Che di più? Provengono anche
dalle numerose contingenze che si temono per il corpo dall'esterno,
dal freddo e caldo, dalle tempeste, rovesci improvvisi, inondazioni,
lampi, tuoni, grandine, fulmine, da terremoti con squarci del suolo,
dagli schiacciamenti di edifici che crollano, dalle reazioni e paura
o anche cattiveria dei giumenti, dai tanti veleni delle piante,
dell'acqua, dell'aria e delle bestie, dal morso soltanto fastidioso o
anche mortale delle belve, da idrofobia che si attacca da un cane
rabbioso al punto che anche una bestia graziosa e amica del suo
padrone si fa temere talora più intensamente e dolorosamente dei
leoni e serpenti e rende l'uomo, che per caso ha addentato, così
rabbioso per trasmissione virale che dai genitori, coniuge e figli è
temuto più di qualsiasi bestia. Quanti pericoli subiscono i
naviganti, quanti coloro che compiono viaggi per terra! Chi cammina
senza essere soggetto a impensate evenienze da ogni parte? Un tale,
nel tornare a piedi dalla piazza a casa, cadde, si fratturò un piede
e per quella ferita chiuse la propria vita. Che cosa è più sicuro
di uno che sta seduto? Eppure il sacerdote Eli cadde dallo scranno in
cui sedeva e morì. Gli agricoltori, anzi tutti gli uomini temono
molti e gravi incidenti per i prodotti dei campi dal cielo, dalla
terra e dagli animali nocivi. Però di solito sono tranquilli sul
grano raccolto e riposto. Ma ad alcuni, che conosciamo, il fiume
all'improvviso, mentre gli uomini se la davano a gambe, trascinò e
asportò dai granai un'ottima produzione di grano. Chi si fida della
propria coscienza contro i multiformi attacchi dei demoni? Appunto
perché nessuno si fidi di essa tormentano talora perfino i bimbi
battezzati, che certamente sono gli esseri più innocenti, in modo
che soprattutto in essi si renda palese, Dio permettendolo, che è da
compiangere l'infelicità di questa vita e da desiderare la felicità
dell'altra. Dal corpo stesso provengono le sofferenze delle malattie,
così numerose che neanche nei libri dei medici sono elencate al
completo. In molte di esse, e quasi in tutte, anche le stesse terapie
e le medicine sono un tormento, sicché gli uomini sono tirati fuori
dal danno delle pene con il soccorso di una pena. E un caldo
spaventoso non ha forse costretto gli uomini a bere l'orina umana o
perfino la propria? E la fame non ha forse costretto gli uomini a non
potersi astenere dalla carne umana e a cibarsi non di uomini trovati
morti, ma uccisi allo scopo e non estranei, ma perfino le madri i
figli con l'incredibile crudeltà causata dalla fame rabbiosa? Chi
infine può spiegare a parole in quali proporzioni turbi il sonno?
Esso infatti, che in senso proprio ha avuto il nome di riposo, è
spesso affannoso per le visioni illusorie dei sogni e sconvolge
l'anima e i sensi con grandi spaventi, sia pure con fatti apparenti
che presenta e in certo senso rappresenta in modo tale che non è
possibile distinguerli da quelli reali. Da illusorie visioni anche
gli individui svegli sono agitati in modo più compassionevole
mediante disturbi nevrotici, sebbene con una multiforme varietà
d'inganno i malvagi demoni talora raggirino uomini anche sani con
simili visioni illusorie. In tal modo, anche se mediante esse non
possono accalappiarli fra le cose proprie, per lo meno frustrano la
loro coscienza col solo impulso di una qualunque illusoria apparenza.
Dal
quasi inferno di una vita tanto infelice ci libera soltanto la grazia
di Cristo Salvatore, Dio e Signore nostro. E questo nome è lo stesso
Gesù, che significa appunto il Salvatore. Si ottiene così che dopo
questa vita non ci colga una vita eterna più infelice, che non è
vita ma morte. Infatti in questa, sebbene vi siano i grandi soccorsi
dei rimedi mediante i sacramenti e i santi, tuttavia non sempre gli
stessi sono accordati a coloro che li chiedono affinché non si
pratichi la religione per questi motivi, giacché si deve piuttosto
praticare per l'altra vita, in cui non vi sarà alcun male. E proprio
per questo la grazia aiuta i più buoni nelle pene della vita
affinché siano sopportate con un sentimento tanto più coraggioso
quanto più religioso. I dotti della cultura profana affermano che
all'intento è utile anche la filosofia, poiché quella vera, dice
Cicerone, gli dèi l'hanno concessa a pochi e agli uomini, soggiunge,
non è stato da loro dato un dono più grande né poteva essere dato.
Anche coloro, contro i quali stiamo discutendo, sono stati costretti
in certo senso ad ammettere la grazia divina nel professare non una
qualsiasi, ma la vera filosofia. Se a pochi infatti, per dono divino,
è stato concesso l'unico soccorso della vera filosofia contro le
infelicità di questa vita, anche da questo fatto appare che il
genere umano è stato condannato ad espiare le pene dell'infelicità.
E poiché pari a questo, come ammettono, non è stato concesso un
dono divino più grande, così si deve credere che da nessun dio si
può concedere se non da colui, del quale anch'essi, che onorano
molti dèi, affermano che non ve n'è uno più grande.
Agostino,La città di Dio
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